Camminare insieme – Appunti di viaggio dalla Settimana Sociale dei cattolici in Italia - Domenicale di San Giusto

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Sguardi, idee, incontri, pensieri. Difficile descrivere le tante sensazioni al termine della Settimana Sociale dei cattolici in Italia, vissuta da delegata per la Diocesi di Trieste. Essendo la prima volta di questa esperienza, non sapevo esattamente cosa aspettarmi. Pensavo certamente alla bellezza degli incontri e avevo delle aspettative sui contenuti. E alla fine di queste giornate, posso dire che i risultati hanno superato le mie attese.

I delegati di tutta Italia sono stati chiamati ad un lavoro articolato nel corso della Settimana. Un lavoro “sulla partecipazione”, tema centrale di questa Settimana Sociale, ma anche e soprattutto un lavoro “di partecipazione”. Ciascuno ha dovuto mettersi in gioco e dare il suo contributo per immaginare strade nuove di partecipazione democratica alla vita sociale e politica del Paese, per rispondere alle tante sfide che ci chiamano ad essere presenti come cristiani nel mondo.

L’intreccio di stimoli biblici e di spunti di riflessione con tagli diversi ci hanno guidati, per passare da una analisi delle problematiche da affrontare, all’identificazione delle possibili strade da percorrere per rispondere a queste domande, fino a immaginare percorsi concreti da realizzare nelle nostre comunità. Il nostro è stato uno sforzo per tradurre la Parola in vita reale, per rendere concreto l’“esserci” del cristiano, in ogni ambito della vita di oggi. Dobbiamo restare svegli, come siamo stati richiamati nella riflessione biblica su Mc 13,33-37 che ci ha aiutati a fare spazio dentro di noi, per cogliere le sfide di questo mondo. Un mondo in cui ciascuno è chiamato ad essere protagonista, perché la costruzione della democrazia comporta la rinuncia all’uniformità per costruire il bene comune, come ci ha ricordato la riflessione biblica il secondo giorno, che ha tracciato lo sfondo su cui lavorare alle indicazioni per affrontare le sfide individuate. Per andare ancora più nel concreto, abbiamo ricevuto il terzo giorno lo stimolo alla riflessione sul testo della “Lettera a Diogneto”, che ci ha aiutati a mettere a fuoco la necessità per i cristiani di rendere feconda la vita nel mondo, attraverso l’unicità del messaggio cristiano. “I CARE” diceva don Milani. E proprio questo è il modo di stare “Al cuore della democrazia” a cui siamo chiamati come cristiani.

Porto a casa certamente una parola: NOI. L’abbiamo sentita risuonare più volte nell’assemblea plenaria, dalle parole di apertura del card. Zuppi (Non c’è democrazia senza un “noi”), passando per i relatori che nelle diverse giornate e con diverse declinazioni (biblica, antropologica, filosofica, psicologica) hanno richiamato la necessità di recuperare una nuova identità del “noi”, la costruzione di un nuovo modello di comunità, in cui ci sia posto per tutti, in cui la trama di ciascuno è necessaria perché l’intreccio sia completo, perché se manca un filo, si vede un buco. Questo tema del “NOI” è stato toccato più volte anche nei lavori dei gruppi, che hanno lavorato per ambiti – gli stessi che hanno animato le Piazze della Democrazia nella città di Trieste (Scuola, Sport, Salute, Famiglia, Università e ricerca, Pace…e tanti altri). Il bello dei lavori di gruppo è stato constatare come per uno specifico ambito, pur provenendo da diocesi diverse, avendo età diverse, esperienze professionali diverse, c’è stata una convergenza su alcune sfide individuate come fondamentali per lo specifico ambito, che hanno portato anche all’individuazione di raccomandazioni comuni per una soluzione dei problemi e a immaginare delle “rotte” concrete per la loro realizzazione. Lavorare insieme, costruire un “NOI” che deve essere alla base della vita democratica. Un esercizio utile non solo nel contesto dei lavori della Settimana Sociale, un lavoro faticoso, ma necessario, per ricostruire il tessuto sociale del nostro Paese. Perché, come ha detto il Presidente Mattarella, non vi siano più “analfabeti di democrazia” e perché “democrazia è camminare insieme”, e come ci ha detto Papa Francesco: “Come cattolici, in questo orizzonte, non possiamo accontentarci di una fede marginale, o privata. Ciò significa non tanto di essere ascoltati, ma soprattutto avere il coraggio di fare proposte di giustizia e di pace nel dibattito pubblico. Abbiamo qualcosa da dire, ma non per difendere privilegi. No. Dobbiamo essere voce, voce che denuncia e che propone in una società spesso afona e dove troppi non hanno voce.”

Sicuramente la Settimana Sociale non è stata un punto di arrivo, ma un punto di partenza, e ora il compito riguarda tutti, non solo un limitato numero di delegati, perché tutti siamo chiamati ad essere “artigiani di democrazia e testimoni contagiosi di partecipazione” (Papa Francesco).

Francesca Paoletti – delegata per la Diocesi di Trieste


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