Padre Ielpo è il nuovo Custode di Terra Santa

Intervista a padre Francesco Ielpo, appena confermato da Papa Leone XIV come nuovo Custode di Terra Santa e Guardiano del Monte Sion

Oggi Papa Leone XIV ha confermato l’elezione di padre Francesco Ielpo, a Custode di Terra Santa e Guardiano del Monte Sion, avvenuta da parte del Ministro Generale dell’Ordine dei Frati Minori con il suo Definitorio. Il Ministro Generale, fra Massimo Fusarelli, ha comunicato la notizia con una lettera ufficiale inviata ai frati della Custodia di Terra Santa. Padre Ielpo succede a padre Francesco Patton, che è stato Custode dal 20 maggio 2016 ad oggi. Il Sir ha intervistato il nuovo Custode.

Con quale spirito ha accolto la notizia della sua nomina a Custode?
Il primo grande sentimento è quello di una profonda, enorme sproporzione tra quello che mi viene chiesto dal mio Ordine e dalla Chiesa e la mia misera persona. Soltanto un pazzo potrebbe pensare di essere all’altezza di un compito così. Ma come mi ha detto il mio padre spirituale ‘è bella questa sproporzione, questo non sentirsi all’altezza perché lascia spazio all’agire di qualcun Altro, all’agire dello Spirito Santo. Quindi il lavoro più grande sarà sulla mia persona per lasciare spazio a un altro con la A maiuscola. E poi un’altra cosa…

Quale?
È evidente che oggi

non è più il tempo dei leader solitari.

Un compito come questo, un servizio come questo per la Chiesa bisogna farlo da fratelli. La fraternità è un po’ la radice del nostro carisma. La fraternità è ciò di cui abbiamo bisogno, soprattutto in Terra Santa. I fratelli che camminano insieme e che testimoniano che esiste un altro modo di poter vivere, un altro modo di poter affrontare anche le difficoltà e le tensioni.

A proposito di tensioni: la sua nomina arriva in un momento segnato da gravi conflitti in tutta l’area e in Terra Santa. Con quali ‘armi’ lei e la Custodia pensate di poter fare fronte a questi tragici eventi?
Seguendo Francesco. Sicuramente c’è un grande senso di impotenza di fronte alla tragicità, alla gravità e alla drammaticità del tempo presente. Ma io credo che quello che mi viene chiesto, quello che ci viene chiesto come frati minori è proprio seguire Francesco. Francesco di Assisi nel 1219 si è recato pellegrino in Terra Santa durante un altro grande conflitto, eravamo al tempo della Crociata. Francesco non andò per risolvere i problemi perché un piccolo uomo come lui non poteva certo risolverli. Così come anch’io non ho la pretesa, anzi neanche l’idea di dover risolvere i problemi.

Seguire Francesco andando disarmato e testimoniando che c’è un’altra possibilità, che c’è un’altra via.

Francesco non ebbe paura del momento tragico…
Quando Francesco andò in Terra Santa c’era un conflitto tra due eserciti che si stavano contendendo quel pezzo di terra. Francesco semplicemente ruppe tutte le barriere e passò da un campo all’altro, da uno schieramento all’altro, disarmato, desideroso soltanto di mostrare che poteva esserci un’altra via. E l’altra via è quella che ci indica la Chiesa da sempre. Prima con Papa Francesco e adesso con Papa Leone continuiamo a dire che ‘la guerra non è la soluzione dei problemi e la pace non è mai il risultato di una vittoria bellica’.

Testimoniare, restando accanto a chi soffre, non solo ai cristiani, a tutta la popolazione che c’è davvero un altro modo per vivere e per affrontare le difficoltà.

Il ministro generale dell’Ordine, padre Fusarelli nel messaggio che accompagna la sua nomina, scrive che ‘questo particolare contesto di conflitto che proprio in Terra Santa e nel Medio Oriente viola la dignità della vita umana, rende ancor più urgente e ‘martiriale’ la nostra missione in quei luoghi e ci richiama alla nostra vocazione di testimoni e operatori di riconciliazione e di pace’. Come portare avanti, allora, l’opera di Francesco?
La strada che dobbiamo perseguire è quella di continuare a servire grazie anche alle opere che da secoli i frati, con sacrificio e con spirito martiriale portano avanti; pensiamo alle scuole, all’assistenza dei più vulnerabili, al sostegno alle famiglie, alla formazione. Ma c’è anche un’altra testimonianza, che magari fa meno rumore ma che è enorme: il restare, l’esserci.

In che senso?
Le racconto un episodio. Durante gli anni di guerra in Siria, ho avuto modo diverse volte nel 2016, 2017, 2018 di andare e stare con i frati che vivevano e di incontrare anche delle famiglie. Rimasi colpito da una famiglia di giovani sposi di Aleppo che si erano innamorati sotto le bombe. Ma invece che fuggire e sposarsi altrove decisero di rimanere. E quando chiesi loro il motivo per cui erano rimasti ad Aleppo, nonostante la gravità della situazione, questi fu la loro risposta: “Abbiamo visto che i frati non sono scappati e sono rimasti. Così siamo rimasti anche noi “. Ecco, io credo che in questi 800 anni, i frati della Custodia sono stati quella presenza che è rimasta ‘sempre e comunque’. Questo è quello che forse più di ogni altra cosa, siamo chiamati a continuare a svolgere: testimoniare grande amore a questa Terra e alla sua gente.

Daniele Rocchi (SIR)

Foto Custodia di Terra Santa

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