Gratitudine e riconoscenza

Nel giorno delle esequie, concludiamo la pubblicazione dei tanti ricordi giunti in memoria di don Pier Emilio Salvadè, venuto a mancare il 30 maggio

È proseguito in questi giorni il grato e affettuoso ricordo della vita di un sacerdote della nostra diocesi, don Pier Emilio Salvadè, che ha servito, con vari incarichi, la nostra comunità. Pubblichiamo questi ricordi, spesso intimi e personali, che ascoltiamo con gratitudine, affidando al Padre la vita di questo sacerdote.

La morte del Can. Mons. Salvadè – ma per noi era semplicemente don Pier Emilio – ha profondamente rattristato tutto il Corpo della Polizia Locale di Trieste: una presenza discreta ma sempre disponibile ad una buona parola, un augurio, una benedizione, ad officiare una Messa come nostro Cappellano, nei momenti di gioia e in quelli più tristi.

Dalla ricostituzione del Corpo nel 1962, la Polizia Locale, allora Vigili Urbani, ha sempre avuto un Cappellano ordinato dal Vescovo.

Don Pier Emilio è stato il terzo dopo Mons. Alfredo Bottizer e don Matteo Fillini ma, tra tutti, è quello che ci accompagnato per il periodo più lungo, dal 1996 ad oggi, quasi 30 anni!

A lui va tutta la nostra riconoscenza per averci seguito e supportato con dolcezza in questo lungo cammino, sempre attento alle diverse istanze, aperto al dialogo e all’ascolto. Mancherà a tutti noi.

Walter Milocchi

Comandante della Polizia Locale di Trieste

 

Tantissimi ricorderanno don Pier Emilio in curia, nel suo ufficio a tutte le ore, con quello sguardo che la diceva lunga, in periodi più o meno tranquilli della nostra storia diocesana. Io vorrei invece ricordarlo come parroco, a Santa Caterina, negli anni novanta, impegnato nella titanica impresa della costruzione della nuova chiesa ma anche come prete feriale, semplice e prossimo a famiglie e territorio in una cura d’anime così quotidiana e per questo così importante ed efficace. Dismessa la talare nel pomeriggio iniziava la benedizione delle case, la conoscenza degli abitanti del rione, la vicinanza alle situazioni di lutti e malattie. “Se posso far qualcosa…” la sua frase ripetuta spesso. Ecco voglio ricordare così don Pier Emilio nella sua cura paziente e discreta di una parrocchia che per tanti anni l’ha avuto come sacerdote e guida.
Annamaria Rondini
Ricordo don Pier Emilio con gratitudine inesprimibile. È stato il mio parroco per vent’anni, nel corso dei quali abbiamo “lavorato” insieme nel Gruppo Scout, che ha sempre sostenuto e supportato con grande dedizione e infinita pazienza…
Don Pier Emilio ti faceva sentire accolto, e questo per molti, soprattutto “lontani”, è stato un inaspettato, meraviglioso dono di Dio.
A don Pier Emilio devo più di quanto possa qui raccontare.
Don Pier Emilio mi ha accompagnato nelle vicende personali più difficili della mia vita.
Ricordo la vicinanza di don Pier Emilio a diversi parrocchiani nelle “notti oscure” della loro vita.
Ricordo di aver visto una lacrima sul volto di don Pier Emilio in due occasioni. La prima, quando il Vescovo Lorenzo Bellomi è salito al Padre. La seconda, quando l’incarico di Vicario Generale lo ha “separato” dalla parrocchia di Santa Caterina da Siena. Una parrocchia a cui don Pier Emilio ha dato tutto se stesso e che lo ricorda con immenso affetto ed eterna gratitudine.
Chiara Fabro
collaboratrice de Il Domenicale di San Giusto
Ho conosciuto don Pier Emilio Salvadè tanti anni fa: lui era un giovane sacerdote, io un adolescente. Aveva quel fare caratteristico che anche con il passare del tempo non ha mai abbandonato: il parlare misurato e saggio, l’incedere dondolante e attento, i modi tra il semplice e il solenne dell’uomo di Chiesa di un certo spessore. Poi nel tempo ci siamo visti sempre più spesso ed è diventato il mio padre confessore. Posso dire che eravamo amici.
Potrei scrivere un testo molto lungo sulle cose che ci siamo detti negli anni, ma tra il segreto del confessionale e le riflessioni confidenziali sullo stato delle cose allora in essere il limite è labile e cala, dunque, il silenzio.
Di lui però posso testimoniare l’accettazione cattolica della sua sofferenza così come scoprì che nella sua gola c’era un nemico da estirpare.  Mi disse una volta con un affaticato filo di voce: “Pensa cosa vuol dire per un prete perdere l’uso della voce. È la mia porzione di Purgatorio in terra”. Gli replicai immediatamente e senza troppo pensarci che lui era un santo sacerdote e che di certo non doveva fare troppo i conti con se stesso. Mi disse: “Pensa alla Passione di Gesù; la nostra sofferenza dev’essere accettata e offerta a Lui”.
Replicai che un giorno sperabilmente lontano avrebbe avuto il Premio fin da subito.
Sono certo che ora guarda anche a me dal Paradiso.
Mauro Braico
Abbiamo conosciuto don Pier Emilio nei primi anni ’80 quando era appena arrivato alla Parrocchia della Beata Vergine del Soccorso, parrocchia alla quale apparteneva anche la mia famiglia.
Don Pier Emilio è stato il sacerdote che ha seguito gran parte della nostra vita, a cominciare da nostra figlia Francesca nella preparazione alla prima Comunione e poi seguendola durante i soggiorni in montagna organizzati dalla suore della casa Armida Barelli.
Da quel periodo in poi vi è stato sempre un legame stretto tra noi e don Pier Emilio, sempre cordiale e disponibile: possiamo essere sicuri che nutrisse per noi del vero affetto.
Per anni mio padre spirituale, ha poi celebrato il matrimonio di nostra figlia, battezzato i nipoti, uno dei quali, siccome era luglio, per immersione totale nel battistero della chiesa di S. Caterina.
Affezionato da subito a nostro figlio minore, l’ho visto partecipare con commozione alle sue vicissitudini preadozione.
Tanti ricordi ci legano a lui sempre sorridente. Se ci siamo persi un pò nei nostri lunghi anni trascorsi all’estero, appena rientrati ci ha accolti come se non fossimo mai partiti.
Un carissimo padre che ci mancherà tanto, sarà bello rivederlo, se Dio vorrà, e scambiarci ancora abbracci e sorrisi.
Laura Lipizer

