27 gennaio 1945: ottant’anni fa ad Auschwitz…

10min354
6bc4100f-ae96-429f-a753-aa70c789e236
Il dovere di ricordare per costruire coscienza e responsabilità. Una riflessione sulla tragedia della Shoah e sull’importanza della memoria nel nostro tempo.

«Erano quattro giovani soldati a cavallo, che procedevano guardinghi, coi mitragliatori imbracciati, lungo la strada che delimitava il campo. Quando giunsero ai reticolati, sostarono a guardare, scambiandosi parole brevi e timide, e volgendo sguardi legati da uno strano imbarazzo sui cadaveri scomposti, sulle baracche sconquassate e su noi pochi vivi»… con queste parole secche e precise Primo Levi ha immortalato il momento in cui i soldati dell’Armata Rossa, che stavano incalzando l’esercito di Hitler, raggiunsero il campo di Buna, ovvero Auschwitz III dove Levi dovette affrontare la sua esperienza di deportato. Siamo a pochi chilometri dal campo di Auschwitz Birkenau, ovvero Auschwitz II, che venne liberato nello stesso giorno. Questo accadeva esattamente ottant’anni fa in un luogo assurto a simbolo degli orrori della Shoah: a Birkenau fu ucciso un milione di persone e per i camini dei suoi impianti crematori – nei momenti di maggiore afflusso di deportati furono invece atroci roghi a cielo aperto – passarono uomini e donne, giovani, anziani e bambini provenienti da ogni angolo d’Europa.

L’orrore continuò altrove, e con l’avanzata delle armate sovietiche i deportati furono costretti fino all’ultimo a marciare verso ovest in tragiche “marce della morte”, per finire nei numerosi campi – di concentramento non di sterminio: questi furono allestiti unicamente in territorio polacco – presenti sin dall’affermazione del nazismo in territorio tedesco.

Il 27 gennaio è stato così individuato come data simbolo in cui ricordare ogni anno «le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subito la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, sì sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati»… Così recita l’articolo 1 della legge 20 Luglio 2000 n. 211; cinque anni dopo fu la volta dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a introdurre questa giornata memoriale.

Certo, la Giornata della memoria non può costituire l’unica occasione in cui ricordare i tragici eventi che ne sono alla base, un insieme di problemi storici che se continuano a essere oggetto di ricerca suscitano allo stesso tempo interrogativi che interpellano nel profondo la nostra coscienza: la Shoah, ovvero il progetto di “distruzione degli ebrei d’Europa” (Raul Hillberg); la deportazione politica e quella di diverse altre categorie di persone; le modalità di funzionamento dell’“universo concentrazionario nazista” (David Rousset) e dei campi organizzati dagli alleati della Germania nazista, Italia inclusa; sistemi politici totalitari come il fascismo e il nazionalsocialismo; la discriminazione razziale; lo sfondo della seconda guerra  mondiale e molti altri ancora. Tutti temi sui quali esistono migliaia di libri, opere documentarie, letterarie, cinematografiche. Chi si accosta al tema della Shoah e della deportazione si trova inoltre davanti a una straordinaria messe di memoria che non ha confronti nella storia dell’uomo al punto che attorno alla Shoah, con l’andar del tempo, si è aperta “l’era della testimonianza di massa” (A. Wieviorka). Una ricchezza non solo per gli storici ma per l’intero consorzio civile. E in taluni casi, sono ancora attivi testimoni diretti dell’evento: si pensi soltanto all’ammirevole lavoro portato avanti negli anni dalla senatrice Liliana Segre!

