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Chi è Daniele Mosetti e con quale itinerario di impegno sociale e professionale giunge alla Presidenza dell’Ater di Trieste?
Ho 44 anni, vivo a Muggia con la mia splendida famiglia, sono padre di due bimbe.
Inquadrando la risposta nella dimensione del servizio, lo scoutismo è stato una parte fondante di questo itinerario, a Muggia nell’Agesci. Successivamente nella Protezione civile e poi l’impegno politico che iniziò all’età di vent’anni come concretizzazione extra associativa della scelta della Partenza, una scelta di servizio alla comunità e del Paese.
Il mio percorso politico mi ha portato ad essere eletto due volte in Consiglio Comunale e Muggia.
Successivamente nel 2019 arriva la nomina in Consiglio di Amministrazione dell’Ater. Recentemente la nomina a Presidente dell’Azienda Casa Giuliana il 25 novembre 2024, a firma del Presidente della Regione.
Con quali prospettive hai abbracciato questo incarico?
L’azione principale nella quale desidero impegnare il mio mandato è quella di mettere la persona al centro. Sono consapevole che attraverso questa attenzione agli inquilini dell’Ater io possa attivare un percorso virtuoso a loro vantaggio. Dove l’effetto conseguente è un beneficio anche per l’Azienda.
In che cosa è impegnata prioritariamente Ater oggi a Trieste?
Grande attenzione si sta rivolgendo sulla prossima pubblicazione di un nuovo bando alloggi di edilizia sovvenzionata. Oltre che a trovare soluzioni innovative al fine di rendere più efficace il riatto degli alloggi sfitti. In accordo al mandato della Regione, riguardo il non-consumo del suolo, puntiamo sulla rigenerazione del patrimonio immobiliare esistente.
L’Ater è per te e per i tuoi colleghi un osservatorio importante della situazione sociale della città dal punto di vista abitativo e non solo. Quali aspetti e quali sfide vedi in questo momento urgenti per i cittadini del nostro territorio?
Una tra le cose più importanti di essere diventati consapevoli che il nostro territorio provinciale non sta cambiando ora, ma è già cambiato: le nuove povertà e lo studio e la ricerca della comprensione delle nuove fragilità ci obbligano a considerare nuove soluzioni al fine di rendere l’Azienda un ente al passo con i tempi.
Attraverso la raccolta dei dati dalle domande di alloggio negli ultimi anni, emerge sempre più che l’emergenza abitativa va a colpire nuove fasce sociali rispetto a 5-6 anni fa. Parliamo della fascia “grigia”, ovvero i richiedenti con Isee tra i 15 e i 25 mila euro. Essi fanno fatica ad accedere al mercato libero degli affitti, piuttosto che alla richiesta di un mutuo presso un istituto bancario, e allo stesso tempo vengono posizionati in fondo alla graduatoria quando si rivolgono all’edilizia residenziale pubblica. Un altra le soluzioni possibili sarebbe quella dell’intervento, con la Legge regionale 1/2016, dello strumento del social Housing. L’abitare sociale, appunto, potrebbe dotare il nostro territorio di soluzioni efficaci per intervenire con questa azione di prevenzione offrendo alloggi a queste persone evitando così che finiscano in graduatorie di edilizia residenziale pubblica.
Quali orizzonti di collaborazione intelligente in rete con chi, come la Caritas diocesana, si occupa a livello ecclesiale delle povertà abitative al di là dell’aiuto per pagamenti utenze e affitti o morosità?
Il tema della morosità riceve grande attenzione dall’Ater, che ritiene sempre più necessario attivare un cambio di paradigma che muova l’azienda da ente che si occupa del mattone ad un ente che si occupa anche della persona in quanto sempre più il sistema-casa nazionale viene influenzato dalle sperimentazioni europee e dagli studi accademici che portano le aziende-casa ad essere protagoniste del welfare integrato. L’attuale cooperazione di Habitat microarea è un’esperienza locale, ma che viene diffusa e promossa all’interno dei percorsi formativi nazionali di Federcasa.
Daniele, quale la maggior soddisfazione e quale la maggior preoccupazione in questi primi mesi di mandato?
La soddisfazione principale è stata sicuramente sentirsi abbracciato dall’Azienda in termini di stima, riconoscimento e affetto, a cui tengo molto, essendo consapevole che i risultati visibili sono determinati dall’efficienza del braccio operativo dell’Azienda stessa.
La maggior preoccupazione è quella di rispondere con efficacia e soddisfazione ai bisogni delle persone che necessitano del bene primario della casa, che sono e rimarranno il fulcro del mio agire. A loro va il mio impegno incondizionato.
Grazie e auguri di buon lavoro, caro Daniele!
Intervista a cura di don Sergio Frausin