Che cos’è un sinodo? In sé è una forma di razionalità dialogica e comunitaria inscritta nell’ontologia relazionale della Chiesa. Derivando dal greco sýn-hodos (“cammino insieme”), esso rappresenta non soltanto un evento deliberativo, ma una categoria epistemologica e ontologica che esprime la coappartenenza tra verità e comunione. Nel sinodo la conoscenza ecclesiale non è concepita come possesso individuale o proposizionale, bensì come processo dinamico di discernimento comunitario, in cui la verità emerge dall’interazione delle coscienze illuminate dallo Spirito.
È, dunque, un’epifania della Chiesa come communio viatorum, nella quale il Logos divino si fa evento condiviso di ascolto e corresponsabilità. In questa prospettiva, il sinodo non è un semplice strumento di governo, ma un atto di autocomprensione ecclesiale, un momento in cui la Chiesa riflette su sé stessa nel suo essere comunità di senso, di parola e di verità.
Ed è così che, martedì 11 novembre, la millenaria Basilica di Santa Maria Assunta di Aquileia ha ospitato una preghiera ecumenica in occasione dei 1700 anni dal Concilio di Nicea, avvenuto nel 325. L’evento ha visto la partecipazione dei vescovi cattolici del Triveneto insieme a rappresentanti di altre Chiese e comunità cristiane, incluse quelle ortodosse, armene e riformate. Si è trattato di un incontro organizzato dalla Commissione per l’Ecumenismo e Dialogo Interreligioso della Conferenza Episcopale del Triveneto.
Il Concilio di Nicea del 325 fu fondamentale perché rappresentò il primo tentativo della Chiesa di definire in modo universale la propria dottrina e la propria unità. Convocato dall’imperatore Costantino, segnò l’incontro tra autorità imperiale e autorità ecclesiale, inaugurando la dimensione “cattolica” della fede come comunione globale. Sul piano teologico, il Concilio pose le basi della cristologia ortodossa (da intendersi nel senso letterale), affermando la consustanzialità del Figlio con il Padre contro l’arianesimo, e stabilì che Cristo è «Dio vero da Dio vero». In termini filosofici e storici, Nicea costituì un momento decisivo di razionalizzazione del mistero cristiano, in cui la fede fu espressa con il linguaggio concettuale della filosofia greca, ampliandolo e correggendolo così da unificare la teologia, la metafisica e la politica nella definizione dell’identità della Chiesa universale.
La scelta di Aquileia per questo incontro non è stata casuale: la Basilica, custode di una delle più antiche comunità cristiane dell’Italia nord-orientale, diventa simbolo della memoria di un’unità della Chiesa che, pur tra diversità e divisioni, è chiamata ancora oggi ad essere ricercata insieme.

Durante la celebrazione, iniziata davanti al Battistero con il rinnovo delle promesse battesimali, i partecipanti hanno accompagnato i vescovi in processione all’interno della basilica, ove sono susseguiti brani tratti dal Vangelo e dalla tradizione apostolica, momenti di riflessione e la professione comune del Credo niceno-costantinopolitano.
Nel suo intervento introduttivo, il direttore del Servizio diocesano per l’ecumenismo, Marco Soranzo, ha ricordato che «sono iniziate due anni fa le preparazioni di questo momento di preghiera, affinché potesse coinvolgere quante più comunità cristiane del Triveneto». E ha aggiunto: «Si tratta di un’occasione preziosa per celebrare l’unità della Chiesa, pur nelle sue diversità. È un segno di speranza».

All’evento hanno preso parte fra gli altri il vescovo Athenagora di Terme, rappresentante del metropolita Polykarpos del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli, il vescovo Siluan della Chiesa ortodossa romena, il vescovo Khajag Barsamian della Chiesa apostolica armena e padre Dusan Djukanovic della Chiesa ortodossa serba e il pastore Davide Ollearo della Chiesa valdese.
La preghiera ecumenica s’inserisce in un contesto più ampio di iniziative per commemorare il grande anniversario del Concilio di Nicea, che pose le basi del simbolo della fede recitato ancora oggi da milioni di cristiani nel mondo.

In un tempo segnato da tensioni e divisioni, questo incontro ha voluto essere un segno tangibile che le differenze tra le tradizioni cristiane non escludono la fraternità e il cammino comune. La scelta della basilica aquileiese – luogo antico, ricco di memoria e testimone della presenza cristiana fin dalle origini oltre che cornice di vari sinodi – ha reso il momento ancora più suggestivo e significativo nella serietà della contingenza.
Ivan Bianchi (Voce Isontina)
Foto: CET e Ivan Bianchi






