Giubileo del mondo del volontariato

Alcune immagini e il testo dell'omelia del Vescovo per la Santa Messa di domenica 9 marzo in occasione del Giubileo del mondo del volontariato.

Domenica 9 marzo, nella Cattedrale di San Giusto è stato celebrato il Giubileo del mondo del Volontariato.

Alla presenza di numerose persone, rappresentanti del variegato mondo del volontariato a Trieste, il Vescovo mons. Enrico Trevisi ha presieduto la Santa Messa. Ne riportiamo qui di seguito il testo integrale dell’omelia e alcune immagini della celebrazione.

 


 

Giubileo del mondo del volontariato
✠ Enrico Trevisi
San Giusto, 9 marzo 2025

 

Cari fratelli e sorelle, amati fratelli e sorelle: Ljubljeni bratje in sestre

“Il Signore ascoltò la nostra voce, vide la nostra umiliazione, la nostra miseria e la nostra oppressione…” (Dt 26,4-10). Nel cammino della libertà poi Dio offre la sua Parola, i suoi comandi, come un sentiero per non ricadere nella schiavitù. “Io pongo oggi davanti a te la vita e il bene, la morte e il male. Oggi, perciò, io ti comando di amare il Signore, tuo Dio, di camminare per le sue vie, di osservare i suoi comandi, le sue leggi e le sue norme…” (Dt 30,15ss).

Il volontario, nel suo darsi agli altri, nel suo partecipare alla costruzione del bene comune, ha la presunzione di aver capito qualcosa delle leggi di Dio, delle sue vie, dei suoi comandi. Si tratta di scegliere una vita in cui donarsi: dare il proprio tempo (oltre che le proprie competenze) è segno del donare se stessi. Non è come sul lavoro, in cui uno vende il suo tempo in cambio dello stipendio (ecco che parliamo ad esempio di paga oraria). Nel linguaggio del Vangelo si arriva a pronunciare l’estremo: “il perdere la vita”. È un amare fino a perdere la vita e in questo modo essa viene salvata, riscattata.

Il volontario vive quello che papa Francesco – lo ricordiamo e preghiamo per lui – ci ha detto qui a Trieste: “La fraternità fa fiorire i rapporti sociali; e d’altra parte il prendersi cura gli uni degli altri richiede il coraggio di pensarsi come popolo. Ci vuole coraggio per pensarsi come popolo e non come io o il mio clan, la mia famiglia, i miei amici” (7 luglio 2024).

Per sconfiggere l’indifferenza, che è il cancro della democrazia – ci ricordava sempre il Papa – occorre avere passione per il bene comune. E il bene comune va declinato in tutte le dimensioni: il bene comune dell’intera famiglia umana, come già diceva san Giovanni XXIII.

In questo tempo in cui sembra prevalere la prepotenza, la violenza, l’egoismo, l’indifferenza – e questo senza nessun pudore, anche da parte di tanti leader politici autocrati – noi siamo chiamati a guardare con meraviglia al nostro popolo, in cui fioriscono una miriade di associazioni e gruppi e individui che praticano la gratuità del bene, lo scandalo del dare la vita facendo del bene. Sto parlando dei tanti volontari che mostrano che prendersi cura della persona fragile, prendersi cura della propria città, prendersi cura di spargere cultura e bellezza, prendersi cura del bene comune comporta certo sacrifici e scelte impegnative, ma ha in sé una straordinaria bellezza: la nostra personale umanità è arricchita. Chi vive una vita donata, la gratuità del volontariato, sperimenta un senso nuovo e vero del vivere. Si diventa segni di speranza, protagonisti dell’incarnarsi della speranza nella nostra umana fragilità.

Nel Vangelo (Lc 9,22-25) Gesù ci scandalizza. Ci mostra aspetti del progetto di Dio che non vorremmo sentire. Lui preannuncia la sua passione-sofferenza, l’essere rifiutato dalle autorità, l’essere ucciso. E a noi dice di smettere di pensare a noi stessi, chiede di saper perdere-dare la vita.

Eppure nel Vangelo appena ascoltato (Lc 4,1-13) Gesù si mostra come uno che è tentato, sottoposto a prove inaudite: e così anche la nostra libertà è sempre nel rischio di cadere in tentazioni, per le quali anche il bene può tradursi in occasioni meschine, tramite le quali affermiamo noi stessi e non il bene, l’amore, la giustizia.

