La recente nomina della professoressa Steccanella a vicepreside della Facoltà Teologica del Triveneto ci offre la possibilità di riflettere sull’importante servizio della teologia per la chiesa e il mondo, un servizio non più riservato ai preti e ai maschi ma anche alle donne che iniziano a ricoprire importanti ruoli apicali.
- Cara professoressa, puoi raccontarci qualcosa di te?
Sono nata a Chiampo (Vi) nel 1960, abito a Rossano Veneto e sono sposata da 45 anni con Antonio. Abbiamo tre figli che oggi sono sposati, e sei bellissimi nipotini. La mia storia è… multicolore: mi sono diplomata in ragioneria, ho curato per alcuni anni la contabilità della piccola azienda familiare dei miei suoceri, poi ho avuto la possibilità di gestire una mia attività artigianale e devo dire che questa esperienza è stata davvero formativa. Tuttavia, la famiglia è e resta per me la vocazione fondamentale, che orienta e dà colore a tutte le altre scelte, compresa quella di studiare teologia.
- Perché lo studio della teologia?
Senza nessun progetto ma per una serie di circostanze che io attribuisco alla Provvidenza. A 26 anni ho dato la mia disponibilità a essere catechista, ma mi sono accorta molto presto che il mio servizio era davvero inadeguato. Non riuscivo a trovare le parole per comunicare veramente il Vangelo, che sentivo essere un messaggio vitale per me e per i bambini. Ho iniziato a cercare dei luoghi in cui formarmi (devo dire, facendo molta fatica), e mi sono infine iscritta alla Scuola Diocesana di Formazione Teologica a Bassano del Grappa. Ecco, quella è stata la mia Damasco. Sono stata travolta dalla sorpresa, e dalla bellezza, della possibilità di pensare la mia fede in modo intelligente e fondato. Dopo aver completato i corsi ho deciso di non fermarmi e a 37 anni mi sono iscritta a Teologia. Il percorso è lungo, (cinque anni per il primo grado accademico, tre per il secondo, e poi il dottorato di ricerca) e io avevo famiglia e nel frattempo ho insegnato anche religione: ci ho messo un po’ di più ma finalmente nel 2013 ho conseguito il dottorato.
- Ci racconti la Facoltà Teologica del Triveneto? Quale il servizio del vicepreside?
La Facoltà Teologica del Triveneto è nata il 20 giugno 2005 per volontà dei vescovi del Triveneto, espressa fin dal 1991 durante il convegno di Aquileia. Si tratta di una realtà davvero particolare che, cercando di far fronte alle difficoltà di un’esperienza tanto nuova, ha anticipato nei fatti molte delle coordinate sulla sinodalità che oggi sono all’ordine del giorno. La Facoltà ha infatti una struttura a rete: non è solo nella sede centrale di Padova, ma comprende e collega tra loro i 4 Istituti teologici (ITA) e i 7 Istituti superiori di Scienze religiose (ISSR) presenti nel Triveneto.
I suoi scopi sono sia la formazione e la ricerca che il dialogo con il territorio, con grande attenzione sia al contesto culturale che alla realtà pastorale delle diverse Chiese locali. La nostra vocazione, infatti, è spiccatamente pratica: studiamo teologia a partire dalla prassi, per ritornare alla prassi in modo sensato e rinnovato.
In questa realtà, il vicepreside collabora strettamente con il preside, lo affianca e dialoga con lui sia all’interno dei vari organismi di partecipazione (Consigli di Facoltà, di Istituto, Collegi docenti…) che in modo informale per la gestione del quotidiano. Inoltre, essendo la rete di Istituti piuttosto ampia, lo rappresenta in eventi istituzionali del territorio a cui non potesse intervenire e lo sostituisce in caso di assenza.
- Dal tuo peculiare angolo prospettico, quale pensi possa essere l’apporto specifico del femminile nei posti di responsabilità ecclesiale?
Vorrei rispondere con una sottolineatura, che può sembrare ovvia ma purtroppo, ancora, non lo è: le donne sono semplicemente la metà del popolo di Dio. Ossia, non rappresentiamo una categoria specifica a cui dedicare attenzione e che deve essere rappresentata, ma siamo presenti trasversalmente in tutta la realtà ecclesiale: come gli uomini, siamo giovani e anziane, malate e sane, consacrate e laiche, singles e sposate, con figli e no… non siamo ministri ordinati, ma è l’unico ambito esclusivamente maschile. Quindi non parlerei di apporto ‘specifico’ delle donne alla vita della Chiesa, piuttosto di un apporto originario e indispensabile: se il mondo intero, e in esso la Chiesa, è fatto da uomini e donne che hanno esperienze profondamente diverse, lo sguardo di entrambi è necessario per comprenderlo e abitarlo in modo pienamente umano, tanto nei ruoli apicali che nelle mansioni ordinarie.
- La tua nomina è avvenuta nel contesto giubilare: una battuta su questo anno santo? Può esserci utile?
Credo che la cosa più bella di questo anno santo sia l’essere orientato dalla speranza. Viviamo tempi piuttosto difficili, e abbiamo un estremo bisogno di ritornare a sperare: non è un atteggiamento ingenuo, ma il solo che consente di costruire futuro. Quindi sì, giunge come una provocazione indispensabile nella nostra storia, come pietra d’inciampo nell’ordinarietà che pare segnata piuttosto dalla rassegnazione. Se ci apriamo, per consentire alle molte proposte che offre di agire come una scossa dentro la nostra vita quotidiana, ecclesiale e non solo, può essere davvero un momento di grazia.
A cura di don Lorenzo Magarelli