Heisenberg e il limite della conoscenza umana

A 100 anni dalla nascita della meccanica quantistica, il professor Angelo Bassi racconta come questi studi abbiano rivoluzionato il mondo della fisica - 2

Quando dobbiamo intraprendere un viaggio in automobile verso una destinazione che non conosciamo, di solito consultiamo una mappa o un navigatore per pianificare il percorso più conveniente. Questo semplice gesto si basa su un presupposto che diamo completamente per scontato: l’automobile – e noi con essa – occupa sempre una posizione ben definita nello spazio e si muove lungo una traiettoria altrettanto ben definita. È una proprietà talmente ovvia nella nostra esperienza quotidiana che raramente ci fermiamo a rifletterci sopra.

Eppure, a livello microscopico, la meccanica quantistica ha rivoluzionato proprio questa visione.

Nel mondo quantistico, una particella di materia non è più descritta come un punto (o una pallina) che si muove lungo una traiettoria definita. Al contrario, una particella quantistica è descritta da un’onda, chiamata funzione d’onda, che si estende nello spazio. Questa funzione non indica dove è la particella, ma solo dove potremmo trovarla nel momento in cui decidiamo di osservarla. In altre parole, una particella quantistica non occupa mai una posizione definita in modo oggettivo. Ha senso parlare della sua posizione solo nel momento in cui effettuiamo una misura – e anche allora il risultato non è determinato, ma governato da leggi probabilistiche.

Fino a questo punto, si potrebbe pensare che non ci sia nulla di troppo sconvolgente: anche in fisica classica, in molte situazioni non conosciamo esattamente lo stato di un sistema e dobbiamo effettuare misure per scoprirlo; e spesso le leggi sono di tipo probabilistico, come ad esempio nel lancio di una monetina. Ma la vera rivoluzione introdotta dalla meccanica quantistica va ben oltre.

In fisica classica, se determiniamo con precisione la posizione e la velocità di un oggetto, possiamo – almeno in linea di principio – prevederne tutta l’evoluzione futura, a patto di conoscere anche le forze che agiscono su di esso. È il caso classico del moto di un proiettile, che si studia a scuola: una volta note la velocità iniziale e l’angolo di lancio, è possibile calcolare l’intera traiettoria, l’altezza massima raggiunta e il punto in cui il proiettile cadrà a terra.

Werner Karl Heisenberg (1901-1976) – nella foto con Max Born – fu uno dei più grandi fisici teorici e fornì il suo contributo più rilevante alla teoria della struttura atomica. Nel 1925 elaborò una formulazione della meccanica quantistica denominata “meccanica delle matrici” e il suo principio di indeterminazione ebbe un ruolo importantissimo per gli sviluppi della meccanica quantistica e per il pensiero filosofico moderno. Fu insignito nel 1932 del premio Nobel per la fisica (foto Wikimedia – Willy Pragher)

In meccanica quantistica, invece, questo non è più possibile. Possiamo determinare con precisione arbitraria la posizione di una particella, oppure la sua velocità (più precisamente, la sua quantità di moto), ma non entrambe contemporaneamente. Questo è il cuore del principio di indeterminazione di Heisenberg. Se non possiamo conoscere contemporaneamente posizione e velocità, allora non possiamo prevedere con precisione il futuro moto della particella. La sua evoluzione resta intrinsecamente indeterminata.

Questa è una rottura radicale rispetto alla visione classica della fisica. Secondo la prospettiva deterministica, ben riassunta nella celebre frase attribuita a Laplace – “Se una intelligenza conoscesse tutte le forze che agiscono in natura e le posizioni e velocità di tutte le particelle dell’universo, essa potrebbe conoscere con esattezza il passato e prevedere il futuro” – l’universo era, in linea di principio, completamente prevedibile.

La meccanica quantistica smentisce questa visione. Il principio di indeterminazione introduce un limite oggettivo alla conoscenza: non è solo una questione di limiti tecnologici o cognitivi umani, ma un limite imposto dalla natura stessa. Un limite che si esprime in modo preciso attraverso una formula matematica.

Questo ha sollevato – e continua a sollevare – un ampio dibattito filosofico e scientifico. Per la prima volta nella storia della fisica, ci troviamo davanti a un confine che non riusciamo a superare: non abbiamo accesso diretto alle proprietà dei sistemi microscopici. Possiamo conoscerle solo attraverso strumenti di misura, che sono necessariamente oggetti macroscopici e complessi. Ma questi strumenti, nel processo stesso di misura, alterano l’oggetto osservato e ci restituiscono solo una rappresentazione parziale del mondo microscopico. Una rappresentazione i cui limiti sono esattamente quelli espressi dal principio di indeterminazione di Heisenberg.

Angelo Bassi

professore ordinario di Fisica Teorica al Dipartimento di Fisica

dell’Università degli Studi di Trieste

 

Foto in evidenza: Wikimedia YudDy Yu

 

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