Ci sono parole diverse per raccontare il disagio sociale dei minori. È quanto emerge dalle conclusioni della Tavola Rotonda dal titolo “Il disagio sociale di minori e adolescenti: anello debole in un imminente futuro” organizzata dalla Caritas diocesana di Trieste e tenutasi giovedì 27 marzo alle 17.30 presso la Sala Serbo-Ortodossa di via Genova 12 con la partecipazione Carla Garlatti, già presidente del Tribunale per i Minorenni di Trieste e già Autorità Garante per l’infanzia e l’adolescenza, Giorgia D’Errico, direttrice delle Relazioni Istituzionali di Save the Children Italia, e Aldo Becce, psicoanalista e componente di Jonas Trieste onlus. Parole che alimentano la speranza. Ma anche parole che raccontano con maggiore rispetto e umanità una realtà complessa come quella di minori e adolescenti che, nel nostro Paese e anche a Trieste, vivono situazioni di disagio e povertà multidimensionali, con numeri in aumento.
Un appuntamento molto partecipato, quello di giovedì scorso, che è stato soprattutto un tempo per sostare e ascoltare chi lavora sul campo per «condividere una preoccupazione con il desiderio di capire sempre di più su minori e adolescenti, che sono lo specchio della società in cui vivono e crescono» come ha affermato il Direttore della Caritas di Trieste, padre Giovanni La Manna, nel suo saluto introduttivo. «Gli adolescenti ci dicono di un sistema che fa fatica a funzionare perché è ingiusto e colpisce tutti e noi dobbiamo scegliere di funzionare meglio per restituire speranza, dignità, diritti, soprattutto ai più deboli». Basti pensare che – come ha raccontato Vera Pellegrino, responsabile promozione, formazione e osservatorio Caritas Trieste – nel 2024 sono stati aiutati «927 minori, circa un centinaio in più rispetto al 2023, pur non avendo servizi per i minori, ma dedicati alle famiglie». Considerando solo le povertà delle persone residenti nel territorio si è notato notato, in generale, «un incremento del 30% che è un dato significativo. Il 12,5% del totale delle persone che incontriamo sono minori e il dato sale al 14% se ci fermiamo ad osservare soltanto i residenti». Numeri che hanno dietro volti e storie di persone che vivono povertà croniche – che si verificano quando sono in carico ai servizi da almeno 5 anni – e povertà intermittenti – che consistono nell’entrare e uscire continuamente dalla soglia di povertà – e che portano a una considerazione importante: «Osservando i dati emerge che avere un figlio sembra essere quasi un fattore di rischio».
Ma quali sono queste parole diverse, utili a una nuova narrazione? Le hanno suggerite relatrici e relatori nei loro rispettivi interventi, frutto di esperienza professionale e umana. Di ascolto e di farsi carico, ma anche della necessità di offrire speranza alla gioventù che devia – «che non va assimilata all’adulto» – ha parlato Carla Garlatti, ricordando anche alcuni dati emersi da una ricerca sulla salute mentale degli adolescenti da lei commissionata nel corso del suo mandato come Autorità Garante. Ha parlato di investimento «che non è buonismo», di offrire pari opportunità per tutti a partire dalla scuola, ma anche di attrattive «che rendano la strada della legalità più attrattiva della strada della illegalità», oltre ad avviare dei patti educativi di comunità. Di investire nel presente per immaginare il futuro, di narrazione positiva della realtà delle periferie, dove Save the Children opera in particolare attraverso i “Punti Luce”, ma anche di offrire luoghi belli, di dare concretezza ai sogni e lasciarsi ispirare da ragazze e ragazzi ha parlato Giorgia D’Errico: «Lavoriamo per offrire loro opportunità educative gratuite e, soprattutto, la possibilità di aspirare ad un futuro migliore». Di imparare a leggere il linguaggio del dolore «che urla in silenzio», di incontro – «è lì che avviene il miracolo» – di trasformazione, ma anche di accompagnamento e di affido familiare – «che è pura perdita, come l’amore» – ha parlato, infine, Aldo Becce.
E allora usiamole queste parole. Perché il disagio è anche frutto di una narrazione residuale e per lo più negativa di una realtà come quella di minori e adolescenti che continua quotidianamente a interrogarci. E che attende dal mondo degli adulti e dalle necessarie alleanze tra Istituzioni e realtà del Terzo Settore una strada verso soluzioni possibili.
Luisa Pozzar