Lo incrociavo spesso, don Pier Emilio, all’Università di Trieste, verso la fine degli anni ’70 se ricordo bene – cioè più di 45 anni fa. Io ero un giovanissimo ricercatore a contratto ma lui non esitò un momento a darmi del professore – cosa che non sono mai stato – e ha continuato a farlo per una ventina d’anni, secondo me pur sapendo benissimo che non lo ero, finché non sono riuscito a farlo smettere, ottenendo uno di quei suoi sorrisi di complicità che dicevano tutto! Al contrario non sono praticamente mai riuscito a chiamarlo Monsignore, pur provandoci, perché mi interrompeva e diceva “solo don Pier Emilio per piacere!”

Quante volte ci siamo incrociati nella nostra vita professionale e quella mia familiare? Infinite! Praticamente tutti i più significativi momenti della vita della mia famiglia (ne ha parlato mia moglie Laura Lipizer) lo hanno visto protagonista, anche se noi lo avremmo voluto un po’ più protagonista, e lui invece si defilava, come in occasione del nostro 50esimo anniversario di matrimonio che ha celebrato lui, quando non siamo riusciti a convincerlo a farci compagnia anche a pranzo.

E quand’è così ti sembra che quella persona ci sarà sempre, che gli potrai sempre scrivere e telefonare e lui troverà subito il tempo per risponderti. Come è successo l’ultima volta quindici giorni fa, quando gli ho mandato un mio articolo, scritto in occasione della scomparsa di Papa Francesco, in cui lo citavo (e come sono contento di averlo citato e di averglielo mandato!) E lui ha subito risposto, benché fosse tarda sera, aggiungendo al messaggio un abbraccio virtuale, l’ultimo? Mi viene voglia di scrivergli su Whatsapp e vedere se mi risponde!

Giorgio Perini

collaboratore de Il Domenicale di San Giusto

 

A cura di don Lorenzo Magarelli

 

Foto Tedeschi

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