Il forte legame che unisce Aquileia a Como, legate per quasi 1200 anni l’una all’altra come madre e figlia, è stato il filo conduttore che ha mosso la lectio del cardinale Oscar Cantoni, vescovo di Como, e poi la successiva omelia pronunciata nella solenne concelebrazione eucaristica nella solennità dei Santi Ermacora vescovo e Fortunato diacono, patroni di Aquileia, del Friuli Venezia Giulia e dell’arcidiocesi di Gorizia, nella basilica patriarcale di Santa Maria Assunta.
Una celebrazione alla quale, oltre all’arcivescovo metropolita di Gorizia, monsignor Carlo Redaelli e al Capitolo Metropolitano Theresiano, hanno preso parte i vescovi di Trieste, monsignor Enrico Trevisi e l’emerito monsignor Gianpaolo Crepaldi, di Udine, monsignor Riccardo Lamba, di Capodistria, Peter Štumpf, e l’arcivescovo metropolita di Lubiana, Stanislav Zore.
“Siamo accolti dai santi fondatori e patroni di questa Chiesa, i martiri Ermacora e Fortunato, primi intrepidi testimoni del Risorto. Riconoscendo la storia di santità della Chiesa di Aquileia, tra cui la testimonianza del vescovo Cromazio, li veneriamo come maestri per il loro insegnamento. Essi si presentano come modelli da imitare per la loro testimonianza di vita cristiana, e insieme come potenti intercessori, attraverso cui rivolgerci con fiducia e piena confidenza al Padre del Signore nostro Gesù Cristo”, così Cantoni nell’omelia.
“Questi grandi amici di Dio generarono nella fede tutti quei discepoli missionari che, lungo il tempo, trovarono la forza di irradiare il Vangelo in diversi popoli, lingue e culture, aiutati da un progetto mirabile della Provvidenza che rese la Chiesa di Aquileia in grado di espandere la sua presenza benefica. Il santo vescovo Ermacora e il diacono Fortunato ci invitano innanzitutto ad imitare la loro amicizia con il Signore Gesù. È Il segreto che caratterizza tutti i Santi”, ha proseguito il cardinale.
Ampio il pensiero sugli “amici del Signore” che ci hanno “preceduto nel cammino della fede, ci ha rivelato come la sua stessa esistenza sia stata determinata e insieme illuminata dalla grazia della fede battesimale, che gli ha permesso di vivere la propria vita in una prospettiva nuova, assumendosi coerenti responsabilità, senza indugi”.
“E così anche noi oggi, sostenuti dal loro esempio, siamo stimolati a domandarci come la nostra fede in Cristo continui ad illuminare, dentro il nostro contesto di vita, le nostre attività quotidiane, come il vangelo di Gesù sia entrato a far parte del nostro patrimonio personale in modo stabile, così che ogni nostra scelta sia riflesso della parola evangelica. Diversamente la nostra fede rischierebbe di diventare disincarnata”, ha ribadito il vescovo.
Nell’insegnamento di Pietro, che aveva conosciuto e sperimentato l’amore del Padre e non è mai venuto meno nei suoi confronti e così è messo in grado di servire i suoi fratelli, offrendo pienamente la sua vita, “anche noi, come ci insegna oggi papa Leone, vogliamo essere persone capaci di donare la nostra vita per il gregge, senza farci padroni delle persone a noi affidate, ma servendole con tutta umiltà e camminando con loro”.
Tra i concelebranti, in un sabato che riprendeva il caldo estivo, anche vari sacerdoti dall’arcidiocesi di Udine, da quella di Trieste e dalla vicina Capodistria mentre a curare il servizio sono stati i seminaristi del seminario di Gorizia, Udine e Trieste. Una celebrazione preceduta dal gioioso scampanio dei Campanari del Goriziano, presenti con una squadra mista e giovane, e accompagnata dal coro diocesano diretto da don Francesco Fragiacomo.
Ivan Bianchi
foto di Ivan Bianchi