Il 27 settembre scorso, presso la Sala Tessitori, si è svolto il primo Convegno dell’Uciim, sezione di Trieste, dal titolo: “Con-vergenze educative”, rivolto principalmente a quanti sono impegnati in ambito didattico ed educativo, nonché formativo e sociale oltre a tutti gli interessati a tali tematiche.
Dopo una breve presentazione delle attività di formazione previste per l’anno 2024-2025, unitamente ai saluti ed ai ringraziamenti di rito, i lavori sono iniziati con una significativa introduzione curata dal Circolo Fotografico Triestino con una rassegna di immagini fotografiche realizzate a Milano nel 2012 capaci di suscitare profondi interrogativi denominata: “Le città sono costruite dall’uomo. Per l’uomo?”. La presidente onoraria dell’Uciim, prof. Marina Del Fabbro, ha presentato i relatori con i rispettivi interventi a partire dalla dott. Luisa Onofrio, funzionaria ed assistente sociale presso la Prefettura di Trieste, che ha proposto il tema: “Relazionarsi nella complessità sociale: il pensiero divergente per sostenere le convergenze”. La relatrice ha evidenziato come, dinanzi ad una realtà complessa ed in continuo cambiamento come quella attuale, la persona oggi sia chiamata a saper rispondere agli stimoli, alle opportunità, ma anche ad una pressione sociale costante per quanto concerne compiti, aspettative, anche mandati istituzionali, ponendo in essere delle vere e proprie strategie improntate alla trasversalità. Ciò che un tempo poteva essere considerato lineare o comunque caratterizzato da punti fermi ed inconfutabili oggi si manifesta tipicamente connotato da incertezza, soprattutto considerando anche la ricaduta antropologica legata a processi quali la digitalizzazione, che ha cambiato radicalmente non solo l’ambito professionale, ma gli stessi stili di vita nel loro complesso. Se a questo si aggiungono la globalizzazione, la multiculturalità, le migrazioni, l’aumento del divario tra fasce economiche unitamente ai nuovi saperi, che richiedono nuovi strumenti e competenze in ambito educativo, oltre ad una tendenza sempre più marcata nel non voler affrontare, sino ad ignorare, le situazioni di sofferenza (tanto da essere definita come vera e propria algofobia presente nella società contemporanea), la complessità diventa evidente a livello quotidiano.
Volendo dare dei riferimenti concreti e precisi nell’individuare delle strategie per non cadere prigionieri di un profondo senso di inadeguatezza e frustrazione, la dott. Onofrio ha ricordato la definizione di Kahneman e Tversky di “biases” cognitivi riferiti alle semplificazioni “euristiche” con cui affrontiamo la realtà. La proliferazione di semplificazioni euristiche errate genera una distorsione cognitiva in cui sono comprese la generalizzazione, un pensiero dicotomico e tutto ciò che conduce a pregiudizio, stereotipo. Pertanto, al fine di gestire correttamente il processo di semplificazione, è necessario avere consapevolezza dei propri biases, sapersi mettere in discussione e, soprattutto, accettare il confronto con chi è diverso da noi. Promuovere le convergenze va visto come un processo dinamico, che conduce ad una visione più completa della e nella realtà grazie ad un’azione di negoziazione e mediazione tra le divergenze. Nel pensiero adulto le convergenze sono di tipo interno (saper integrare tutte le nostre parti ed esperienze) ed esterno (la dimensione relazionale come empatia ed apertura al dialogo), ma non vanno intese come omogeneizzazione o conformismo, bensì, secondo quanto affermato anche da M. Lancini, come saper gestire il conflitto dando spazio alla diversità ed alle prospettive altrui. Pertanto la convergenza è reale, effettiva se riesco a mettere a fuoco il pensiero divergente, accettando di decentrarmi e di cercare di ascoltare empaticamente anche se questo processo dovesse ammettere momenti di sofferenza e di rischio.
