Si è svolto il 20 maggio l’incontro con padre Giuseppe Riggio, direttore della rivista ”Aggiornamenti sociali”, nell’Oratorio della Chiesa di Sant’Antonio Taumaturgo. La sala era gremita di operatori e volontari che, alla presenza del vescovo, monsignor Enrico Trevisi, hanno accolto l’invito della Caritas diocesana ad ascoltare e discutere il tema della “speranza autentica collettiva, condivisa per costruire un mondo meno diseguale”.
Com’è noto “Aggiornamenti Sociali” è una rivista dei Gesuiti, nata nel 1950, che “offre informazione ma soprattutto formazione. Frutto del lavoro di una équipe redazionale composta da gesuiti e laici delle sedi di Milano e di Palermo e di un ampio gruppo di collaboratori qualificati, il mensile offre criteri e strumenti per affrontare le questioni oggi più dibattute e partecipare in modo consapevole alla vita sociale, una sorta di bussola per scoprire legami in un mondo che cambia”.
È stato il direttore della Caritas diocesana di Trieste, padre Giovanni La Manna, a dare avvio all’incontro, collocandolo tra gli eventi formativi del Giubileo, in un tempo segnato da paure, conflitti e linguaggi carichi di violenza, dove sembra non ci sia spazio per una speranza concreta, viva e condivisa. La speranza, ha ricordato padre La Manna, può diventare non un concetto astratto, ma una forza reale che si manifesta ogni giorno nei gesti di cura, solidarietà e prossimità, come quelli di chi ogni giorno sceglie di accompagnare chi è in difficoltà, costruendo legami capaci di rendere le comunità più unite e le persone meno sole. Anche il modo di comunicare può diventare segno di speranza: una comunicazione che sceglie parole giuste, sobrie, rispettose della complessità dei fatti.
Ha preso poi la parola padre Riggio, stimolato dalle domande che gli venivano poste dalla giornalista Luisa Pozzar. Anzitutto ha chiarito il concetto di speranza. “Sperare equivale a vivere” – lo affermava già il Cardinale Carlo Maria Martini – perché sperare non è un concetto astratto, ma è qualcosa di molto concreto. Sperare equivale vivere, è il contrario della disperazione. L’uomo vive in quanto spera. Scegliere di aiutare è una notizia di speranza, a cui i media non danno importanza. Si spera in qualcuno, in qualcosa, che accada un evento. Come il seme che viene messo nella terra lavorata e viene annaffiato e curato, confidando nella sua crescita e sviluppo. Padre Riggio ha poi posto l’attenzione sull’importanza delle relazioni e della comunicazione. Le relazioni sono essenziali per far “star bene” le persone, ma occorre distinguere fra solitudine ed isolamento. È una distinzione che fa riferimento alla percezione che la persona ha di se stessa. Ci sono persone che stanno bene da sole e non sono in situazione patologica. Altri sentono il bisogno di essere ascoltati, vivono la solitudine come una “non scelta” personale. Hanno bisogno di essere visti, ascoltati. Purtroppo l’individualismo domina la società occidentale, “io basto a me stesso”. Si considera un fallimento la dipendenza, non si cercano relazioni reciproche, ma autonomia. In effetti può essere faticoso stare insieme: l‘individualismo, però, non è la soluzione, come si vede dall’uso di psicofarmaci in crescita. L’individualista è molto giudicante verso chi sbaglia o fallisce.
Padre Riggio ha chiarito, quindi, il collegamento fra memoria e speranza. La memoria ci parla del passato, ci aiuta a capire il presente, ma a volte rischia di essere un attaccamento al passato che blocca la speranza. Occorre riconoscere che alcune cose del passato sono state positive e sperare che le negative non accadano oggi e soprattutto capire che, nei conflitti, il punto che unisce chi sta da una parte e chi dall’altra è il dolore che ciascuno vive.
Tali riflessioni hanno suscitato molto interesse fra i presenti, alla luce della loro esperienza nell’ambito sociale. Alcuni volontari hanno riferito come la relazione e l’aiuto dato al prossimo in situazione di bisogno abbia cambiato anche la loro vita, rendendola piena di senso e hanno posto l’accento sull’importanza della fede nell’avere una visione di speranza. Altri hanno cercato di individuare azioni concrete in grado di tradurre nella realtà quotidiana le riflessioni poste dal relatore. In particolare, è stato messo in evidenza come siano utili iniziative formative dirette a migliorare le relazioni fra i volontari stessi e fra i volontari e le persone che a loro si rivolgono per un aiuto. Non solo distribuzione di borse della spesa, vestiario o contributi, ma anche ascolto, dialogo e accompagnamento; e, per i migranti, anche conversazioni per migliorare la loro capacità di esprimersi in lingua italiana, favorendo il rapporto uno a uno.
Raffaello Maggian
Foto Tedeschi
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