Il Giubileo nel carcere: segni di speranza che non delude

Il Vescovo e le volontarie della Comunità di Sant’Egidio hanno visitato i carcerati: piccoli doni e incontri che sospendono la rassegnazione

E così, quasi alla fine dell’anno, il Giubileo che sta per concludersi, con già le luci e il traffico natalizio nelle strade, entra anche nella nostra casa circondariale di Trieste e viene dedicato e pensato per il mondo carcerario. Papa Francesco ha voluto centrare questo lungo Giubileo sul tema intrigante e provocatorio della speranza che in un ambiente come quello detentivo sembra un paradosso. Sovraffollamento, suicidi, lentezze, disperazione, rivolte, organici di servizio sottodimensionati, sembrano disconfermare che anche al “Coroneo” – la Casa Circondariale “Ernesto Mari” di Trieste – sperare si può.

L’11 novembre gli eventi giubilari hanno preso il via con il Vescovo, monsignor Enrico Trevisi, accompagnato da padre Giovanni La Manna e Vera Pellegrino della Caritas diocesana, che cella per cella ha incontrato i detenuti per un veloce contatto con loro e per invitarli alla messa di domenica 14 dicembre. Assieme a loro, tre volontarie del gruppo “Creazioni” della Comunità di Sant’Egidio: Annapiera, Maya e Lorena hanno distribuito, prima nel settore maschile a 213 uomini detenuti e poi in quello femminile a 27 donne detenute, piccole tovagliette all’americana con annesse bustine portaposate, rilegate con allegato un messaggio di supporto ed incoraggiamento scritto a mano. 

Indimenticabile il pomeriggio lì trascorso, non solo perché le volontarie sono entrate in carcere quando già faceva buio o per i controlli rigorosissimi o i lunghi corridoi dei vari bracci scanditi da inferriate e cancelli che continuamente si aprivano e chiudevano, ma soprattutto per tutti quegli occhi avidi di incontro e presenze.

Per Maya, contenta di aver potuto fare un’esperienza del genere,

i detenuti erano più felici di vedere persone da fuori che sorpresi dell’oggetto che veniva loro consegnato; il reparto uomini dimostrava più curiosità, mentre le donne rimanevano più disinteressate; gli agenti di polizia penitenziaria molto socievoli e collaborativi si dimostravano familiari anche verso i detenuti, creando un clima di prossimità umana che chi veniva da fuori avvertiva. 

A Lorena l’esperienza di entrare nel carcere ha emozionato dall’inizio alla fine, soprattutto la vista di uomini e donne sorpresi da estranei presso le celle e grati per il piccolo regalo, tutti sorridenti e riconoscenti per il nostro essere lì e per il dono, in verità piccola cosa, ma frutto di lungo lavoro appassionato di squadra. Il fatto che tutti ringraziassero e facessero gli auguri di Natale col cuore, che gli occhi di alcuni brillassero e parlassero molto più delle parole non dette, faceva capire quanto la rassegnazione, loro compagna di viaggio per il tempo della detenzione, fosse temporaneamente sospesa da questo breve incontro.

Annapiera – che ha tagliato e assemblato per tanto tempo le 260 tovagliette destinate a questo Giubileo, aiutata dalle signore del gruppo “Penelopi” di Sistiana per la confezione delle bustine portaposate – è stata colpita da tante cose: la voglia di felicità e la giovane età di chi ha incontrato, sicuramente, ma soprattutto dal pensiero che le tovagliette che aveva cucito e avuto a casa ammonticchiate per tanti mesi adesso stavano per andare sotto il piatto di quelle persone per i loro pasti del giorno… sì questa sicuramente è stata la più forte delle emozioni che è continuata anche dopo l’ uscita dal portone principale.

Loro dentro e noi fuori…

Immaginare un futuro di libertà per loro e ringraziare per un presente di libertà per noi, essere con loro per un attimo… questa forse la traduzione della speranza che non delude, per dirla con le parole di papa Francesco.

Lorena Gozzoli

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