Eccellenza, quando ha incontrato Papa Francesco?
Ho avuto la fortuna di incontrare personalmente Papa Francesco due volte. La prima volta l’ho visto nel 2016 durante la preghiera ad Assisi. Facevo parte della delegazione del Patriarcato ecumenico e ho avuto modo proprio di stare accanto a lui anche diverse volte, per cui ho avuto la possibilità di ammirare la schiettezza, la profondità della sua spiritualità, una profonda capacità di dialogo, una condivisione di pensiero e di confronto. Ho visto soprattutto la capacità di scherzare in modo positivo anche fra le nostre differenze, fra quello che ci divide. È stata una cosa per me nuova e importante. Sono stati due giorni intensi col Papa Francesco ad Assisi e, tra l’altro, avevamo le camere a fianco. È stato davvero bello vedere non una persona lontana, ieratica (pur a suo modo era però ieratico): ma prima di tutto si abbassava a livello degli altri. Veramente la figura di un vero pastore! Questo il primo bel ricordo. Poi devo dire che dal punto di vista del confronto e della collaborazione col patriarca Bartolomeo, si andava al di là del ruolo di queste due grandi figure del cristianesimo. Francesco e Bartolomeo sono proprio due figure che vivono un modo di essere primati sicuramente diverso, ma uniti in tante situazioni da una capacità di voler testimoniare al mondo la ricchezza che proviene dal cristianesimo: non un cristianesimo al di sopra, ma un cristianesimo che sa entrare ovunque ed è una sorgente fresca che può essere motivo di unità per tanti, pur col rispetto di tutte le diverse tradizioni.
Sicuramente la seconda volta in cui lo ha incontrato è stato a Trieste.
Esattamente. La seconda volta l’ho incontrato a Trieste. È stato un bell’incontro. Quando mi ha visto, mi ha baciato l’enkolpion, la medaglia con l’icona del Cristo o della Madonna che noi vescovi indossiamo. Lo fa di solito con tutti i vescovi ortodossi: era un gesto che lui faceva con grande semplicità, ma anche con grande fede. Il suo ero uno stile molto diverso da quello di Benedetto XVI che ho avuto anche modo di incontrare. Anche in lui avevo ammirato la fede profonda, vissuta in un altro modo: un grandissimo Papa. Francesco, però, aveva una capacità tutta sua di porsi in relazione con gli altri.
Cosa può dirci di Francesco, allora? Quale la sua opinione?
Cosa posso dire di questo uomo, di questo vescovo: per noi ortodossi la sua grandezza si è vista subito fin dal primo giorno, quando lui si è definito vescovo di Roma. Anche in questi giorni lo vediamo: vuole essere nella sua diocesi. Per noi questo è un punto molto importante: come sappiamo, non è in discussione il ruolo primaziale – cioè di primus – del vescovo di Roma tra i vescovi, ma è il modo in cui intendiamo questo primato che ci differenzia. Aver avuto la capacità di sottolineare il suo essere vescovo di Roma ha avuto una grande risonanza nel mondo ortodosso.
Ne è nata anche una relazione molto intensa con il Patriarca Bartolomeo.
Si, pensiamo al ricordo dei cinquant’anni dall’incontro di Athenagoras con Paolo VI, quando insieme sono andati a Gerusalemme al Santo Sepolcro per ringraziare il Signore di questi cinquant’anni di dialogo ecumenico. Da allora, le nostre Chiese hanno iniziato un vero dialogo. Pensiamo ancora all’incontro per la pace tra Ebrei e Palestinesi tenutosi sempre a Gerusalemme, all’impegno che si sono presi assieme a Lesbo per i migranti, per i poveri. Sottolineo anche il grande contributo che Papa Francesco ha riconosciuto al patriarca Bartolomeo per la salvaguardia del creato da cui è nata anche la Laudato si e tutto quello che ne è conseguito e ne consegue.
Un impegno che sicuramente culmina in questo speciale anno anniversario!
