Cantiere sinodale “La liturgia delle esequie e l’annuncio pasquale”

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Lavori in corso nel Cantiere aperto da gennaio per stare accanto alle persone, trovare le energie per condividere i giorni del lutto perché si aprano alla speranza.

“Una Chiesa missionaria che vuole stare accanto alle persone deve trovare le energie per condividere i giorni del lutto perché si aprano alla speranza; e perché siano già giorni di comunione tra i fratelli nella fede. Non possiamo accontentarci nel dire: ‘qui a Trieste si è sempre fatto così’ ”.

Potremmo prendere queste parole, tratte dalla Lettera pastorale del vescovo Enrico Io sono con te, come l’orizzonte in cui sta operando il Cantiere sinodale La liturgia delle esequie e l’annuncio pasquale.

Dalla prima frase della citazione nasce l’impegno di cogliere le mute domande e la riflessione sul morire che sorgono in questo tempo di post-cristianità. Sono essenzialmente le domande radicali di senso che rischiano di travolgere e annichilire i familiari e gli amici del defunto; sono anche “mute”, forse mai affrontate in precedenza o mai verbalizzate. Come la comunità cristiana può rispondere? È questo il percorso del primo dei tre gruppi in cui il Cantiere sinodale si articola.

Ci siamo dati questa modalità, ritenendola efficiente e fruttuosa: operiamo divisi per gruppi tematici e poi, periodicamente, ci ritroviamo insieme per condividere e discutere il lavoro svolto.

Dal primo gruppo, quello sulle “mute domande”, emerge chiara la convinzione che, se la comunità dei credenti dovrebbe farle esprimere e rispondervi con accoglienza e prossimità caritatevole, condividendo con delicatezza il dolore e il ricordo di chi soffre, il “cosa” rispondere è senza dubbio la Parola (più che le nostre parole), l’annuncio pasquale appunto. E la Parola di Dio è al centro di ogni celebrazione.

Per questo il secondo gruppo tematico del Cantiere sta lavorando propriamente sulle “liturgie esequiali”. A Trieste molto diffuse sono soprattutto quelle nella cappella del cimitero, più che in parrocchia. La rapida successione di queste celebrazioni, presiedute dal prete o diacono di turno che solitamente non conosce né il defunto né i suoi familiari, rischiano di essere standardizzate e distanti, raramente testimonianza della bellezza della fede e della speranza nella risurrezione. Perciò questo gruppo di lavoro ha preparato una dozzina di schede, di facile e immediata consultazione, dedicate alle situazioni più frequenti: le esequie per un bambino piccolo, un giovane, una madre, un anziano morto in una casa di riposo… Vogliamo iniziare così: avvicinando le celebrazioni esequiali alla vita e alle esperienze del defunto e della sua famiglia. Se questo sussidio si rivelerà utile, potrà essere arricchito da ulteriori situazioni suggerite al Cantiere sinodale anche da chi presiede le liturgie.

C’è infine un aspetto logistico e molto pratico, ma non meno determinante: il “rapporto con le istituzioni civili, le imprese di onoranze funebri e ACEGAS”. Qui sono molte le questioni aperte: il tempo di durata delle esequie, i tempi di attesa, la tabella oraria, le offerte per il Vicariato di Sant’Anna e per la parrocchia del defunto… La delicatezza di questo ambito è essenzialmente dovuta al fatto che la Chiesa locale si trova a dover dialogare e collaborare con istituzioni civili, spesso con linguaggi e sensibilità diverse. Ma è chiara la consapevolezza che bisogna, gradualmente, cambiare.

Il Cantiere è aperto da gennaio e continua a lavorare.

La dinamica sinodale proposta dal Comitato mondiale del Sinodo e ripresa dai Lineamenta della CEI è particolare: riprende le tappe del discernimento di origine monastica e le rivede in linguaggio moderno. Il nostro cantiere ha iniziato a lavorare con questo metodo, anche se con difficoltà. Poi forse ha prevalso l’efficientismo e l’accentramento, e a tratti un certo clericalismo, a beneficio di un percorso più rapido. Si rischia di ricadere nelle modalità delle passate “commissioni” per produrre al più presto qualcosa… Resta quindi sullo sfondo la questione dell’assorbire la mentalità sinodale e la difficoltà nel comprendere che il primo frutto di un sinodo è il sinodo stesso: il ritrovarsi e discernere alla luce dello Spirito, accogliendosi reciprocamente e vagliando ogni contributo, indipendentemente dai vari servizi o ministeri che ognuno svolge. Siamo in cammino, appunto.

Michela Brundu

Foto di Dorothée QUENNESSON da Pixabay


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