Il prezzo invisibile. I bambini dormono meno, si muovono meno, parlano meno. E, soprattutto, sono più ansiosi e soli. È il prezzo invisibile di una vita digitale che entra troppo presto nelle loro giornate. Le ricerche più recenti lo dimostrano con dati concreti: bastano 30 minuti in più al giorno di esposizione agli schermi per raddoppiare il rischio di ritardo del linguaggio nei piccoli sotto i due anni. Nei bambini tra i 3 e i 5 anni, ogni ora aggiuntiva di schermo riduce il sonno di circa 15 minuti. E già tra i 3 e i 6 anni, oltre 50 minuti quotidiani di dispositivi si associano a un rischio maggiore di ipertensione e sovrappeso. Per questo, alla vigilia della Giornata mondiale del bambino e dell’adolescente (20 novembre), la Società italiana di pediatria (Sip) torna a lanciare un monito forte e chiaro. In occasione degli Stati generali della pediatria 2025, dedicati al tema “Il bambino digitale”, la Commissione sulle dipendenze digitali della società scientifica ha presentato il 19 novembre a Roma, presso il Senato, nuove raccomandazioni e dati aggiornati. Istituzioni, pediatri, psicologi, media e rappresentanti delle piattaforme digitali per riflettere su rischi e opportunità della crescita nell’era del digitale e dell’intelligenza artificiale. “L’esperienza della pandemia da Covid-19 ha aumentato in modo significativo l’esposizione dei minori agli schermi – ha spiegato il presidente Sip Rino Agostiniani – con un tempo medio giornaliero cresciuto di 4–6 ore, raddoppiato rispetto ai livelli pre-pandemici. Questo cambiamento ha reso ancora più necessario un aggiornamento delle precedenti raccomandazioni.

I rischi per la salute. Gli effetti dell’eccesso di schermi sono molteplici e toccano diversi ambiti dello sviluppo. Anzitutto obesità e sedentarietà: oltre due ore al giorno di schermo aumentano del 67% il rischio di sovrappeso negli adolescenti, anche a causa del marketing alimentare digitale. Ma l’esposizione precoce al digitale interferisce anche con sviluppo cognitivo, linguaggio e apprendimento.
Studi di neuroimaging mostrano modifiche nelle aree cerebrali legate all’attenzione.
Poi il sonno: l’89% degli adolescenti dorme con il cellulare in camera, con conseguente deprivazione cronica. In termini di salute mentale, ansia, sintomi depressivi e bassa autostima sono correlati a un uso intensivo dei dispositivi. Le ragazze risultano più vulnerabili al confronto sociale e al “Fear of Missing Out”. Ulteriori rischi sono le dipendenze digitali: l’Internet Gaming Disorder colpisce fino al 10,7% dei giovani; l’uso problematico dello smartphone riguarda fino al 20%, con alterazioni cerebrali simili a quelle da nicotina; la salute visiva: aumentano miopia precoce, secchezza oculare e affaticamento visivo; il cyberbullismo in crescita tra i 10 e i 13 anni (+26%), le cui vittime hanno un rischio triplo di ideazione suicidaria. Infine la sessualità online:
“l’esposizione precoce alla pornografia – spiegano gli esperti – si associa a comportamenti sessuali a rischio e a disagio emotivo”.
Le nuove raccomandazioni. Gli esperti delineano un percorso educativo condiviso – “le 7 P che aiutano a crescere” – per famiglie, scuole e professionisti. In estrema sintesi, le linee guida aggiornate prevedono anzitutto
nessun accesso non supervisionato a Internet prima dei 13 anni e il rinvio dell’introduzione dello smartphone personale almeno fino alla stessa età.
Ritardare il più possibile l’uso dei social media, anche se consentiti per legge; evitare dispositivi durante i pasti e prima di dormire; incentivare attività all’aperto, sport, lettura e gioco creativo; mantenere supervisione e dialogo costante tra genitori e figli; promuovere a scuola un’educazione digitale consapevole le ulteriori indicazioni. Confermate le raccomandazioni già fissate nel 2018: niente dispositivi sotto i 2 anni; massimo un’ora al giorno tra i 2 e i 5 anni; massimo due ore dopo i 5 anni, sempre sotto controllo adulto.

Bisogno di tempo, non di schermi. “L’età pediatrica è una fase di straordinaria vulnerabilità e crescita: il cervello continua a formarsi e a riorganizzarsi per tutta l’infanzia e l’adolescenza”, precisa Agostiniani. “Una stimolazione digitale precoce e prolungata può alterare attenzione, apprendimento e regolazione emotiva. Posticipare l’accesso autonomo a Internet e l’età del primo smartphone almeno fino ai 13 anni è un investimento in salute, equilibrio e relazioni.
Dobbiamo restituire ai bambini tempo per annoiarsi, per muoversi, per giocare e per dormire.
La presenza e l’esempio degli adulti restano la prima forma di prevenzione digitale”.
Meno smartphone, più esperienze reali. “Nei bambini sotto i 13 anni l’eccesso di schermi è associato a ritardi del linguaggio, calo dell’attenzione e peggioramento del sonno – gli fa eco Elena Bozzola, coordinatrice Commissione dipendenze digitali Sip, commehntando le raccomandazioni -. Negli adolescenti vediamo crescere ansia, isolamento, dipendenza dai social e perdita di autostima”. Ogni ora passata davanti a uno schermo “è un’ora sottratta al gioco, allo sport, alla creatività.
Non serve demonizzare la tecnologia, ma insegnare a usarla con misura e consapevolezza”,
conclude l’esperta.
La sfida educativa. La sfida, dunque, non è eliminare la tecnologia, bensì insegnare a gestirla con equilibrio. E se il digitale è ormai parte integrante della vita quotidiana, è importante sapere che la sua introduzione precoce rischia di compromettere lo sviluppo armonico dei bambini. Per questo, ogni ora sottratta agli schermi è un investimento prezioso per la crescita sana delle nuove generazioni.
Giovanna Pasqualin Traversa
Foto in evidenza: Sip/SIR



