Seguendo il Maestro con una speranza viva

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Con la celebrazione di domenica 29 dicembre si è aperto anche nella Diocesi di Trieste il Giubileo.

Domenica 29 dicembre è iniziato anche a Trieste il Giubileo. Non un elenco lunghissimo quello dei giubilei nella storia (https://www.iubilaeum2025.va/it/giubileo-2025/giubilei-nella-storia.html) ma sicuramente una tappa significativa per la vita di tutta la Chiesa nelle varie stagioni di questi 26 anni santi giubilari.

La Chiesa di Trieste non ha voluto mancare a questo appuntamento: una folla davvero numerosa si è radunata nella chiesa di Montuzza per raggiungere la Cattedrale. Gesti semplici ma molto intensi hanno contraddistinto questo momento di preghiera sullo stile delle antiche “stazioni” romane, le celebrazioni più solenni – di carattere soprattutto penitenziale – che il Papa faceva in determinati momenti dell’anno. La Messa stazionale era preceduta da una processione che vedeva il popolo intonare le litanie dei santi e altre preghiere.

Sono molti i richiami di questa liturgia: prima di tutto che la chiesa è un popolo in cammino, un popolo che segue il Cristo crocifisso e vivente; un popolo che non è una massa informe ma è un popolo “gerarchicamente ordinato” e cioè un popolo che, seguendo i pastori, segue Cristo; ma è anche un popolo fragile e bisognoso di perdono, a cominciare proprio dai suoi ministri che seguono il passo dettato dal Cristo e non dal più veloce o dal più importante.

La processione che si è snodata da Montuzza a San Giusto, quindi, è stata l’icona di questo popolo che è chiamato anche a camminare in un mondo che viene cristificato proprio da questo pellegrinare di Cristo e dei suoi.

Raggiunta la chiesa stazionale – per noi la Cattedrale di San Giusto – si è fatta la memoria del battesimo. Anche questo è stato un intenso rivivere la nostra immersione nel mistero di Cristo, porta di salvezza. Quando il vescovo e il sacerdote aspergono l’assemblea non si riceve una semplice benedizione: si tratta del gesto simbolico che vuol farci rivivere la nostra immersione nel mistero pasquale, la nostra rinascita a vita nuova. Ecco il senso pieno del Giubileo, allora: la gioia di esser stati salvati, redenti e immersi nel mistero d’amore della Trinità.

Anche l’ingresso nella Cattedrale non un semplice andare in un luogo coperto e con delle sedie: ma è “entrare in Paradiso”, ascoltare Dio che parla e nutrirsi di Lui. Un ingresso nel Paradiso ovviamente non definitivo, perché fino a quando saremo pellegrini in questo mondo dovremo sempre uscire per cristificare il mondo.

Nella sua omelia, il Vescovo ha richiamato la Chiesa diocesana a passare dal vivere come “turisti” della vita al vivere come “pellegrini”.

«Con Maria, con Giuseppe e con Gesù noi siamo pellegrini di speranza. Ovunque, anche dentro le fatiche delle varie stagioni della vita: noi siamo in cammino, ma con la presenza rassicurante del Signore, che mai ci abbandona. In quest’Anno Santo invito ciascuno ad aprire il cuore al Signore, a coltivare il proprio personale rapporto con il Signore. Anche a te ripete: “Io sono la via, la verità e la vita” (Gv 14,6). Tu hai il potere di aprigli il tuo cuore».

La riflessione del Vescovo è continuata nell’approfondire quel senso del pellegrinaggio giubilare della speranza che stiamo intraprendendo:

«Il pellegrinaggio di speranza ha alcune caratteristiche:
– Abbiamo una meta: è la piena comunione con il Signore che ora ancora sospiriamo; eppure già ora possiamo godere della sua pace, la vera pace, che è dono del Risorto ai suoi discepoli. Perché già ora pregustiamo qualcosa di questa comunione: per esempio quando viviamo la nostra autentica interiorità. L’ascolto del Signore, i sacramenti, la carità sincera.
– Lo facciamo con le nostre gambe (c’è qualcosa che compete a ciascuno di noi) ma anche insieme, come in famiglia: vogliamo sperimentare l’essere Chiesa, il camminare insieme, nel reciproco sostenerci e aiutarci. E faccio ancora appello al volontariato, alla gratuità del servizio e del prendersi cura gli uni degli altri.
– Lungo il nostro peregrinare ci sono esperienze di ristoro, oasi in cui riprendere energie: diamo spazio alle varie proposte per alimentare la nostra fede e la nostra spiritualità e la riconciliazione con Dio e con i fratelli. Osiamo spendere tempo per la nostra vita interiore, per la cura della nostra spiritualità.
– Il pellegrinaggio non ci esime, anzi ci sprona all’impegno per la giustizia, per una vita in comunione con il Signore ma che passa per la comunione con ammalati, disabili, vicini di casa, familiari, colleghi, poveri, profughi, scartati… Moltiplichiamo i segni concreti che siamo nel cammino del Signore e non vagabondi pericolosi e inaffidabili».

Meditare sulla speranza in quest’anno aiuterà tutti e ciascuno a lasciarsi guidare dalla virtù teologale che dà realmente gioia ed entusiasmo. E sappiamo bene che la gioia e l’entusiasmo sono contagiosi.

don Lorenzo Magarelli


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