“Libertà e dipendenza: quali intrecci?”, tra mito e realtà

Nel secondo incontro Uciim rivolto ai genitori, la psicoterapeuta Martina Zaccariotto ha tracciato un percorso dal mito alla realtà di oggi su questi temi

Quali i confini e le relazioni tra la libertà e la dipendenza? Termini opposti solo all’apparenza, in realtà più intrecciate di quanto non sembri.
La relatrice inizia con un mito: quello di Eco e Narciso. Che accade quando una relazione nasce su basi sbagliate? Tra libertà e dipendenza esistono equilibri molto delicati e fragili, dove entrambe possono sfociare nella parte patologica di se stesse oppure evolvere in modo costruttivo. Tra libertà e dipendenza non esistono buoni e cattivi, perché entrambe fanno parte della nostra vita e di entrambe abbiamo bisogno per essere persone autentiche
Nella vita quotidiana il nostro primo esempio di relazione è una dipendenza: quella del bambino verso la madre. Una dipendenza sana, senza la quale il piccolo morirebbe. Poi, pian piano, il bambino capisce di non essere un tutt’uno con la madre, quando lei non risponde subito ai suoi richiami: allora – non senza qualche pianto e qualche capriccio – è costretto a crescere e a capire che lui e la madre sono due persone diverse. Ecco qui l’importanza di una madre forte ed equilibrata, capace di dilazionare le sue risposte alle richieste del figlio: se non lo fa, se accorre prontamente e ad oltranza ad ogni richiamo, condanna il piccolo a un’eterna dipendenza, non gli permette di crescere e di diventare autonomo. Qui le maestre degli asili nido e delle scuole dell’infanzia potrebbero avere un’enciclopedia di aneddoti da raccontare.
Quindi il bambino cresce e diventa ragazzo: ora i suoi punti di riferimento non sono più i genitori, ma i suoi pari, nei quali si vuole specchiare e dai quali vuole essere approvato. È una fase di passaggio necessaria, come lo è il narcisismo all’inizio: uno deve prima capire e osservare se stesso, per poi potersi relazionare con gli altri senza perdersi e annullarsi in loro. Osservati con un certo distacco, gli adolescenti fanno quasi tenerezza: forti come tigri nell’opporsi ai genitori, docili agnellini con i pari. È un periodo che passa, che deve passare, perché l’età adulta, invece, richiede piena autonomia.
Ma se questo passaggio non viene gestito bene, i ragazzi rischiano di fare la fine di Eco: essere solo come gli altri vogliono. Ecco in agguato le relazioni patologiche, dove “a lei” deve piacere per forza solo ciò che piace “a lui” oppure dove “lei” deve essere per forza l’ombra della bellissima e perfetta amica del cuore.
La libertà, invece, è tutt’altro: poter scegliere senza costrizioni, poter essere ciò che si è.
Già, ma come? E, soprattutto, come la mettiamo con i limiti? È vecchia come il mondo la frase: “la mia libertà finisce dove inizia quella dell’altro”. Non esiste libertà senza diritto e viceversa, nessun diritto ha la garanzia di venir rispettato senza la libertà. Un gioco di corrispondenze biunivoche, direbbero i docenti di matematica.
Volendo utilizzare una similitudine, la libertà può essere paragonata a una stradina di campagna delimitata ai lati da due muretti, quelli solitamente eretti per arginare le proprietà agricole. La si può percorrere al centro, sul lato destro oppure su quello sinistro, ma si sa che la strada è quella; si può oscillare, ma non si finisce fuori strada. I muretti non sono alti, li si possono anche oltrepassare, per la gioia dei trasgressivi: ma, una volta passata l’euforia per la ragazzata, si sa anche dove poter rientrare, perché la strada c’è.
E se invece i muretti non ci fossero e la strada neppure? Aperta campagna, tutta uguale: grande senso di libertà e onnipotenza all’inizio, smarrimento, ansia, forse panico poi, perché una siffatta libertà non è sana. È illusorio quel delirio di onnipotenza, con il quale alcuni modelli sociali ci vorrebbero abbindolare: puoi essere ciò che vuoi, puoi fare ciò che vuoi. Quante finte libertà! E quanto difficile è riconoscere quelle vere. Per imparare, c’è bisogno anche della sconfitta, della frustrazione, di quel sano senso del limite che fa crescere. Eppure quanta paura c’è oggi, nel mondo dell’educazione, di porre limiti e regole, come se fossero dei nemici: ma i ragazzi quei limiti li cercano e, se non li trovano, stanno male. Spesso capiscono da soli che, se vogliono seguire bene le lezioni o studiare in modo proficuo a casa, il cellulare deve essere lontano.
Ma c’è anche un altro aspetto della libertà, quello che di solito piace di meno: la responsabilità. Sono molti, dice Freud ne Il disagio della civiltà, coloro che non vogliono la libertà proprio perché hanno paura della responsabilità. Se resto nella mia comfort zone, non rischio niente; se mi metto in gioco, non so come andranno le cose.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) definisce l’uomo come un essere bio-psico-sociale: questo vuol dire che abbiamo un patrimonio genetico che ci identifica e ci limita, anche se non vogliamo ma vuol anche dire che, per stare bene, dobbiamo vivere in una forma di società. Ecco allora l’equilibrio tra libertà e dipendenza: se non so qualcosa, incontro un maestro che mi insegna; se sto male, cerco un medico che mi curi; so che posso condividere momenti belli con parenti e amici; so che, in caso di necessità, mi posso appoggiare a qualcuno e altri si possono appoggiare a me. Piccole dipendenze sane, che fanno star bene.
Il pediatra Winnicott affermava che la sfida di tutti gli umani è attraversare le dipendenze per giungere all’autonomia; tuttavia con le dipendenze avremo sempre a che fare, perché fanno parte delle relazioni.
E se sostituissimo la parola “dipendenza”, indubbiamente ambigua, con “impegno”? Avere una relazione affettiva è un impegno; crescere dei figli è un impegno; tenere un animale è un impegno. Fatiche, rinunce, ma anche quanta gioia e soddisfazione! Si può rinunciare a tutto questo in nome di un’autarchia che ci dà l’illusione di essere liberi, ma quanto vuota diventa la nostra vita.
Tra libertà e dipendenza, che sembrano degli assoluti, c’è una parola magica che si chiama flessibilità: è lei che ci permette di distinguere le relazioni sane da quelle patologiche e la libertà vera da quella illusoria o delirante. Nasciamo dipendenti, cresciamo diventando liberi, viviamo in relazione con altri come noi: solo un sano equilibrio delle parti ci salverà da pericolose derive in un senso o nell’altro.
Eco e Narciso sono solo un mito ma, come tutti i miti, riflettono domande e problemi archetipi per tutta l’umanità. È sbagliato specchiarsi solo in se stessi, come fanno Eco con le proprie parole e Narciso con la propria immagine; ma è altrettanto errato annullarsi nell’altro, come fa Eco poi ripetendo le parole altrui. Il segreto sta nella mediazione e negli equilibri: ci sono io, ma esistono anche gli altri; contano gli altri, ma ha diritto di parola anche la mia voce.
Io-tu-lui-lei-noi-voi-loro, tutti insieme, dove non esiste l’uno senza l’altro: i pronomi personali, in questo caso, non sono soltanto un capitolo della grammatica.

Iris Zocchelli

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