La scomparsa di Nino Benvenuti. Oltre la boxe, verso l’altro

Campione olimpico e leggenda della boxe, Nino Benvenuti ha vissuto oltre lo sport: dall’impegno con la Caritas in India all’amicizia con i suoi ex avversari.

Certo, l’icona di un periodo magico e nel contempo tragico, quello della fuga dall’Istria conquistata dalle truppe del maresciallo Tito e divenuta teatro di torture e massacri di chi aveva la colpa di essere italiano. Quegli anni Sessanta il cui inizio vide Nino Benvenuti, classe 1938, protagonista alle olimpiadi di Roma, oro per i pesi welter per poi proseguire con quello che fu chiamato il combattimento dell’anno, (1967), con un altro grande, Emile Griffith, che poi sarebbe diventato suo fraterno amico. Un combattimento che fu trasmesso solo dalla rai, in piena notte, e che ebbe poco meno di 18 milioni di ascoltatori, una cifra incredibile, non solo per quel tempo.
Quando con l’epoca Monzón finisce quella di un Benvenuti ormai trentatreenne, la vita continua, perché iniziano altre storie, quella cinematografica, quella televisiva e professionale come giornalista pubblicista, storie anche dolorose, come quella della morte del figlio Stefano che si tolse la vita a 58 anni.


Non solo riflettori sul ring e sui palcoscenici della bella vita: Nino era un uomo affascinante, sorridente, pieno anche di autoironia ed anche capace di rinascere, non solo professionalmente, perché l’antico campione un bel giorno scelse di andare con la Caritas a Madras, in India, in un centro di ricovero per lebbrosi, a contatto diretto con la sofferenza, lavando e pulendo le persone che non potevano più farlo da sole, e scoprendo una nuova vita che si rivelava al di fuori del gran teatro della celebrità con la sua essenza più vera, in quella strada tracciata da Teresa di Calcutta anni prima.
Ma Nino è stato un uomo di pace e aiuto agli altri anche all’interno di quel mondo che aveva deciso di abbandonare nel 1971. Per prima cosa infatti divenne amico dei suoi leggendari, acerrimi “nemici”, come Emile Griffith, e non solo a parole: dopo essersele suonate di santa ragione divennero fraterni amici, con Benvenuti a difenderlo a spada tratta in seguito alla confessione – scandalosa a quei tempi per un mondo fatto di “virili” scazzottature e assalti all’arma bianca – di omosessualità fatta dal pugile statunitense, originario delle isole Vergini. Non solo: quando si iniziò a manifestare il morbo di Alzheimer nel campione americano, Benvenuti si prodigò organizzando una raccolta fondi per aiutarlo e per sensibilizzare l’opinione pubblica sul dramma di questa malattia, che lo stesso pugile italiano ha sempre messo in relazione con i colpi ricevuti dai pugili durante gli incontri.


Anche quando l’altro suo avversario storico, un’autentica implacabile macchina di pugni, e che pugni, quel Monzón che aveva suonato il gong del ritiro per l’italiano, entrò in penitenziario dopo l’omicidio della moglie, Benvenuti andò a trovarlo in Argentina. La tragica scomparsa in un incidente di macchina, a 46 anni del suo un tempo nemico fece tornare in Argentina il nostro campione per portare a spalla la sua bara in un funerale seguito da oltre ventimila persone. Benvenuti ha poi contribuito alla realizzazione di un documentario sulla difficile vita del suo antico avversario.
Il suo dichiararsi cristiano, un cristiano consapevole della impermanenza del nostro qui e ora, nella speranza del dopo, ci fa capire quanto sia stata complessa la sua vita e quanto sia impossibile mettere etichette sull’esistenza, perché quella umana avventura di Nino ci ha mostrato come la boxe non sia solo violenza, ma tappa di un percorso che, oltre i guantoni, permette di vedere l’altro, l’antico avversario ora sofferente. E di stargli accanto realmente, al di là dei riflettori e dei salotti dorati.

Marco Testi (SIR)

 

5min41


Chi siamo

Portale di informazione online della Diocesi di Trieste

Iscr. al Registro della Stampa del Tribunale di Trieste
n.4/2022-3500/2022 V.G. dd.19.10.2022

Diocesi di Trieste iscritta al ROC nr. 39777


CONTATTI