XXV Domenica TO – Il figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini

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Ogni Benedetta domenica

Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini (Mc 9,31)

È proprio questa la Parola al cuore del secondo annuncio della passione nel Vangelo di Marco, in cui Gesù traccia molto concretamente la via molto impegnativa dell’amore che vince, che passa per la consegna di sé e il sacrificio, che passa per la consegna di sé del giusto nelle mani degli uomini ingiusti per manifestare veramente chi è e perché scoprano e sentano quell’amore, quella giustizia, che può distogliere, liberare dal male: lo uccideranno, ma una volta ucciso, risorgerà. Chi rimane giusto in mezzo all’ingiustizia, chi rimane fedele alla giustizia, è sempre scomodo, ma può smascherare e liberare da tutti quei compromessi col male con parole vere, con condotta vera, coraggiosa, che provoca a far venire alla luce il giusto e il bene, la libertà che c’è in ciascuno…

Chi lo ascolta non capisce queste parole, hanno paura di interrogarlo (cf. Mc 9,32), paura della verità, paura di andare oltre a degli schemi di protezione di sé, oltre alle proprie sicurezze, alla propria confort-zone. Tutto questo fa discutere e contrastare su chi sia il più grande proprio nelle cose che riguardano la comunità; discutono, lungo la strada, su chi sia il più grande come discepolo di Gesù (cf. Mc 9,34). Lungo la strada della vita nella Chiesa sorge sempre questa domanda. Si rischia di andare dietro alle competizioni, cercando di sottolineare la nostra grandezza, per mezzo di un superamento, di un confronto con l’altro. Mossi dalla paura di non valere mai abbastanza, mai più degli altri, dalla paura di non essere ok. Che pesantezza vivere di confronti…

Da tutto questo Gesù ci vuole liberare, ci vuole liberare dalla paura dell’ultimo posto, di quel posto che nessuno vuole prendere e che pure è il posto dal quale possiamo meglio amare e servire. Gesù ci vuole liberare dalla paura di non essere visti, evidenziati. Eppure, quell’ultimo posto, per evitare il quale si sgomita, si litiga, ci si fanno le guerre, è il posto da cui, come dalla croce, si può amare e servire al meglio. Perché è giusto cercare il massimo nella vita, Dio ci parla attraverso i grandi desideri (ricorda sant’Ignazio di Loyola), è giusto avere grandi desideri, desiderio di ciò per cui valga la pena dare la vita. La vera grandezza che gratifica è l’amore che si mette al servizio dell’altro con gratuità, libertà da se stessi, dalla paura per se stessi. Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini per darci questa libertà perché lo possiamo sentire con questo amore che si consegna ed è all’origine di ogni “consegna”, traditio, tradizione nella Chiesa, nella vita, trasmissione di un amore  che può veramente liberarci dalla paura di essere gli ultimi e che ci impedisce di amare, di donarci, di darci, a fianco di ogni ultimo. Mi viene in mente, vedendo giocare dei bambini,  il pallone che si passano tra le mani, tra le braccia. Questo pallone con cui giocano e che dà gioia a tutti coloro che lo ricevono, viene consegnato nelle mani degli uomini, di questi bambini che magari ne fanno quello che vogliono e quello che sentono di fare per poter giocare e magari, vincere e divertirsi.  È un’immagine bella di come il Figlio dell’uomo si mette nelle mani degli uomini pur di renderli felici, liberandoli dalla paura di perdere. Liberi come un ambino che, quando ha il pallone in mano, non ascolta, forse, più di tutto, la paura di perdere.

Abbracciando un bambino Gesù rimette al centro il lasciarsi amare con tenerezza, dolcezza, affetto. Il bambino fa della propria piccolezza e debolezza occasione per fidarsi di chi lo ama e lo accoglie con un abbraccio. Mentre noi cerchiamo la competizione, Dio cerca un abbraccio per essere accolto. Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato.

 Auguro a tutti voi una serena domenica e una settimana col Signore.

don Sergio Frausin


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