Cinque anni fa lasciava questo mondo il Vescovo Eugenio Ravignani. Il contesto della pandemia da Covid rese impossibile celebrare i funerali con grande concorso di popolo, quel popolo che il vescovo servì in tanti anni di servizio episcopale prima a Vittorio Veneto e poi a Trieste. L’affetto, però, fu corale e la gratitudine davvero palpabile.
Vogliamo oggi ricordarlo per il bene che ha fatto nella nostra Chiesa diocesana, padre del sacerdozio di molti di noi, pastore saggio e prudente, attento ed equilibrato nell’indicare sia la necessità di un cristianesimo da vivere fuori dalla sagrestia, ma anche attento alla quotidianità della fede che si forma nella liturgia, che sempre amò e celebrò con cura, alla catechesi e alla pastorale dei ragazzi e dei giovani, per le quali era sempre presente, alla formazione degli operatori pastorali, che volle sempre tener viva).
Saggezza e carattere schivo hanno fatto apprezzare la sua paternità forse più negli anni della quiescenza che in quelli del servizio pastorale attivo, però, a suo modo, il vescovo Eugenio seppe sempre farsi presente con gesti discreti e affettuosi, mai affrettati e banali.
Venne inviato a Trieste dopo la prematura morte di mons. Lorenzo Bellomi e sedette sulla cattedra di San Giusto succedendo anche al Vescovo Santin che lo ordinò prete a Trieste nel 1955.
Il suo primo amore fu la Chiesa di Vittorio Veneto, alla quale fu mandato da San Giovanni Paolo II come giovane vescovo. Abbiamo chiesto a monsignor Riccardo Battocchio, vescovo eletto di Vittorio Veneto e presidente dell’Associazione Teologica Italiana, un ricordo del suo predecessore:
«Non ho avuto particolari occasioni di incontro personale con Mons. Eugenio Ravignani» ha detto con franchezza «ma la sua era una presenza familiare tra quanti, tra gli anni Novanta del secolo scorso e il primo decennio di questo secolo, si occupavano di teologia nel Triveneto. Ricordo il tratto signorile, la sua gentilezza e, soprattutto, la convinta fiducia con la quale ha accompagnato il percorso, non sempre facile, dell‘Istituto Superiore di Scienze Religiose delle Venezie, prima, della Facoltà Teologica del Triveneto, poi. Chi, fra i presbiteri padovani, a quei tempi era più direttamente a contatto con lui – penso al compianto don Valerio Bortolin e a don Gaudenzio Zambon – mi ha dato spesso testimonianza del prezioso sostegno che monsignor Ravignani ha dato al loro impegno nell‘organizzazione della vita accademica».

A pochi giorni dalla sua ordinazione episcopale, che avrà luogo domenica 25 maggio nella Cattedrale di Vittorio Veneto, monsignor Riccardo Battocchio ha, quindi, raccontato di come, proprio a partire dall’eredità lasciata dal Vescovo Eugenio, si stia preparando a guidare la Chiesa vittoriese: «Pensando a monsignor Eugenio Ravignani, vescovo di Vittorio Veneto per 13 anni, fino al gennaio 1997, e al fatto che tra non molti giorni inizierò il ministero di vescovo in quella stessa Chiesa, si accresce il senso di responsabilità, in particolare rispetto ai cammini formativi proposti e da proporre alle singole persone e alle comunità presenti nel territorio, in vista della comune missione: la testimonianza da rendere al Vangelo di Gesù Cristo. Mi conforta e mi dà coraggio la ricca e vivace storia della diocesi, alla quale Mons. Ravignani, i suoi predecessori e i suoi successori hanno dato decisivi contributi. Spero ovviamente di essere all’altezza del servizio ecclesiale che mi viene affidato: confido nella grazia di Dio, nell’aiuto dei confratelli vescovi, nell’eredità che ci ha lasciato Papa Francesco e nella guida di colui che fra poco sarà chiamato a servire, come vescovo di Roma, la comunione fra le Chiese e fra i vescovi».
A cura di
don Lorenzo Magarelli


