È tornata dove ha avuto origine l’idea di costituirla: sabato 14 giugno la Facoltà teologica del Triveneto ha celebrato il suo ventennale organizzando un pellegrinaggio giubilare ad Aquileia unitamente alle altre realtà di studio della teologia del Triveneto, ovvero la Facoltà di Diritto Canonico San Pio X di Venezia, l’Istituto di Liturgia pastorale Santa Giustina di Padova e l’Istituto di Studi Ecumenici San Bernardino ugualmente di Venezia.
Aquileia, culla della fede del nordest, è stata dunque anche il luogo del concepimento della Facoltà teologica: lì nel 1991, nell’ambito del Convegno di Aquileia (documento “La croce di Aquileia”), i vescovi del Triveneto decisero di offrire al territorio una formazione teologica di livello universitario, mettendo in rete realtà già esistenti, qualificandone lo studio e strutturando una Facoltà teologica di valenza regionale, eretta poi col decreto del 20 giugno 2005. Oggi la Facoltà collega quattro Istituti teologici e sette Istituti superiori di Scienze religiose tra Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige, con 1.556 studenti e 325 docenti.
Sabato 14 giugno per i vent’anni di vita, in occasione dell’anno giubilare e nel ricordo dei 1700 anni dal Concilio di Nicea, in tanti si sono ritrovati nella Basilica di Aquileia, che l’Unesco ha posto tra le opere che sono Patrimonio dell’Unità, ma che è innanzitutto il luogo da cui la fede si è diffusa in tutto il nordest, come ha messo bene in luce l’intervento del preside della Facoltà, don Maurizio Girolami, nell’intervento che ha preceduto la solenne celebrazione eucaristica presieduta dal cardinale S. Em. Pietro Parolin, segretario di Stato Vaticano, attorniato all’altare dai vescovi del Nordest, accolto nella cittadina dal sindaco di Aquileia, Emanuele Zorino, presenti numerose autorità militari e civili (tra cui l’assessore regionale Fabio Scoccimarro). Il sindaco Zorino ha dato il suo benvenuto al cardinale presentando Aquileia come luogo di fede “di cui abbiamo ancora bisogno nell’escalation di odio che oggi vive il mondo”.
Il primo saluto
All’arrivo del cardinale e vescovi il direttore della Fondazione Basilica di Aquileia, il teologo Andrea Bellavite, ha introdotto la mattinata, mettendo in luce come la Basilica aquileiese sia una sintesi di linguaggi che, nel tempo, hanno annunciato con stili diversi lo stesso messaggio di verità e salvezza: Cristo morto e risorto. Lo dicono i mosaici di Giona (IV sec), lo dicono gli affreschi del catino absidale e della cripta (XI e XII_sec.), lo dicono i percorsi di vita del vescovo Ermacora e del diacono Fortunato: Aquileia ha acceso una fiamma di fede che non si è spenta e ha camminato per il mondo. Alle spalle della basilica, il cimitero del primo conflitto mondiale testimonia ancora la follia della guerra, che le cronache dicono purtroppo attuale. Aquileia è dunque luogo di fede e messaggio di pace, invito al dialogo che le due città di Gorizia e Nuova Goriza, dopo gli odi vissuti, hanno raccolto tanto che oggi, insieme, sono capitale europea della cultura.
Il pellegrinaggio giubilare
Hanno quindi preso avvio le celebrazioni della giornata. In processione cardinale, vescovi, religiosi e religiose, laici e allievi degli Istituti, hanno fatto ingresso in Basilica passando attraverso il Battistero e ricevendo da S.E. Redaelli – arcivescovo di Gorizia – l’aspersione con l’acqua benedetta, segno del rinnovo a vita nuova dei credenti.
All’interno della basilica si sono quindi vissuti due momenti: un convegno e una solenne celebrazione eucaristica.
Al primo hanno dato voce e contenuti le relazioni di don Maurizio Girolami, preside della Facoltà teologica, e di suor Marzia Ceschia, docente di Teologia spirituale alla stessa.
Don Maurizio Girolami ha parlato della triplice eredità di Aquileia, ovvero “di tre cose antiche che possono diventare anche cose nuove” per i teologi di oggi. Innazitutto Aquileia come ponte tra est ed ovest, tra nord e sud. Questo perché essa è stata fin dall’antichità luogo di ritrovo e discussione teologica. Vi passarono figure di spicco come Atanasio, che nel 345 vi celebrà la Pasqua accolto dal vescovo di Aquileia: Fortunanziano. Qui, il 3 settembre 381 ci fu un Concilio che vide la presenza dello stesso Ambrogio di Milano. Qui, Girolamo e Rufino si innamorarono della Sacra scrittura, decidendo poi di andare in Palestina per studiarla. In secondo luogo Aquileia è stata luogo di amicizia per la missione: un laboratorio di fede e di rinnovamento, di cultura (Cromazio), del bel canto (Girolamo scrisse che “i chierici aquileiesi sono considerati come un coro di beati”). Infine Aquileia come luogo dell’ascolto (Fortunanziano, Girolamo) ma pure del combattimento della fede.
Suor Marzia Ceschia ha invece preso spunto dai meravigliosi mosaici di Giona che ricoprono il pavimento abbaziale per proporre la sua riflessione-provocazione sull’aderire o sullo sfuggire alla parola del Signore, dimostrando come Giona sia – lungo la parabola della sua combattuta storia – esempio dell’audacia del dire contro la tiepidezza del vivere e del coraggio della testimonianza, cosa che ancora Dio chiede e di cui questo mondo ha bisogno.
La celebrazione
La celebrazione è stata introdotta dal saluto del patriarca di Venezia, S.E. Francesco Moraglia, che ha ricordato “Celebriamo qui dove Sant’Ambrogio convocò un concilio cui accorsero dall’Italia settentrionale come dalla Francia, dalla Spagna e dall’Africa. Siamo in un luogo che ha fatto la storia della Chiesa e questo è un fatto importante”.
Nella sua omelia il card. Pietro Parolin ha ripreso il Vangelo nel quale si era letto che “tutti tenevano gli occhi fissi su Gesù”. Il cardinale ha commentato: “Come vorremmo essere comunità con questi occhi attenti a Gesù, in attesa delle sue parole e non comunità dallo sguardo ripiegato su di sè”. E rivolgendosi a docenti e studenti ha continuato: “Tenere lo sguardo su Gesù è il compito primo della teologia, è anche la vostra missione. Dovete amarla con tenerezza di affetti e declinarla con passione autentica nella vita”. Al termine il cardinale ha ringraziato tutti per “la celebrazione così intensa, solenne e al tempo stesso familiare”, centrata sulla speranza e sulla fede. Ha chiuso dichiarando che non era certo questa la prima volta ad Aquileia, ma di aver ritenuto commovente fare ritorno ad un luogo “da cui viene pure la mia fede”.
Simonetta Venturin
Foto: Simonetta Venturin