Paul Nkuna Tshimanga, giovane seminarista proveniente dalla Repubblica Democratica del Congo, giunto fino a Trieste, dove lo scorso anno ha iniziato il cammino con la comunità formativa del Seminario Interdiocesano di Udine, Gorizia e Trieste, domani, domenica 4 maggio 2024 – durante una celebrazione eucaristica presieduta dal Vescovo Enrico Trevisi presso la parrocchia di San Marco Evangelista – sarà ammesso tra i candidati agli Ordini Sacri. Don Sergio Frausin, Delegato Episcopale per la Cultura e la Pastorale Universitaria e incaricato per i seminaristi del Seminario Interdiocesano, gli ha rivolto alcune domande.
Che cosa ti ha portato a Trieste nella tua vocazione, Paul?
Grazie per la domanda. Sarebbe un po’ complicato spiegarlo con termini esatti, perché la vocazione, come sappiamo, rimane una cosa che ha un po’ a che fare con il mistero, perché è Dio che chiama. Io vengo dalla Repubblica Democratica del Congo, dove ho fatto alcuni anni di formazione in Seminario. La comunità in cui mi trovavo, una comunità sacerdotale fondata da un sacerdote di Firenze, poi ha avuto qualche problema con il Vescovo e il Cardinale ha deciso di chiuderla, così mi sono trasferito prima a Cosenza e poi da Cosenza a Trieste. Il tramite è stato padre Rosario, che è moderatore di una fraternità sacerdotale: è lui che mi ha presentato dal Vescovo Enrico e, dopo aver verificato tutta la pratica, il Vescovo mi ha accolto nella diocesi di Trieste. Così dall’anno scorso ho iniziato il Seminario qui a Udine per portare avanti la mia vocazione.
È una vocazione che prende forma e continua a formarsi a Trieste per la diocesi di Trieste. Domenica 4 maggio tu ricevi l’ammissione tra i candidati agli ordini sacri: cosa significa per te?
Per me è un grande passo: sarà il primo sì al Signore. La chiamata del Signore è sempre qualcosa che stupisce un po’ il cuore, come dice la lettera pastorale del nostro Vescovo Enrico di quest’anno. La vocazione non è un merito. Davanti alla missione di Dio ci sentiamo tutti vulnerabili, tutti deboli. Questa era anche l’esperienza dei profeti. Davanti alla chiamata di Dio mi sento sempre debole, incapace, ma quello che ha detto il Vescovo mi ha colpito molto e cioè che dobbiamo ricordarci sempre che non siamo da soli perché il Signore è sempre con noi. Dice “io sono con te”, io aggiungerei anche “non avere paura perché sono con te”. La tappa dell’ammissione agli ordini sacri è molto importante nel mio percorso vocazionale perché adesso, dopo aver vissuto quel tempo di discernimento che continua ancora, il Vescovo assieme con i formatori ha visto che posso fare questo passo e io ho accettato di andare avanti con la mia vocazione. È una cosa molto importante per me e chiederò sempre allo Spirito Santo di rendermi consapevole dell’impegno che mi aspetta.
Tu hai 30 anni. Com’è stata la tua vita fino ad oggi, prima in Congo e poi qui in Italia? Cosa vuoi dirci della tua famiglia?
La storia della mia vita è un po’ lunga, ma in modo sintetico posso dire che provengo da una famiglia devota cristiana, cattolica e sono stato battezzato nel 1998 a Santa Lucia, una chiesa della provincia di Kinshasa. Poi ho iniziato la scuola primaria dalle Suore e poi anche la scuola secondaria e superiore, sempre nella scuola cattolica. La mia vocazione nasce proprio in quegli ambienti, che sono sono principalmente la famiglia e la chiesa. La famiglia perché, soprattutto con mia madre, ogni sera prima di dormire facevamo sempre una preghiera o recitavamo il rosario; l’ambiente ecclesiale perché ero sempre attaccato ai sacerdoti diocesani nella mia parrocchia, ero anche un chierichetto, quindi c’era sempre quel legame con i sacerdoti. Vedendoli, il loro modo di fare la pastorale e di vivere la loro vocazione al sacerdozio mi è piaciuto molto e poi piano piano ho iniziato a pensare a come maturare quel desiderio che era dentro di me. Dopo la conclusione della scuola dovevo entrare in Seminario per iniziare il cammino. Prima di questo, è successo che durante una Messa fu proclamata la lettura dal libro della Genesi, con la vocazione di Abramo. Quando si legge che Dio manda Abramo ad andare e a lasciare la casa del padre e la sua terra, per andare nel paese che Dio gli indicherà, dentro di me è stata una cosa veramente grande e difficile da accettare perché da giovanissimo ero affettivamente molto legato alla mia famiglia. E lasciare la famiglia, iniziare quel percorso, era difficile per me… ma come ho detto, grazie ai sacerdoti che erano anche accanto a me, sono riuscito a staccarmi un po’. Quindi quel desiderio di servire Dio fuori di casa era rimasto nella mia testa, nella mia mente e, una volta finita la scuola, sono entrato in Seminario dove ho iniziato la formazione fino a quando la comunità sacerdotale diocesana è stata chiusa.
Quanti fratelli e sorelle hai?
Noi siamo una famiglia un po’ numerosa, siamo in sei tra fratelli e sorelle. Io sono il quinto: ho tre fratelli e due sorelle.
Sei in contatto con loro?
Assolutamente sì, ci parliamo ogni volta in cui si presenta l’occasione.
Che cosa ti rende felice nel poter essere ammesso tra i candidati agli Ordini Sacri come ministro diocesano per la Chiesa di Trieste?
Questa è una bella domanda. Ciò che mi rende felice innanzitutto è la sequela, la sequela di Cristo perché volendo diventare sacerdote, il primo modello è Gesù Cristo che è l’unico e sommo sacerdote. Come seconda cosa, dopo Gesù Cristo, ci sono anche dei sacerdoti modello che mi incoraggiano col loro modo di vivere: sono come un fuoco che riscalda la mia vocazione, il mio desiderio. Un altro aspetto che mi piace particolarmente della realtà di Trieste è l’aspetto internazionale: a Trieste troviamo tanti popoli, tante culture diverse, però sentiamo anche quell’impegno nel cercare di vivere l’unità, la pace e la concordia.
Grazie a Dio, posso dire che a Trieste mi sono trovato veramente in famiglia, anche in parrocchia dove faccio servizio. Quindi mi sento felice e direi che sono pronto a progredire in questo cammino.
In questo momento, a Trieste, dove vivi la tua esperienza di comunità e la tua esperienza formativa?
A Trieste vivo presso la parrocchia di San Marco Evangelista, nella fraternità sacerdotale diocesana ,dove ci sono un parroco e viceparroco.
E di che cosa ti occupi nella pastorale?
Adesso presto servizio come catechista e poi mi occupo dei chierichetti, visto che abbiamo riavviato il gruppo dei ministranti. Qualche volta, se c’è bisogno, do una mano anche per altro. Per esempio, abbiamo un gruppo biblico che si raduna ogni mercoledì dopo la Messa serale per condividere la parola di Dio e quando c’è bisogno, aiuto anche lì.
Grazie Paul, buona ammissione tra i candidati agli ordini sacri e buon cammino verso il ministero ordinato.
Grazie, grazie mille a lei, don Sergio, per l’accompagnamento e per tutto, grazie. Grazie a voi.
a cura di
don Sergio Frausin
foto Sergio Frausin