Il rumore delle guerre e delle prepotenze copre le voci di uomini e donne che nel mondo vivono ogni giorno sofferenze e fatiche, isolamenti e solitudini, oblii sociali e politici. Tra queste realtà ci sono le periferie urbane ricordate il 24 giugno in Italia nella prima Giornata nazionale a loro dedicata.

“Sovente le periferie delle città sono le parti più dinamiche e vive del tessuto urbano. Investire sul loro futuro, dare voce a chi le abita, è azione lungimirante e parte della attuazione dei principi costituzionali”.

Parole controcorrente del presidente della Repubblica che il 24 giugno si è soffermato su una questione di marginalità sociale che non sembra più attuale perché altre sono le priorità. In una stagione contrassegnata da sconvolgimenti violenti perché occuparsi di periferie?

Di queste realtà finisce per occuparsi la cronaca nera raccontando storie che dovrebbero chiedere alla politica e alle istituzioni di non rispondere al degrado e al disagio con prevalenti misure sicuritarie ma con efficaci interventi di promozione della dignità delle persone.

Non si può lasciare la narrazione delle periferie alla cronaca nera, il presidente della Repubblica si appella alla responsabilità di tutti perché questi “non luoghi” diventino luoghi di resilienza, creatività, laboratori di innovazione sociale, veri e propri patrimoni di energie da valorizzare, terreni dove si gioca anche la capacità di integrazione dei nuovi italiani”.

C’è dunque un’altra narrazione che riguarda i passi compiuti e che si stanno compiendo per cambiare la direzione della storia di un quartiere ai bordi della città ma che è parte integrante della stessa città.

C’è chi ha avviato un cambiamento “dal basso” e ha ottenuto risultati importanti con la partecipazione degli abitanti in percorsi di rinascita sociale.

In questi racconti, difficilmente in prima pagina, manca il più delle volte un riferimento a luoghi quali sono le comunità cristiane e le espressioni di solidarietà del mondo cattolico. Viene cioè ignorato un luogo che nel quotidiano tesse relazioni, condivide fatiche, costruisce prossimità, comunica speranza.

É una presenza dove, afferma Mattarella, “prevale un senso diffuso di abbandono e sfiducia, dove spesso le istituzioni appaiono lontane, con il rischio di acuire le fratture sociali, di vedere crescere l’illegalità, ostacolando così la crescita personale e collettiva delle persone, dissipando il futuro di bambini e giovani che vivono in questi contesti e, con essi, il futuro dell’Italia”. La comunità cristiana nel suo agire nel segno della carità e della solidarietà diventa luogo di formazione e impegno per il bene comune. Ad avere questo sguardo è sollecitata dalla dottrina sociale della Chiesa che papa Leone XIV, in continuità con i predecessori sta indicando come fonte e sostegno del pensare e dell’agire dei cattolici nel mondo a partire dal territorio.

Questo tempo, con le sue ostilità e fragilità, è un tempo favorevole per cambiare la direzione della storia. È un tempo propizio per fare dei “non luoghi” anonimi dei” luoghi” dove chiunque si sente chiamato per nome.