Nella chiesa della parrocchia della Beata Vergine Addolorata di Valmaura, gremita di persone attente in una serata di inizio inverno, ha fatto la sua riflessione mistica e profetica padre Ermes Ronchi dei Servi di Maria noto teologo e sapiente comunicatore biblico. La serata era inquadrata nella settimana della “Missione al popolo” voluta dal parroco, don Alessandro Cucuzza, e dal Consiglio pastorale e animata da fratelli e sorelle dell’Ordine Servitano, che per ben 77 anni avevano diffuso il Vangelo a Valmaura, amministrando la parrocchia fino a dieci anni fa.

Oggi ci si dispera facilmente, ha detto Ermes Ronchi, ma la speranza non sparisce mai dalla storia dell’uomo, irrorata dalla Buona Novella di Gesù, di cui Maria si fa discepola fedele e felice, perché non ha dubbi da dire o chiarimenti da chiedere, ma si fida della promessa su di lei e sul mondo, diventando grembo di Dio. Lei che era una ragazza sconosciuta di Nazareth e che ha una sola domanda da fare – come avverrà tutto questo? – perché di certo avverrà. E così diventerà la Madre della Speranza, cioè di quel sapere che l’attesa non è mai vana, perché i cieli nuovi e la terra nuova arriveranno nel tempo non programmabile, ma arriveranno, perché il mondo è immerso in un immenso parto, che richiede tempi a noi sconosciuti, ma sicuri. Da Maria sgorga una luce da cui si lascia impregnare e così nasce l’economia della piccolezza, su cui Dio posa il suo sguardo di innamorato delle sue creature, anche le più piccole. Tempi difficili quelli che attraversiamo, ma forse mai c’è stato un tempo così promettente per cambiare la Chiesa da istituzione ferma e ritualistica in comunità portatrice di gioia, come fece Maria , correndo dalla cugina Elisabetta per condividerne la gioia. Ecco perché aveva ragione padre Davide Turoldo a dire che il Dio della gioia viene ucciso spesso dalle nostre tristissime liturgie. Bisogna passare infatti dalla religione solo sacerdotale alla religione della profezia. Il nuovo non nasce dalla perfezione formalistica, ma dall’ascolto della Parola, del grido dei poveri, di quello della creazione. E qui Maria ci è maestra e profetessa, perché ascolta – ascoltare è un fatto di cuore – in modo che il nostro cuore diventi spazioso. Evitiamo di diventare sordi alla voce di Dio, perché così diventiamo muti per il mondo che non capisce più ormai certi linguaggi e certe consuetudini sacrali. Dal sacro al profano, dal centro alle periferie, il cristianesimo può ripartire dalle case che diventano chiese. Maria crede alla promessa di Dio e racconta il futuro che arriva e che avrà gli occhi di chi sa asciugare le lacrime, di chi sa perdonare, di chi sa amare. Abbiamo Dio nel sangue, ce ne dobbiamo solo accorgere.

Una settimana di crescente speranza, quindi, con i fratelli e le sorelle dei Servi di Maria nelle case del rione, dove la nota più evidente è stata la gioia di scoprirsi vicini, uniti da questa speranza, che è una virtù bambina, ma senza la quale le altre due virtù non ricevono alimento. Dio ci vuole felici e non tristi o brontoloni: se gli apriamo l’uscio di casa, ci dà la forza di vivere insieme e di attraversare anche le prove e i dolori, sempre aperti all’amore e all’essere controcorrente rispetto ai mali diffusi nel mondo.
Spontaneamente, alla fine i presenti sono andati a salutare e a ringraziare padre Ronchi e gli altri Fratelli Servi di Maria per una serata indimenticabile, finita con un pensiero e una preghiera del Vescovo Trevisi, presente fin dall’inizio e visibilmente contento di un clima così impregnato di spiritualità mariana.
Silvano Magnelli
Foto tratte dalla Pagina Facebook della Parrocchia Beata Vergine Addolorata
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