Che cos'è la quotidianità, infatti, se non il desiderio vissuto e la domanda che Cristo possa essere conosciuto e riconosciuto da tutti? Questa è la vocazione e la missione cristiana, anche oggi
Pubblichiamo la testimonianza di Stefano Bochdanovits su “La vita è vocazione – dialogo con la professoressa Maria Teresa Acerbi”, che si è tenuto giovedì 1° maggio a Basaldella di Udine.
“La vita è vocazione”. “Nessuno ti chiamerà più abbandonata”, “Quando ho incontrato Cristo, ho scoperto la mia umanità”. Il mio primo maggio a Basaldella di Udine, per una giornata della comunità aperta a tutti, ha avuto come protagonista Maria Teresa Acerbi, classe 1943, che racconta a una numerosa e attenta platea il suo incontro con Don Giussani a Varigotti, quando non aveva più nessun interesse a vivere, per una strana forma di depressione. Si sente guardata in modo unico, ascoltando uno che le dice con certezza indomabile: “Tu puoi vivere” (cioè tu sei amata, tu sei voluta).A 14 anni, Teresa, dopo questo incontro con il suo professore di religione al liceo Berchet di Milano, intuisce che Cristo sarebbe diventato il centro della sua vita. Tanto è vero che a 17 anni chiede a don Giussani come diventare suora di clausura. Entra in convento, ma nulla corrisponde al cuore. Allora, dopo un serio e vivo fidanzamento, innamoratissima e ricambiata, capisce che in lei c’è una “esigenza” che chiede di diventare “evidenza”. Così, la storia la conduce alla porta della clausura, a Vitorchiano. Lì trova un mondo di libertà, pienezza, dedizione per ogni uomo, per la realtà civile, politica, mondiale. Ma il fisico non regge e l’abbandono fa riiniziare l’attesa di segni… Sarà proprio la sua storia costitutiva a dire l’ultima parola sulla “forma”: dopo Vitorchiano, Teresa approda nei “Memores Domini”, il cosiddetto “Gruppo adulto” di vergini laici, presenti negli ambiti lavorativi come tutti, nato nel carisma ecclesiale di Comunione e liberazione. Teresa diventa insegnante e fa il suo percorso in una scuola privata di Milano, fino a diventarne preside, ora in pensione. “Predilezione”, racconta, è una parola che indica l’essere amati prima della nostra possibilità di rispondere (e qui ripenso a parole della Bibbia come “Ti ho amato di un amore eterno” in Ger 31, 3, oppure “Vi ho chiamato amici” in Gv 15, 15).Il grande compito della vita, la vocazione unica, è quella di testimoniare Ciò che di più grande abbiamo incontrato. Questo non può essere fatto se non dentro un amore al destino di ogni uomo, la vita eterna, la vita vera!La forma della vocazione (che è per tutti) è una declinazione della “Verginità”: il distacco che ti permette di amare davvero ogni persona, il frutto più maturo della carità di Cristo. Vale per chi si sposa: chi è chiamato alla verginità è chiamato a portare a tutti la gioia di Cristo risorto; chi è chiamato al matrimonio è chiamato a generare figli nella fede. Se la felicità non esistesse, infatti, non varrebbe la pena metterli al mondo, introdurli nella realtà intera, dar loro il necessario per diventare uomini. Questa è la libertà dei figli di Dio: amare e affermare Ciò che davvero compie il nostro desiderio di pienezza.Questo è stato il mio primo maggio a Basaldella di Udine, iniziato con la testimonianza di Teresa e continuato tutto il giorno attraverso la convivenza con tanti giovani, il pranzo insieme, i canti e i giochi di squadra all’aperto, la condivisione e i dialoghi tra amici vecchi e nuovi.La compagnia, l’amicizia o è “vocazionale”, cioè chiamata a camminare verso il Destino, oppure, prima o poi, finisce. Auguro a tutti i nostri amici di fare questo incontro decisivo per la vita, e di riprenderlo ogni giorno. Che cos’è la quotidianità, infatti, se non il desiderio vissuto e la domanda che Cristo possa essere conosciuto e riconosciuto da tutti? Questa è la vocazione e la missione cristiana, anche oggi, in tutti i luoghi e le circostanze in cui viviamo. Anche nella preghiera e nel silenzio personalmente vissuti. Non c’è unità più intera e questa è Felicità.
Stefano Bochdanovits
5min109





