Nel fine settimana 24-26 ottobre, nell’ambito delle celebrazioni per il Giubileo delle equipe sinodali e degli organi di partecipazione, la Chiesa italiana ha radunato i suoi delegati diocesani per la terza assemblea sinodale. Un’assemblea straordinaria perché inizialmente non prevista e perché germinazione di un atto davvero sinodale da parte della Segreteria del sinodo e della CEI, che in chiusura della seconda assemblea, pochi mesi fa, hanno scelto di accogliere il dissenso dei delegati verso il documento di sintesi allora sottoposto a votazione e trasformarlo in una felice intuizione ecclesiale.

Ecco allora passare un’estate, quella appena trascorsa, di lavoro intenso e capillare da parte del comitato, della segreteria, dei facilitatori del sinodo, per recuperare ciò che era stato potato e innestarvi i contributi delle equipe sinodali radunate nelle diverse regioni ecclesiastiche. E’ stato quindi restituito all’assemblea appena conclusa un testo pienamente rispondente al consenso raggiunto finora. Al di là dei soliti titoli “acchiappa-clic” e delle solite semplificazioni che non rendono giustizia alla complessità del risultato raggiunto, l’assemblea appena conclusasi sancisce il desiderio profondo della Chiesa italiana di mettere a frutto ciò che in questi 4 anni ha osservato, ascoltato, condiviso, ideato e sottolineato, offrendo non una “scrittura granitica”, ma “germogli”, come ha specificato Erica Tossani del Comitato Nazionale del Cammino sinodale nella sua introduzione ai lavori, evitando “semplificazioni delle complessità emerse”. Mons. Erio Castellucci, presidente del Comitato e vicepresidente della Conferenza Episcopale italiana, ha sottolineato che questi anni sinodali hanno lascito che le relazioni instaurate, a partire dagli oltre 50000 gruppi che nel primo anno si sono incontrati per lasciar emergere il sensus fidei che rivela lo Spirito, fecondassero il processo sinodale fino a renderlo un modo di essere e non più qualcosa da fare. Papa Leone, nel pomeriggio precedente durante l’incontro-dialogo con le equipe sinodali di tutto il mondo, ha condiviso che personalmente non si lascia ispirare da processi ma dalla fede e dall’entusiasmo delle persone. Entusiasmo che si è respirato per lunghi tratti in questi anni, anche se rimangono alcune criticità, alcuni temi e alcune espressioni che lasciano scontento qualcuno: l’andamento delle votazioni delle singole proposizioni ha evidenziato che non su tutto c’è unanimità e consenso. Resta però il fatto che il 95% dei votanti si è dichiarato favorevole al documento nella sua interezza, consegnando all’assemblea generale dei vescovi del prossimo novembre il compito di discutere, assumere decisioni, declinare percorsi, intraprendere azioni e indicazioni pastorali.

Il presidente della Conferenza Episcopale Italiana, il cardinale Matteo Zuppi, ha sottolineato nelle sue conclusioni che io risultato conseguito con il voto finale è stato “coraggioso”, e ci ha “protetti dall’immobilismo, dal formalismo e dall’intellettualismo che non prende sul serio il tempo” che siamo chiamati ad abitare e si fonda sul “si è sempre fatto così”.
Da oggi si chiude il tempo del cammino sinodale e si apre quello dello stile sinodale, dove siamo “invitati a riscoprire il mistero della Chiesa che non si identifica nelle gerarchie ma è segno visibile dell’unione Dio-uomo” nel radunarsi “in un’unica famiglia che diventa popolo di figli amati” dove “nessuno comanda ma tutti servono, nessuno impone le proprie idee ma tutti reciprocamente si ascoltano, tutti partecipano, nessuno ha tutta la verità ma tutti la cercano assieme” (Papa Leone, omelia del 26 ottobre a S.Pietro).

Il tempo, l’impegno, lo stile di Chiesa sinodale ci aiuteranno a propagare nelle comunità, fino alle radici da cui è salita la richiesta di ascolto e relazione, ciò che il documento realmente dice: non strappi canonici, contraddizioni dogmatiche, eresie striscianti come più di qualcuno erroneamente afferma (non avendo letto o compreso il documento), ma un richiamo costante alla corresponsabilità, all’ascolto, all’amore per Dio e per l’uomo.
Arturo Pucillo



