“The Chosen” è la prima serie televisiva in più stagioni dedicata alla vita di Gesù. Un successo globale, nato da un’intuizione del regista statunitense Dallas Jenkins, che unisce fedeltà evangelica e profondità narrativa. Tradotta in decine di lingue e seguita da milioni di spettatori, la serie è oggi al centro di un fenomeno culturale e spirituale. Ha superato 800 milioni di visualizzazioni in 175 Paesi e conta oltre 250 milioni di spettatori. Tradotta in 75 lingue, è destinata a raggiungere 600 sottotitolaggi e 100 doppiaggi. Jenkins racconta com’è nata, cosa significa oggi rappresentare Cristo sullo schermo e quale responsabilità comporta parlarne con linguaggi contemporanei.

“The Chosen” propone un ritratto originale e coinvolgente della vita di Gesù, rimanendo però fedele al messaggio evangelico. Cosa l’ha ispirata a raccontare i Vangeli in forma seriale?
Nel corso degli anni sono stati realizzati diversi film e miniserie su Gesù, ma mai una serie in più stagioni che offrisse il tempo necessario per approfondire i retroscena, le relazioni e il contesto umano e storico in cui si muovono i personaggi. Una narrazione seriale consente di entrare con più gradualità nella storia, episodio dopo episodio, stagione dopo stagione. Ho sentito che questo formato poteva offrirmi una possibilità nuova: comprendere meglio Gesù, i suoi discepoli e persino i suoi oppositori.
A differenza dei film, che spesso passano rapidamente da un versetto all’altro della Scrittura, una serie permette di sviluppare i personaggi e far emergere le loro sfumature.
Come ha cercato di bilanciare l’aderenza ai testi biblici, le esigenze narrative e la libertà creativa?
Non alteriamo ciò che è narrato nella Bibbia. Ma quando rappresentiamo episodi o situazioni che non sono esplicitamente descritti nelle Scritture, la nostra parola guida è: plausibilità. Ci chiediamo: questo fatto potrebbe essere realmente accaduto? È storicamente o culturalmente credibile? Rispecchia il carattere di Gesù e il cuore del messaggio evangelico?
Mi sento libero di esercitare l’immaginazione artistica, ma non voglio mai contraddire né la Parola di Dio né la verità profonda della figura di Cristo.
- (Foto The Chosen)
- (Foto The Chosen)
Qual è stato il momento più difficile – o spiritualmente più intenso – da dirigere nella serie? E cosa ha significato per lei?
È accaduto proprio di recente, durante le riprese della crocifissione a Matera, in Italia. È stata, senza dubbio, l’esperienza più difficile che abbia mai affrontato come regista. Ogni giorno è stato una sfida: sul piano emotivo, intellettuale e spirituale. A complicare tutto, c’erano la distanza, la fatica logistica, la lingua – con una troupe in gran parte nuova – e, naturalmente, la densità drammatica del contenuto. Più volte mi sono rivolto a Dio, chiedendogli di sostenermi. Ma credo che fosse inevitabile: non si può raccontare la crocifissione senza entrare, almeno in parte, nel mistero della sofferenza.
È stato, in un certo senso, un piccolo assaggio della Sua offerta.
Qual è stata la reazione del pubblico, sia tra i credenti che tra chi non si riconosce nella fede cristiana? Ci sono state testimonianze che l’hanno colpita in modo particolare?
La risposta è stata straordinaria. Ogni giorno riceviamo messaggi da persone che, grazie alla serie, hanno ritrovato o approfondito la loro fede. Ma ci scrivono anche spettatori non credenti, commossi e toccati da ciò che hanno visto. Ricordo in particolare una famiglia in Cina: non parlavano inglese, ma si sono appassionati alla serie, anche i bambini piccoli. Questo mi ha profondamente colpito: tutte le parole che avevo scritto con tanta cura, loro non le capivano. Eppure il messaggio è arrivato.
(Foto The Chosen)
The Chosen è la prima serie televisiva in più stagioni dedicata alla vita di Gesù. Ideata e diretta dal regista statunitense Dallas Jenkins, la serie ha esordito nel 2019 come progetto indipendente, finanziato attraverso una delle più grandi campagne di crowdfunding della storia del cinema. Tradotta in oltre 60 lingue, è distribuita gratuitamente tramite app, web e piattaforme streaming, e ha superato il miliardo di visualizzazioni. Attualmente è in corso la quarta stagione, e le riprese della Passione sono state girate in Italia, tra Matera e i Sassi. La serie è apprezzata per la sua narrazione originale, l’approfondimento psicologico dei personaggi e il linguaggio accessibile anche al pubblico non credente. Il cast ha incontrato Leone XIV mercoledì 25 giugno, durante l’udienza generale in piazza San Pietro.
Secondo lei, quale ruolo può avere oggi una produzione come “The Chosen” nell’evangelizzazione e nel dialogo tra fede e cultura contemporanea?
Il racconto ha una forza propria. Quando ascoltiamo una storia ben narrata, siamo spinti ad avvicinarci, a partecipare, ad aprirci. Gesù stesso parlava in parabole: le storie erano il suo strumento principale per annunciare il Regno. Molti spettatori ci scrivono per dirci che, proprio grazie alla serie, hanno compreso per la prima volta certi episodi dei Vangeli.
Negli ultimi mesi “The Chosen” ha ricevuto attenzione anche da parte dei media generalisti e di un pubblico più ampio, al di là degli ambienti ecclesiali. Che cosa significa per lei questo tipo di riconoscimento?
È davvero emozionante vedere che la serie sta entrando nella cultura popolare. Quando un progetto su Gesù conquista l’attenzione del grande pubblico, molte persone si ritrovano a confrontarsi con storie che, in altre circostanze, avrebbero probabilmente ignorato, etichettandole come “roba da cristiani”.
Il fatto che “The Chosen” venga presa sul serio, anche al di fuori dei circuiti ecclesiali, apre spazi nuovi per il dialogo, per l’annuncio, per la testimonianza.
Riccardo Benotti (SIR)
Foto: The Chosen