Era in preparazione già da un paio di anni il viaggio a Nicea per i 1700 anni dal primo Concilio Ecumenico. Si trattava di un’idea che il Patriarca Bartolomeo aveva espresso a Papa Francesco già nel 2014, poco dopo la sua intronizzazione. E il Papa ci teneva molto ad andare a Nicea. Era il modo per testimoniare ancora una volta, non solo al mondo cristiano ma al mondo intero, la forza di quell’evento storico che aveva una sua valenza anche per la Chiesa di oggi. I concili non sono per una solo epoca ma sono veramente espressione dello Spirito Santo. Quel Concilio, poi, era il primo che aveva inaugurato una stagione importante nella vita della Chiesa stessa: dai sinodi locali che esistevano già a un sinodo universale, con vescovi provenienti da ogni parte dell’Impero. Era una Chiesa che rispondeva alla domanda di come porsi nel mondo, rispondendo a questioni dottrinali fondamentali. Vedremo adesso cosa succederà, ma come ha detto Bartolomeo, questo anniversario sicuramente non resterà non festeggiato.
Il Papa aveva a cuore un dialogo non solo formale, quindi…
Il Papa aveva una grande capacità di ascolto e secondo me anche una capacità di mettersi in discussione. Chi lo vedeva un vescovo un Papa non tradizionale non lo ha compreso. Direi che è stato un Papa proiettato al futuro, ma che guardava al passato. La tradizione della Chiesa non è stata abbandonata; cioè forse gli orpelli sono stati abbandonati, ma la vera tradizione della Chiesa dei primi secoli no. Qui trovava forza il suo ministero: era proprio il vescovo, quello che sta col popolo! Questo è molto, molto importante. Ci lascia una grande eredità, come la grande eredità del dialogo ecumenico. Chiunque sarà il nuovo Papa, il nuovo vescovo di Roma, credo non potrà prescindere da quello che è avvenuto in questi ultimi cinquant’anni e soprattutto in questi dodici anni di pontificato di Papa Francesco. Certamente il dialogo continua sempre tra difficoltà, dovute anche ai problemi presenti anche ultimamente nel mondo, vede le varie problematiche tra Russia e Ucraina.
Il Papa è stato un apostolo della pace, infatti.
Sicuramente. E vediamo anche oggi come talvolta non ci sia alcun rispetto, neanche della figura del Papa che nella storia è sempre stata importante. Si può non essere sempre d’accordo con le posizioni espresse, ma non si può non riconoscerne l’importanza. Le Chiese, indipendentemente da come considerino la figura del Vescovo di Roma, devono riflettere seriamente su come i grandi del mondo considerino le grandi figure spirituali. Non è stato un bell’atteggiamento quello del Governo di Israele: ciò deve farci riflettere anche sulla problematica dei cristiani in Terra Santa. Bisogna stare attenti ad un dialogo interreligioso che non deve essere di facciata, rischiando di nascondere i problemi che hanno i cristiani lì, non meno che in altri paesi magari musulmani e in altre regioni in conflitto, come nella situazione della Russia e dell’Ucraina.
Come vede il futuro del dialogo?
Il nuovo Papa non potrà prescindere dal salvaguardare il creato, dal pensare alla pace, dal salvaguardare la fede. Dobbiamo tutti avere il coraggio di essere aperti al dono dello Spirito Santo. Il rispetto è fondamentale, però molte volte è subentrata l’idea che aver rispetto per gli altri significhi negare noi stessi: è il più grande errore che possiamo fare. È un lavoro importante il dialogo tra i cristiani: le Chiese devono lavorare verso l’unità. Ciò non significa sopraffare gli altri, significa essere fratelli! Questo diceva Papa Francesco.
E Nicea!
Abbiamo appunto questo grande momento dell’incontro a Nicea. Noi speriamo, come ortodossi, che il futuro Papa sulle orme di Francesco voglia anche lui – magari più avanti – riprendere questa idea di Papa Francesco e vivere assieme al Patriarca ecumenico l’anniversario del Concilio di Nicea. Si tratta anche dell’importante tema della data della Pasqua. Francesco era molto avanti con l’idea di trovare una soluzione per la data della Pasqua. Spero che anche il nuovo Papa abbia questa sensibilità.
A cura di
don Lorenzo Magarelli

