Memoria del Beato Bonifacio: fede, tribolazione e speranza nella Cattedrale di San Giusto

Martedì 8 settembre, alle ore 18.00, la Cattedrale di San Giusto ha accolto una celebrazione intensa e partecipata: la Santa Messa in memoria del Beato Francesco Bonifacio, martire ucciso “in odium fidei” a Crassiza l’11 settembre 1946. A presiedere il rito è stato il Vescovo Enrico, affiancato da cinque presbiteri, in un clima di raccoglimento e profonda devozione.

Una comunità raccolta attorno al martire

La celebrazione ha visto una folta presenza di fedeli: tra loro i familiari del Beato, membri dell’Azione Cattolica — di cui don Francesco fu assistente spirituale — e i devoti del gruppo “Amici del Beato Bonifacio”, che mensilmente si ritrovano per pregare e custodire la memoria del martire istriano.

Tribolazione e speranza: il cuore dell’omelia

Il Vescovo Enrico ha aperto l’omelia citando la Prima Lettura (Rm 5, 1-5), soffermandosi sul passaggio che recita: “La tribolazione produce pazienza, la pazienza una virtù provata e la virtù provata la speranza”. Parole che hanno fatto da filo conduttore a una riflessione profonda sulle ferite del mondo contemporaneo: guerre, migrazioni, persecuzioni. Come quella vissuta da un giovane cattolico pakistano incontrato dal Vescovo nella struttura di accoglienza “Spazio 11”, fuggito dal suo Paese per paura di essere perseguitato a causa della fede.

Il Vangelo e l’attualità del martirio

Ricollegandosi al Vangelo del giorno (Mt 10, 17-22), il Vescovo ha evidenziato come la vita del discepolo sia segnata da prove e rifiuti. Un tema che don Francesco stesso aveva affrontato nella sua omelia del 17 maggio 1943, evocando la figura di San Giuseppe che, a Betlemme, cerca invano un alloggio per la sua famiglia. Una scena che si ripete oggi, ha ricordato il Vescovo, nel dormitorio di Sant’Anastasio, dove trovano rifugio per una notte famiglie con bambini che altrimenti dormirebbero in strada.

Il cuore che tante volte non trova spazio per Cristo

La riflessione si è poi spostata sul cuore dell’uomo, spesso affollato da vizi e ricchezze mondane, ma incapace di aprirsi alla grazia di Cristo. “Aprire il cuore — ha detto il Vescovo — non significa solo fare volontariato, ma adottare uno stile di incontro, di accoglienza, di amore verso ogni persona che incrociamo nella nostra vita”.

Testimoni di una fede che ama fino alla fine

La celebrazione si è conclusa con un invito forte e chiaro: seguire l’esempio del Beato Bonifacio e dei martiri della Chiesa triestina, imparando ad amare fino alla fine, anche nelle tribolazioni. Perché è proprio nella prova che la fede si fa speranza e l’amore si fa testimonianza.

Erik Moratto

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