Domenica per annum – Card. Comastri - Domenicale di San Giusto

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10° DOMENICA PER ANNUM

Il perdono non salva senza il pentimento

La venuta di Gesù nel mondo ha prodotto lo stesso effetto che produce un macigno che cade in uno stagno: tutti gli equilibri sono sconvolti!

Questo fatto è così evidente, che lo riconoscono tutti i conoscitori della storia, credenti e non credenti.

Basti citare Benedetto Croce, che è arrivato a dire: «Il cristianesimo è stato la più grande rivoluzione che l’umanità abbia mai compiuto». E Ernesto Renan ha scritto: «Strappare il nome di Gesù dal mondo sarebbe come scuoterlo dalle fondamenta».

Ma la novità fa paura all’uomo: anche quando la novità è un bene, anche quando la novità è Dio stesso.

E l’uomo si difende e lotta perché nulla cambi. Così è accaduto con Gesù.

Nel Vangelo di oggi vediamo innanzi tutto i parenti di Gesù, clan familiare che reagisce davanti alla novità portata da Cristo e interviene con la convinzione che Egli sia un esaltato, un fuori di sé.

Questo comportamento della famiglia ritorna spesso, quando nella storia si affaccia un grande Santo: è sufficiente ricordare Francesco d’Assisi, che soffrì una vera persecuzione da parte del padre, che non riusciva a capire la grandezza delle scelte fatte dal figlio!

Immaginate cosa dovettero provare i parenti di Gesù, quando Egli cominciò a parlare proponendo un messaggio mai udito, un annuncio che feriva la durezza dei cuori e le comodità di una religione aggiustata a misura della cattiveria umana.

Anche oggi, davanti al Vangelo, è tanto facile ricadere in questo atteggiamento prevenuto: anche noi potremmo essere tra coloro si difendono da Cristo e vogliono “riportarlo alla ragione”; anche

noi potremmo avere l’ardire di aggiustare il Vangelo, affinché non ferisca più nessuno e non sia più “sale” che brucia, ma soltanto miele che diletta il palato.

Però, la peggiore difesa nei confronti di Cristo è la disonestà di chi chiude gli occhi e rifiuta di vedere i fatti: quei fatti che parlano da sé, anzi gridano la verità.

Così fecero alcuni scribi: persone che conoscevano bene la Bibbia, ma l’avevano nella mente e non nel cuore. Essi davanti ai miracoli evidenti, operati da Gesù, reagiscono dicendo: «Egli fa dei prodigi, ma li compie perché è posseduto dal demonio. È tutto un imbroglio quel che fa. Non credetegli e quindi non cambiate nulla; andiamo avanti come abbiamo fatto sempre!» (cfr. Mc3,22).

Gesù risponde a questa disonestà con le parole più severe di tutto il Vangelo: parole che dovremmo meditare ogni volta che ritroviamo in noi o negli altri lo stesso atteggiamento degli scribi.

Gesù dapprima fa notare l’assurdità del ragionamento: «È mai possibile cacciare Satana nel nome di Satana? Se Satana viene cacciato da Cristo, ciò è possibile soltanto perché Cristo è più forte di lui! Come dubitarne?».

E invece c’è chi dubita, c’è chi eternamente discute anche davanti a fatti evidenti.

A Lourdes, per esempio, sono accaduti e accadono fatti evidentemente miracolosi (come accadevano a San Giovanni Rotondo per la fede e la preghiera di padre Pio… come accadevano a Torino per la fede e la preghiera di san Giuseppe Benedetto Cottolengo… come accadevano ad Ars per la fede e la preghiera di san Giovanni Maria Vianney…), ma c’è chi, senza aver esaminato niente, dice categoricamente: «Non è vero!».

E c’è chi offre pure la spiegazione impossibile e dice: «È tutto frutto di isterismo collettivo!». Pensate per un momento: se fosse vero questo (che l’isterismo produce guarigioni), allora negli stadi ogni domenica dovrebbero avvenire miracoli e guarigioni strepitose!

Ma non è così! Non è così!

Per toccare con mano quanto è comune il pregiudizio nei confronti di Cristo, ascoltiamo uno dei più celebri maestri della critica razionalista nei confronti dei Vangeli: Adolfo Harnack. Egli dice: «Il primo dovere che ci ha imposto il principio razionalista, che è il fondamento di ogni critica, è di scartare dalla vita di Gesù il soprannaturale. Ciò porta via di colpo tutti i miracoli del Vangelo… per la semplice ragione che ciò che si racconta non è potuto accadere».

Notate: «Non è potuto accadere!».

Esattamente così ragionava l’astronomo e matematico Newcomb Simon che, all’inizio del 1903, pubblicò uno studio per dimostrare l’impossibilità scientifica del volo per tutto ciò che è più pesante dell’aria.

Ebbene, nel dicembre di quello stesso 1903 i fratelli Wright fecero il primo volo con il loro biplano… certamente più pesante dell’aria.

Ogni commento è superfluo.

Per questo Gesù dice (e queste sono le sue parole severe): «In verità vi dico: tutti i peccati saranno perdonati ai figli degli uomini ed anche tutte le bestemmie che diranno; ma chi avrà bestemmiato contro lo Spirito Santo non sarà perdonato in eterno» (Mc 3,28-29).

Perché non sarà perdonato il peccato contro lo Spirito Santo?

Perché è il peccato di chi rifiuta il perdono, è il peccato di chi rifiuta di pentirsi, è il peccato di chi rifiuta di cambiare.

Il peccato contro lo Spirito Santo è il peccato che non ha attenuanti di debolezza: è infatti il peccato del “no” a Dio, detto lucidamente e ostinatamente. Il peccato contro lo Spirito Santo non è un’azione peccaminosa, ma è un permanente stato d’animo di ribellione: è una cecità colpevole, è un rifiuto di essere salvati. Questo è il peccato di chi attribuisce a Satana le opere compiute dallo Spirito Santo: Gesù lo fa notare senza acredine, ma con grande sofferenza.

Evidentemente l’affermazione di un peccato “imperdonabile” non annulla il messaggio dell’illimitata misericordia di Dio, ma mostra il rovescio della medaglia e la conseguenza a cui vanno incontro quegli uomini che si chiudono di fronte all’invito alla conversione e che si ostinano a combattere contro Cristo e contro lo Spirito Santo che opera in Lui. Chi chiude gli occhi davanti alla Luce non può accusare la Luce!

Il Vangelo ci dà un’ultima grande lezione. Appena Gesù ha terminato di parlare, la folla Lo avvisa che fuori ci sono sua madre e i suoi fratelli.

Allora Gesù esclama: «Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli? Ecco mia madre e i miei fratelli! Chi compie la volontà di Dio…» (Mc 3,33-34).

È un messaggio grandioso e, nell’ambiente di Gesù in cui si respirava un esasperato nazionalismo, è un messaggio inaudito.

Gesù vuole l’abolizione di ogni razzismo e di ogni barriera; la fede non si fonda sulla parentela carnale: la stessa parentela carnale con Gesù non serve a niente se non si apre umilmente all’ascolto di Dio e alla sequela di Colui che Dio ha inviato.

Con queste parole – vale la pena accennarlo – Gesù non ridimensiona la grandezza di «Maria sua Madre», ma ci fa intuire qual è la strada che Ella ha percorso con docilità e fedeltà: Maria è Colei che ha ascoltato la Parola di Dio e l’ha messa in pratica. Per questo tutte le generazioni La chiameranno beata: e anche noi oggi guardiamo a Lei come al modello della nostra fede.


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