Venite benedetti dal Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché […] ero straniero e mi avete accolto (Mt 25, 34-35). Incipit di questo breve articolo è il passo matteano tratto dal discorso escatologico in cui Gesù usando un’immagine molto forte parla di alcune opere fondamentali che determinano lo spessore dell’agire cristiano. Una di queste è l’accoglienza dello straniero: uno di quei fratelli più piccoli in cui è presente il Signore Gesù. Quale passo migliore di questo per poter parlare del dormitorio della Caritas Diocesana e della sua missione, a quasi un anno dalla sua apertura.
Era l’ottobre del 2023 quando il Vescovo Trevisi fece un appello alla Città, chiedendo a tutte le donne e uomini di buona volontà di mettersi in gioco nell’accoglienza delle persone più fragili e che, oggi come allora, convergono in piazza Libertà fino a sera tarda per poter trovare un posto dove trascorrere la notte nei vari dormitori della Città.
Il dormitorio Caritas di via Sant’Anastasio è uno dei tre dormitori attivi sul territorio giuliano per far fronte alla richiesta alloggiativa delle persone in transito o in attesa di formalizzare la richiesta di protezione internazionale a Trieste. Oltre al dormitorio Caritas sono presenti anche quelli della Comunità di San Martino al Campo in via Udine e quello dell’ICS (Consorzio Italiano di Solidarietà) in via Bonomo (anche se quest’ultimo solo nei mesi invernali, con qualche eventuale proroga).
All’appello del Vescovo hanno risposto tantissimi volontari e volontarie che hanno donato il loro tempo con gioia, larghezza d’animo e desiderio di conoscere l’altro (la provenienza, la cultura, la storia) non tanto per mera curiosità intellettuale ma proprio con la voglia di farsi prossimi con empatia e umanità.
“I-volontari-del-dormitorio” provengono da diverse esperienze di vita, come differenti sono i contesti sociali e culturali; diverse infine le motivazioni, che tuttavia convergono in unità di fronte alle necessità dell’umanità sofferente e che non può lasciare indifferenti. Tutti hanno dato quello che potevano, frutti belli di Carità concreta.
Nella giornata del 2 ottobre si è tenuto un incontro tra i volontari e le volontarie con il Vescovo Enrico e il direttore della Caritas di Trieste, p. Giovanni La Manna.
Mons. Trevisi ha iniziato il suo intervento con un sentito “grazie” rivolto ai volontari per essere segno di una città che accoglie. Ha proseguito, citando dalla recente lettera pastorale Io sono con te, gli interventi del cardinale Zuppi che si trovano nel paragrafo: La carità non è delegabile: il volontariato e la partecipazione.
La solidarietà messa in circolo dai volontari del dormitorio come motore invisibile ma indispensabile della piccola comunità che rappresenta. È necessario – continua don Enrico – tessere legami anche all’interno della nostra comunità in quanto i fratelli più fragili ci convocano, ci danno appuntamento.
Un’immagine evangelica che da forza a quanto il Vescovo afferma è tratta dalla parabola del buon samaritano. Nel brano lucano le uniche parole che questi rivolge all’oste mostrano quanto questi si implichi nella vita della persona fragile e ferita: “abbi curi di lui, se spenderai di più te lo ritornerò”.
Questa è la Chiesa che piace a me, che non giudichi ma che nel suo agire sappia anche compromettersi. La Carità non è delegabile; anche i cristiani devono fare la loro parte sapendo che non ne detengono l’esclusiva. Quante persone arrivano per sentieri diversi per condividere un servizio, un’attenzione, una cura…
Al termine del suo discorso, mons. Trevisi, cita don Primo Mazzolari, il quale sosteneva che “la carità è sempre un po’ eccessiva” e l’invito a
non girarsi dall’altra parte, a non essere tranquilli di fronte ad un mondo così piagato. Di qui la necessità di coinvolgere anche altri: di fronte a problemi complessi non si può essere da soli, come Chiesa, come società civile ma tutti insieme, comprese le Istituzioni. La Chiesa non vuole essere la protagonista di una polarizzazione, ma vogliamo intessere legami di partecipazione per affrontare i problemi.
I volontari, da parte loro, hanno voluto ringraziare a loro volta, condividere delle attenzioni da sviluppare per una migliore gestione degli ambienti, ma soprattutto verso gli accolti (al momento, principalmente nuclei familiari e donne singole) e che sono frutto di un processo di consapevolezza sempre maggiore e di un sentire il dormitorio come casa propria e gli accolti come una famiglia.
L’esperienza di accoglienza continua e richiederà rinnovate energie e volontari generosi che sentano come propria l’esigenza di prendersi a cuore questa porzione di umanità ferita ma desiderosa di un abbraccio di fraternità, per sperare con fiducia in un futuro migliore rispetto a ciò che hanno lasciato e perduto forse per sempre.
Diacono Emmanuele Natoli
Ufficio Volontariato