Il Circolo della Stampa ha ospitato il 23 ottobre un incontro, moderato dal suo presidente, dott. Pierluigi Sabatti, per ravvivare la memoria di mons. Marcello Labor, nel 70° anniversario della morte. Ha introdotto la serata mons. Enrico Trevisi, vescovo di Trieste, che ha osservato come
mons. Marcello Labor ci ha lasciato la testimonianza straordinaria di un uomo in cammino, che ci suggerisce di non sentirci mai sazi, di coltivare un’inquietudine spirituale, per rimettersi in gioco. Egli è stato sposo e padre, medico e sacerdote, ha saputo essere un prete di riferimento per tanti. Sentiamoci chiamati a preservare la memoria di quanti hanno affrontato tempi segnati da vicende drammatiche, per guardare con fiducia al presente ed edificare con speranza il nostro avvenire.
È seguito il contributo del presidente dell’Associazione “Siloe – Amici di Marcello Labor”, Luca Bellani, che ha tracciato un breve ma intenso profilo biografico di questo venerabile servo di Dio.
Marcello Labor è nato a Trieste l’8 luglio 1890, fu medico, marito esemplare e padre di famiglia. Rimasto vedovo, fu ordinato sacerdote il 21 settembre 1940: divenne rettore del Seminario diocesano e parroco della Cattedrale di San Giusto a Trieste. Morì il 29 settembre 1954.
Bellani, che è subentrato al padre Guerrino nella guida dell’Associazione Siloe, ha rivolto un invito a partecipare alla diffusione della memoria di monsignor Labor, affidandone la preziosa eredità spirituale alle nuove generazioni. Il Venerabile Servo di Dio Marcello Labor ha testimoniato un’appassionata fedeltà alla vita, nella molteplicità dei suoi ruoli e delle funzioni svolte, caratterizzata da una costante esortazione alla gioia, nonostante gli eventi drammatici ed i lutti familiari che ha dovuto affrontare.
Scrive nel suo diario:
Gesù vuole che viviamo nella gioia dei cuori.
Un animo lieto, capace di attraversare i tragici eventi storici del suo tempo con uno spirito sobrio e umile, come annoterà alla vigilia della sua ordinazione sacerdotale:
Perdere il fascino di medico, non essere più nemmeno ascoltati per la propria esperienza. Perdere l’amicizia che conforta e ridivenire cellula ignota. Perdere patria, raggruppamento umano, posto sociale. Care umiliazioni, che Dio mi porge e per cui lo ringrazio, sicuro della sua presenza e del suo amore.
A ricordo della sua ordinazione presbiterale, don Marcello volle riprodurre un’immagine del celebre dipinto del Caravaggio, che ritrae la scena evangelica della vocazione di Matteo: in quello sguardo amorevole che Gesù rivolge al pubblicano, possiamo cogliere la meraviglia e la grazia del nostro incontro personale con Cristo, del mistero di una felice contaminazione tra la misericordia divina e la miseria umana.
Il segreto della stupefacente serenità e fortezza d’animo di mons. Marcello Labor risiede nell’aver aperto il proprio cuore all’amore infinito e incondizionato di Dio, che ci accoglie così come siamo, per testimoniare nel vicendevole amore la possibilità di una vita nuova nello Spirito, verso un orizzonte di felicità condivisa.
La sua giornata terrena si concluse a 64 anni, quando Marcello Labor verrà stroncato da un infarto, da lui stesso diagnosticato. Sarà sepolto, secondo le sue disposizioni,
povero e nudo. Povero, poiché quanto mi si trova indosso o intorno appartiene alla Chiesa; nudo, ossia solo con la mia amata veste talare, senza insegne, berretti o paramenti. Mi sento tanto povero davanti a Dio.
L’editto con cui si avvia la sua causa di beatificazione del servo di Dio è stato pubblicato il 26 maggio 1996 dal vescovo di Trieste, Lorenzo Bellomi. L’inchiesta diocesana, seguita da mons. Vittorio Cian nel suo mandato di postulatore, è stata inviata alla Congregazione per le Cause dei Santi in Vaticano l’11 giugno 2000, dal vescovo di Trieste, Eugenio Ravignani.
Il Servo di Dio Marcello Labor è stato dichiarato Venerabile da papa Francesco, con decreto del 5 giugno 2015.
Volgendo lo sguardo alle vicissitudini e al pensiero di quest’uomo, che ha vissuto in circostanze drammatiche una storia personale così singolare e complessa, si potrebbe dire che egli si sia speso per i bisogni altrui ben più di quanto le avversità e le persecuzioni possono avergli tolto, senza dimenticare coloro che lo avevano condannato all’oblio. La sua luminosa memoria resti in benedizione per i molti che egli ha desiderato amare, con l’arte letteraria, capace di esprimere una parola che salva, con la sua dedizione ai malati, con la sua paternità di sposo e di sacerdote. Il giorno che indossò per la prima volta la tonaca, Marcello Labor scrisse questa nota:
Dio mio, come ti sei abbassato fino a me. Tu hai voluto che non andassi perduto. Solo Tu hai voluto ridarmi una nuova famiglia, una nuova patria; e mi hai aiutato accogliendo le preghiere di quanti mi vollero sorreggere.
Nel trigesimo della sua morte, un alunno del Seminario scrisse: “Bastava, nei momenti tristi, incontrare il suo sorriso per sentirsi rianimati; nei momenti oscuri bastava sentire la sua parola che ridava sicurezza e serenità. Lo ricordiamo con cuore commosso e grato; a Dio, della cui visione egli certamente gioisce, chiediamo di mantenere in noi vivo il ricordo del suo cuore”.
Facciamo nostro l’auspicio che traspare dalle espressioni di affetto e di venerazione espresse dal vescovo Antonio Santin, nel comporre il profilo biografico di Marcello Labor: “Conosco il valore del termine se dico con piena convinzione che era morto un sacerdote santo”.
don Manfredi Poillucci
Foto della conferenza di Alessandro Sinico