Se ti appresti a fare il bene, a fare il volontario, sappi che sarai tentato. Egoismo, paura, orgoglio, scoraggiamento, stanchezza, risentimento per l’ingratitudine… Un elenco infinito.

Se siamo onesti, sappiamo che anche nel nostro donare la vita si nascondono insidie, che vanno purificate: come un genitore rischia un amore possessivo, che imbriglia la libertà dei figli; come un prete rischia un clericalismo, che è prepotenza sulle coscienze dei fedeli; come un politico rischia di scadere nel narcisismo e nell’approfittare del suo potere… così anche i volontari devono purificare continuamente il loro sguardo e il loro cuore.

Ed ecco che il Vangelo è una continua risorsa per il nostro cuore. Sempre qui a Trieste il Papa ci ha detto: “a me piace pensare che nella vita sociale è necessario tanto risanare i cuori, risanare i cuori… E per questo occorre esercitare la creatività. Se ci guardiamo attorno, vediamo tanti segni dell’azione dello Spirito Santo nella vita delle famiglie e delle comunità”. E ci ricordava che è più importante avviare processi che occupare spazi; che il ruolo della Chiesa è “coinvolgere nella speranza, perché senza di essa si amministra il presente, ma non si costruisce il futuro. Senza speranza, saremmo amministratori, equilibristi del presente e non profeti e costruttori del futuro”.

La necessità di risanare i cuori, di “coinvolgerci nella speranza”, non dobbiamo vederla come un rimprovero, ma come la garanzia dell’autenticità della nostra vita e dunque, poi, del nostro servizio. Lo Spirito Santo ci incoraggia a vivere l’amore, la donazione di noi stessi, il sacrificio e la perseveranza, anche quando patiamo incomprensioni e calunnie. Anche quando ci accorgiamo che abbiamo dato spazio al nostro orgoglio, anche quando siamo caduti nella tentazione di servirci dei poveri al posto di servire i poveri.

Ecco il continuo cammino di conversione a cui siamo chiamati. Il Vangelo ci rimette nelle motivazioni giuste, ci fa guardare al sacrificio di Cristo con una fede viva che non sopporta mediocrità: «Il Figlio dell’uomo deve soffrire molto… venire ucciso e risorgere il terzo giorno». «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua».

Secondo la suggestione di don Tonino Bello, acqua e cenere sono i primitivi ingredienti per il bucato di un tempo e, dunque, per una purificazione. La Quaresima, con il suo appello a vivere il battesimo (la vita nuova) e la conversione (ecco i simboli dell’acqua e della cenere), ci dice che non siamo tanto chiamati a “rinunciare” (a fare sterili esercizi di sacrificio), ma a “moltiplicare” il tempo per Dio (per il silenzio e la preghiera) e per i gesti e le parole di amore, con gli inevitabili sacrifici che l’amore prescrive.

Cari volontari vi auguro di essere il profumo evangelico della gratuità per questa città, con tutte le sue ferite e sofferenze. Che la passione per le persone fragili, per il bene comune, per la cultura e l’arte, e per la bellezza della natura possano contagiare tutti, ampliando la partecipazione al prendersi reciprocamente cura gli uni degli altri e della nostra bella Trieste.

9min48
LCR67182
LCR67183
LCR67184
LCR67188
LCR67190
LCR67191
LCR67195
LCR67197
LCR67204
LCR67208
LCR67210
LCR67213
LCR67216
LCR67218
LCR67220
LCR67228
LCR67236
LCR67238
LCR67246
LCR67249
LCR67251
LCR67264
LCR67267
LCR67270
LCR67272
LCR67277
LCR67295
LCR67300
LCR67313
LCR67317
LCR67319
LCR67323
LCR67325
LCR67327
LCR67333
LCR67335
LCR67337
LCR67340
LCR67348
LCR67350
LCR67352
LCR67359
LCR67362
LCR67368
LCR67371
LCR67376


Chi siamo

Portale di informazione online della Diocesi di Trieste

Iscr. al Registro della Stampa del Tribunale di Trieste
n.4/2022-3500/2022 V.G. dd.19.10.2022

Diocesi di Trieste iscritta al ROC nr. 39777


CONTATTI