«La vita dei nostri giovani è davvero sempre un dono, e ciascuna vocazione ha le sue specificità». Ad affermarlo è don Daniele Antonello, rettore del Seminario interdiocesano di Gorizia, Trieste e Udine.
«Attualmente – prosegue il rettore – i ventitré giovani presenti in Seminario hanno provenienze molto diverse, così come differenti sono le loro esperienze passate: alcuni sono entrati subito dopo le scuole superiori, altri dopo una laurea triennale o magistrale, altri ancora dopo alcuni anni di lavoro. Non sappiamo quando il Signore chiama, né quando un giovane sarà pronto a rispondere. Direi che, in questo senso, la vita è un mistero insondabile. Ciò che li accomuna è il desiderio di mettere al centro della propria vita Cristo e di lasciare che sia Lui a fargli intuire se davvero questa è la strada attraverso cui donare tutta la vita per amore».
Come si fa ad intuire se questa è davvero è la strada?
«I primi anni di Seminario servono proprio a questo! In particolare, l’anno propedeutico e i primi due anni sono anni di cosiddetto “discernimento”. Entrare con maggiore regolarità nella dimensione della preghiera — comunitaria e personale — meditare ogni giorno la Parola di Dio lasciandosi interpellare da essa, celebrare l’Eucaristia quotidiana per percepire quanto il Signore ci ama, maturare umanamente nelle relazioni attraverso la vita comunitaria e parrocchiale, dare ragione della propria fede mediante il percorso accademico in teologia, immergersi nella vita pastorale delle parrocchie (soprattutto nella catechesi, negli oratori e nella liturgia), fare esperienze di servizio e di carità… sono tutte dimensioni che, nella loro globalità, interrogano il giovane che entra in seminario. E pian piano lo aiutano a capire se questa è davvero la strada».
E prima del Seminario quali percorsi ci sono per decifrare la propria vocazione?
«Chi decide di entrare in Seminario ha già compiuto un passo importante. Prima di questo “tuffo” totale, però, ci sono altre esperienze utili. Il servizio della Pastorale vocazionale propone degli itinerari per entrare in maggiore confidenza con il Signore Gesù. Penso al percorso “Seguimi”, in cui il Seminario apre le proprie porte ai giovani che desiderano capire meglio la propria vocazione, offrendo lectio divina (commento al Vangelo della domenica, adorazione eucaristica, preghiera dei vespri) e una cena fraterna. Ma penso anche alla nuova proposta di ritiri ed esercizi spirituali per giovani universitari e lavoratori: è una novità di quest’anno, realizzata in collaborazione con le diocesi sorelle di Gorizia e Trieste. Resta il fatto che solo il Signore Gesù può aprire il cuore dei giovani e lanciare degli “indizi di luce” che irraggiano tutta la loro vita. Per questo, oltre alla preghiera, è importante che il giovane che percepisce una chiamata possa affidarsi a una guida spirituale che lo accompagni nei moti dell’anima».
Quanto importante è la comunità cristiana in tutto questo?
«Direi che è fondamentale: la chiamata al sacerdozio non è mai un fatto esclusivamente personale! Alle spalle c’è sempre un’esperienza comunitaria, vissuta in parrocchia, in un servizio caritativo o all’interno di movimenti o associazioni ecclesiali. A questo si aggiungono l’esempio e la testimonianza di vita di altre persone, che spesso affascinano o confermano il cammino: non è un caso se tutti i seminaristi riconoscono almeno un sacerdote come proprio esempio o guida. È sempre dentro l’esperienza comunitaria – e quindi dentro la Chiesa – che il Signore fa intuire a ciascuno qual è il proprio posto nel mondo secondo le prospettive del Vangelo».
Quando poi un seminarista arriva all’ordinazione…
«È una gioia per tutti! Per noi comunità del Seminario è bellissimo vedere il cammino di crescita di un giovane che arriva alla tappa fondamentale dell’ordinazione. Ma credo sia un dono speciale soprattutto per le comunità di origine e di servizio. Penso ad esempio alle ordinazioni sacerdotali di don Manuel e di don Luigino che si sono tenute domenica 23 novembre nella solennità di Cristo Re”. Anche attraverso questi momenti di festa diocesana il Signore si rende presente e fa vedere la bellezza della Chiesa, ciascuno secondo il proprio stato di vita, tutti al servizio nell’amore gli uni per gli altri».
Articolo tratto dall’inserto sul Seminario de “La Vita Cattolica”
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