Il 25 aprile, ottant’anni fa…

Nel 25 aprile rivivono la Resistenza, il coraggio dei partigiani e i valori cristiani che hanno ridato speranza all’Italia ferita dalla guerra

Il 25 aprile 1945 il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia proclamava da Milano l’insurrezione generale di tutti i territori ancora occupati dai nazifascisti. Diverse città del centronord erano già state liberate e, in quella giornata fu finalmente la volta di Milano, città simbolo della Resistenza…

Erano cattolici, comunisti, azionisti, socialisti, liberali, perfino monarchici… erano uomini e donne, spesso giovani e giovanissimi. In tanti erano saliti in montagna per non dover indossare la divisa del nuovo esercito di Mussolini. Erano cresciuti nelle menzogne del fascismo. Molti ne avevano pagato lo scotto, e avevano conosciuto gli orrori della guerra in Africa, in Russia o nei Balcani; troppi erano rimasti su infinite distese di neve, di sabbia, su brulle montagne, sul fondo del mare. Avevano conosciuto anche le prepotenze dei tedeschi che dell’alleato italiano avevano una scarsissima considerazione e talora avevano dovuto obbedire a ordini tremendi impartiti dai loro comandanti.

Per sfuggire a tanta ingiustizia salirono in montagna o combatterono nelle vie cittadine, tutti ugualmente a rischio della propria vita, della tortura, della deportazione. Un paese, spaccato in due: al nord era stata costituita la Repubblica sociale italiana, Stato satellite della Germania di Hitler, corresponsabile delle molte violenze perpetrate non solo sui partigiani combattenti ma anche sulla popolazione civile, inermi vittime di una guerra terribile, senza esclusione di colpi. Da sud, le armate alleate andavano risalendo a prezzo durissimo la penisola.

Parte integrante di quello slancio ideale, di quel movimento di liberazione, erano i tanti soldati italiani che, deportati in Germania, non vollero dire sì al neonato Stato di Mussolini e ad esso preferirono una durissima prigionia che a molti costò la vita: è stato il presidente Azeglio Ciampi a sottolineare il valore e la portata della loro scelta. Con tutti quegli uomini e donne rinascevano valori e principi che il fascismo aveva soffocato per vent’anni: solidarietà, libertà, democrazia e partecipazione. No, davvero in quegli anni terribili, nei mesi compresi tra il settembre 1943 e l’aprile del 1945, l’obbedienza non era più una virtù, come avrebbe scritto anni dopo don Lorenzo Milani. Troppa ingiustizia, troppa violenza. L’Italia doveva rinascere su nuove basi, ma perché questo accadesse occorreva ribellarsi. Nacquero così le prime formazioni partigiane, dapprima sparute, che andarono poi articolandosi e organizzandosi in reparti di diverso orientamento politico ma tutte accomunate dall’obiettivo della liberazione dal nazifascismo.

La resistenza armata rispondeva alle direttive di un organismo politico pluripartitico, il Comitato di liberazione nazionale, primo embrione della nostra democrazia e della nostra bella Costituzione repubblicana: un Paese nato dunque dalla Resistenza che oggi ricordiamo e festeggiamo. Scelsero di battersi per quella nuova patria con un altruismo tale da far dono della propria vita per il bene comune, da preferire il sacrificio a un’esistenza fatta di obbedienza senza alternative, di subalternità a un potere crudele alleato di chi voleva costruire un “nuovo ordine europeo” e andava sterminando milioni di uomini e donne in base a folli idee di supremazia razziale. Un mondo e un futuro senza speranza: intanto la fame, i bombardamenti, le stragi andavano dilaniando la nostra penisola. Come non opporsi?

Con l’8 settembre non era morta la patria, come pure è stato detto anni fa: ne era invece nata una nuova, autentica e non artefatta, fatta di donne e di uomini liberi capaci di darsi in dono per un mondo migliore: «Ho fede e sento che la via che seguo è la giusta, – scriveva il ventitreenne Giampaolo Grosso, un partigiano che sarebbe caduto in uno scontro a fuoco con i tedeschi – ché il Buon Padre Eterno mi ha guidato nella scelta, che mi aiuta continuamente, mi sostiene nei momenti più brutti e qualche volta, nei rari momenti di sconforto. […] Né cogli inglesi, né coi tedeschi, ci possiamo ancora salvare e fare vedere che anche noi si può fare qualche cosa. Il cuore è forte e la fede è profonda e con l’aiuto di Dio, questa terra meravigliosa e benedetta sarà ancora nostra e nostra soltanto». Ecco, lasciamoci guidare anche noi e da cristiani affidiamoci alla fede, all’aiuto di Dio perché ciò che quegli uomini e donne, quei ragazzi e ragazze hanno saputo conquistare sia ancora segno di speranza in un mondo migliore di questo; perché a questo mondo nuovamente offeso da una “guerra mondiale a pezzi”, come tante volte ha ammonito la cara voce di Papa Francesco, se ne sostituisca uno fatto di lavoro, di pace, di fraternità.

Fabio Todero

Volantino della Osoppo Friuli (Archivio Irsrec FVG)
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