Il secondo intervento proposto è stato quello della maestra di scuola primaria Manuela Fabro intitolato: “Stare bene a scuola: educazione all’affettività a 360 gradi”. La relatrice ha sottolineato come il compito dell’educare sia insito nell’adulto e l’educazione non possa essere considerata neutrale, asettica. La dimensione relazionale sta alla base di qualsiasi processo di apprendimento unitamente alla parte emotiva ed alle sensazioni personali. Il bambino e l’adolescente interpellano incessantemente l’adulto, direttamente o indirettamente, e spetta a quest’ultimo saper intercettare le domande, dimostrando interesse e partecipazione. La credibilità è senza dubbio la qualità più ricercata dall’adolescente, che va coinvolto e responsabilizzato per farlo sentire considerato, interpellato a sua volta. Attraverso una video-testimonianza, si è fatto notare quanto sia fondamentale il fatto di sentirsi “riconosciuti” e parte integrante di un gruppo. Il preadolescente ragiona principalmente per categorie ed è alla ricerca di una normalità, che lo porti a scoprire un’identità. L’adolescente, invece, ha soprattutto necessità di trovare una collocazione, un posto dove potersi esprimere in un ambiente condiviso e dove si percepisce riconosciuto. Considerando anche da un punto di vista scientifico i processi fisiologici della crescita (dai livelli di dopamina alla funzione della regione prefrontale), diventa fondamentale, nell’educazione della persona in divenire, incentivare, stimolare ad accompagnare la “generatività”, ossia l’attitudine alla responsabilità ed alla cura di quanto riesco a realizzare con le mie capacità, in collaborazione con l’altro.
In chiusura della sessione mattutina il prof. S. Quarantotto, docente del Liceo Musicale, ha ricordato l’importanza della dimensione relazionale a livello formativo ed esistenziale, oltre che professionale, nell’ambito musicale, mostrando un video relativo al progetto “Orchextrà”, dove studenti e professionisti hanno condiviso la possibilità non solo di esibirsi assieme, ma, soprattutto, di vivere un’esperienza arricchente dal punto di vista umano per tutti i partecipanti.
Nella seconda parte del Convegno, dopo i saluti a nome dell’Università di Trieste da parte del prof. Lucio Torelli, il Circolo Fotografico Triestino ha proposto un audiovisivo fotografico in omaggio a Bruno Munari, maestro ed artista dalla forte passione educativa, animato sempre dal desiderio di trasmettere e tramandare il sapere.
Il prof. L. Grion, docente dell’Università di Udine, ha relazionato sul tema: “Alle radici dell’idea di persona”. Desiderando portare l’attenzione in particolare sulla cura educativa, ossia il prendersi cura delle dinamiche relazionali, ha incentrato l’intervento sul filosofo contemporaneo E. Mounier. Nel pensiero dell’autore nodo centrale non è la definizione della persona in quanto tale, ma il “diventare” persona inteso come progetto, movimento che implica l’ambito relazionale. Richiamando un concetto proprio della filosofia aristotelica, compito dell’uomo è diventare ciò che siamo al meglio delle nostre possibilità. Si può vedere la persona come un volume a tre dimensioni: ciò che sale dal basso (“incarnazione”), ossia ciò che ci precede e sta all’interno di una storia culturale; ciò che va verso l’alto (“vocazione”), ossia noi siamo altro oltre la natura come possiamo vedere esplicarsi, ad esempio, nelle diverse forme artistiche; la “comunione”, ossia entrare in relazione con gli altri. Per realizzare tutto questo è necessario l’”esercizio”, che comprende tre aspetti: l’impegno nell’accettare la nostra comunità e le nostre esigenze; la meditazione (per capire a cosa siamo chiamati nella vita); la rinuncia (per far spazio agli altri). Tutti e tre sono necessari per diventare persona e la via della personalizzazione richiede di agire nel senso di spendere responsabilmente la propria libertà, liberandosi anche dall’eccessivo concentrarsi su se stessi (filautia), scoprendo che l’amore è la vera libertà personale. Il dialogo diventa, così, ricerca e condivisione di saperi, spazio fertile da curare con attenzione.
Il Circolo Fotografico Triestino ha sottolineato il momento conclusivo delle relazioni con le immagini del filmato “Stagioni”, dedicato alla bellezza del camminare lentamente nella natura per assaporare un silenzio, foriero di un dialogo intenso con il mondo circostante.
Proprio all’insegna del dialogo si è pensato di far intervenire il pubblico in una modalità che prevedeva la trasmissione via mail all’indirizzo dell’Uciim di suggestioni, domande e riflessioni da proiettare in sala al termine dei lavori per favorire un’interazione tra tutti i partecipanti. Anche i relatori hanno avuto così modo di interpellarsi a vicenda e di approfondire diverse sfaccettature delle tematiche trattate dai rispettivi punti di vista, attuando così quel processo di convergenze al centro del Convegno.
Valentina Dordolo