
Grande emozione suscitò a Trieste, 45 anni fa, la notizia dell’assassino del prof. Vittorio Bachelet, non solo in quanto era un importante esponente delle istituzioni (vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura) e l’ispiratore e primo presidente della nuova Azione cattolica, vittima delle Brigate rosse, ma perché Vittorio Bachelet era ben conosciuto in città, sia nell’ambiente civile che in quello ecclesiale.
Fu infatti Docente di diritto amministrativo all’Università di Trieste dal 1962 fino al 1968, anno in cui passò all’Università di Roma “la Sapienza” sulla cui scalinata, il 12 febbraio del 1980, gli fu tolta la vita. Nella sua attività professionale e come laico impegnato nella società, Bachelet ha lasciato una profonda traccia, oltre che per la sua statura di grande giurista, per le singolari doti di docente e per l’appassionato impegno civile, dimostrato da una autentica testimonianza cristiana, interpretata con una spiritualità intensamente laicale. Le parole con cui l’allora Presidente “laico” della Repubblica Sandro Pertini lo ha ricordato, confermano tutto ciò: “Vittorio Bachelet ha servito la Repubblica con la sua dottrina, la sua onestà, il suo esempio sino al sacrificio di sé. E la sua ultima lezione deve essere da noi sempre tenuta presente, quando il dubbio o la disperazione ci assalgono. L’Italia non sarà perduta fino a quando esisteranno uomini della grandezza morale e civile di Vittorio Bachelet”.
Per la comunità ecclesiale ed in particolare per quella dell’Azione Cattolica triestina, il dolore provocato da quell’evento fu particolarmente sentito e profondo. Bachelet venne a Trieste proprio nel momento in cui Paolo VI lo nomina Presidente generale dell’Azione Cattolica Italiana con il mandato di riformarla profondamente, rinnovandone lo statuto. La sua permanenza a Trieste coincide proprio con questa importante missione. Da qui inizia ad elaborare il progetto di una nuova Azione Cattolica che non si prefiggeva solo il compito di unificare in un unico organismo le associazioni, allora distinte per sesso ed età (Unione uomini e donne, Gioventù maschile – GIAC e femminile-GF.), ma mirava ad una rifondazione radicale. Coglie quindi l’occasione della sua presenza a Trieste per interagire e confrontarsi anche con i responsabili triestini e regionali delle diverse articolazioni dell’AC. Il suo taccuino del 1964 riporta alcune riflessioni, dopo questi incontri, che anticipano l’Azione Cattolica che poi verrà rinnovata sulla spinta del Concilio: “gran brava gente, pronta per una AC nuova, più profonda, più vera, più responsabile, più libera, più operosa” e ancora “un impegno, una ricerca sincera del vero e del meglio, una sincerità che non ho trovato in nessun luogo altrove”. “Approfondimento, ricchezza spirituale, carità, è da qui che bisogna ricominciare”.
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Ma non posso dimenticare alcuni brevi incontri personali che ebbi con lui al termine delle messe feriali vespertine a San Vincenzo de Paoli, che lui frequentava quotidianamente quando rimaneva a Trieste. Ero impegnato in AC come Delegato Aspiranti (l’odierna ACR) e, con un certo timore, mi soffermavo per un saluto, ma il Parroco, don Bruno Speranza e la mitezza di Bachelet toglievano di mezzo ogni imbarazzo.
Con il periodo triestino inizia una stagione decisiva per la storia dell’Azione Cattolica e più in generale della Chiesa italiana. Una stagione entusiasmante, carica di attese e promesse, ma anche una stagione difficile, piena di interrogativi, di contraddizioni e di tensioni, che Bachelet affrontò con un atteggiamento costruttivo “non creare disperazione, ma speranza”. Impostazione che suona di una straordinaria attualità oggi con il Giubileo della Speranza, promosso da Papa Francesco.
Per comprendere il suo progetto di Azione Cattolica e la “scelta religiosa” e per verificarne la sua attualità, nell’assemblea diocesana di domenica scorsa, sono stati approfonditi alcuni scritti associativi ed ecclesiali di Bachelet: “Che cosa è l’Azione Cattolica? Mi pare che sia soprattutto una realtà di cristiani che si conoscono, che si vogliono bene, che lavorano assieme nel nome del Signore, che sono amici: e questa rete di uomini e donne che lavorano in tutte le diocesi, e di giovani, e di adulti, e di ragazzi e di fanciulli, che in tutta la Chiesa italiana con concordia, con uno spirito comune, senza troppe ormai sovrastrutture organizzative, ma veramente essendo sempre più̀ un cuor solo e un’anima sola cercano di servire la Chiesa. E questa è la grande cosa. Noi serviamo l’AC non perché́ ci interessa di fare grande l’AC, noi serviamo l’AC perché c’interessa di rendere nella Chiesa il servizio che ci è chiesto per tutti i fratelli. Per costruire ci vuole la speranza. In fondo io penso che noi dovremmo riflettere molto sulle grandi parole di Papa Giovanni XXIII all’inizio del Concilio: “Ci sono quelli che vedono sempre che tutto va male, e invece noi pensiamo che ci siano tante cose valide, positive”. Noi dobbiamo tenerlo fermo come atteggiamento di speranza, che ci consente di vincere anche queste ombre, di vincere anche questi rischi, di vincere il male con il bene. E questo vale anche nella vita della società̀. È un impegno che dobbiamo riscoprire nella sua essenzialità cristiana. E anche qui, se ci saranno situazioni difficili, dobbiamo sempre tenere presente una fiducia fondamentale, che non è quella nelle nostre forze ma è quella dell’aiuto finale di Dio e nella capacità che avremo, se ci fideremo di Lui, di volgere le cose al bene. Io credo, come afferma Bonhoeffer, che Dio, in ogni situazione difficile, ci concederà̀ tanta forza di resistenza quanta ne avremo bisogno. Egli però non la concede in anticipo, affinché́ ci abbandoniamo interamente in lui e non in noi stessi. Ogni paura per il futuro dovrebbe essere superata con questa fede”. Io credo che questo atteggiamento di fede in lui, di serenità̀ noi dovremmo portare nel nostro cuore, noi dovremmo diffondere largamente intorno a noi. Considerazioni queste che sembrano uscire da un’omelia di Papa Francesco e sulle quali l’Azione Cattolica triestina si è confrontata domenica scorsa, riconoscendo la grande attualità del messaggio di Vittorio Bachelet e il grande dono ricevuto dalla sua testimonianza.
Mirano Sancin