Un’enorme mole di memoria, di storia, di contributi artistici talora di grande valore ci aiutano dunque a mantenere vivo il ricordo e la consapevolezza dei drammatici fatti che si svilupparono nel cuore della nostra Europa nel XX secolo, non a caso definito ora come età dei totalitarismi, ora come secolo del deportato, ora come quello del rifugiato…

Nell’epoca della comunicazione di massa, dell’informazione immediata, del qui ed ora mi sembrano sempre più imperdonabili l’approssimazione, l’ignoranza di tali eventi e, peggio ancora, il negazionismo. Ricordare però non è sufficiente. Perché gli errori del passato non si ripetano – le vicende storiche ci insegnano malauguratamente che eventi tragici o ideologie distorte, sia pur in forme diverse, tendono a riproporsi – occorre che la conoscenza produca coscienza civile e assunzione di responsabilità da parte di tutti. Ognuno di noi è infatti responsabile delle proprie scelte; lo sanno bene quanti, nelle drammatiche circostanze dell’affermazione e del dominio del nazifascismo, furono capaci di dire no e di resistere; quanti aiutarono ebrei e perseguitati politici; quanti, perfino tra gli orrori di un campo, seppero conservare la luce dell’umanità al punto da offrire la propria vita per la salvezza di altri: un nome per tutti, padre Massimiliano Kolbe. Ciascuno di essi fu capace di prendere sulle spalle il destino proprio ed altrui, opponendosi a chi intendeva sostituire la coscienza individuale con le scelte di un leader – il führer o il “duce” di turno – che non ammetteva eccezioni. Ecco, quando celebriamo – e doverosamente – la Giornata della memoria ricordiamoci di questo. E possa essere, questa giornata, l’occasione per guardarci intorno e chiederci che cosa ciascuno di noi può fare perché davvero non si ripetano simili orrori: se il mondo di oggi è purtroppo pieno di esempi contrari ricordiamoci che veramente, come canta Francesco De Gregori, “la storia siamo noi… nessuno si senta escluso”.

Fabio Todero

Campi di sterminio

Per campi di sterminio (Vernichtungslager) si intendono gli impianti che furono realizzati nella Polonia occupata dalla Germania nazista nel quadro della cosiddetta “soluzione finale del problema ebraico” al solo scopo di eliminare quanti vi venivano avviati: si tratta di Bełzec, Sobibor e Treblinka, i primi a essere allestiti nel territorio del Governatorato generale polacco; Chełmno, Majdanek e Auschwitz Birkenau, il più grande, che aveva un carattere misto e fungeva anche da campo di concentramento. L’obiettivo finale di tali campi era dunque l’eliminazione immediata dei deportati che avvenne tramite l’utilizzo di camere a gas in cui era immesso ossido di carbonio oppure l’acido cianidrico del “Zyklon B”, sperimentato per la prima a volta ad Auschwitz I. I grandi roghi dei corpi delle vittime a cielo aperto furono poi sostituiti da impianti crematori. L’introduzione dei campi di sterminio fu concepita per sostituire i massacri di massa (“azioni mobili di massacro”, Hillberg) poste in atto in Polonia e nei territori sovietici occupati dall’esercito nazista.



I campi di concentramento (Konzentrazionslager) furono invece allestiti subito dopo la presa del potere da parte di Hitler: Dachau, “campo modello” per l’intero sistema, fu istituito nel 1933. Essi servivano per internare prigionieri politici, ebrei, dissidenti, omosessuali, testimoni di Geova e pentecostali, Sinti e Rom, immigrati, disadattati e fungevano da campi di lavoro forzato: un “universo concentrazionario” appunto, articolato in migliaia di campi satelliti, spesso legati a imprese economiche come fabbriche, cave ecc. La violenza indiscriminata che vi regnava, i continui maltrattamenti, le durissime condizioni di lavoro, la malnutrizione e le malattie, gli pseudo esperimenti medici fecero sì che anche in questi campi per moltissimi internati l’esito dell’esperienza furono un rapido deperimento e la morte. Di questo complesso sistema insieme fu parte integrante il campo di detenzione di polizia della Risiera di San Sabba.


Chi siamo

Portale di informazione online della Diocesi di Trieste

Iscr. al Registro della Stampa del Tribunale di Trieste
n.4/2022-3500/2022 V.G. dd.19.10.2022

Diocesi di Trieste iscritta al ROC nr. 39777


CONTATTI