“che io veda di nuovo!». (Mc 10, 51)
Nel Vangelo di questa XXX domenica del Tempo ordinario, a chiusura della quarta tappa della narrazione marciana, nel cammino di Gesù verso Gerusalemme, il grido fiducioso e coraggioso del cieco Bartimeo ai margini di una strada di Gerico, la città sprofondata negli abissi topografici (sotto il livello del mare) e morali, e anche ai margini delle attenzioni degli altri, esprime il desiderio di tutti i mendicanti di luce, il desiderio di un nuovo sguardo sulla vita, su se stessi.
Tra una folla anonima, si alza la voce dell’unico di cui si dica il nome, Bartimeo, appunto: “Figlio di David, Gesù, abbi pietà di me!”. Nonostante i rimproveri persecutori, esteriori ed interiori, che vogliono far tacere perché scomoda, la richiesta libera di pietà, di compassione, di misericordia, di amore gratuito, il grido di Bartimeo si leva sempre più forte, quanto il bisogno di salvezza riconosciuto ed espresso.
Ha sentito dire che Gesù è il Messia, il Salvatore Atteso da Israele, dai propri occhi, dalla vita di ciascuno e ha intuito che tale Messia non è venuto per comandare e dominare, ma per prendere la parte dei poveri. Ce lo dice anche il profeta Geremia nella prima lettura di questa domenica, e il Salmo 125 ci invita a pregare per contemplare come il Signore sia capace di suscitare situazioni di salvezza straordinariamente nuove che nessuno avrebbe potuto immaginare. “Quando il Signore ristabilì la sorte di Sion, ci sembrava di sognare… Grandi cose ha fatto il Signore per noi: eravamo pieni di gioia.” (Sal 126 (125), 1.3).
La comunità dei discepoli è credibile se si mette accanto a Bartimeo, a chi ha bisogno di nuova luce sulla propria vita, non per farlo tacere, ma per gridare insieme con lui: “Gesù abbi pietà, misericordia di noi!”.
Bartimeo si fida di Gesù, probabilmente altri gliene hanno parlato, la fede ci viene sempre trasmessa da altri. “Chiamarono il cieco, dicendogli: «Coraggio! Àlzati, ti chiama!».” (Mc 10,49); è la sensazione che si prova quando come giocatore di riserva di una squadra, magari di calcio, dalla panchina si viene chiamati ad andare in campo, ad entrare nella partita! “Bartimeo per Gesù tu, che eri lasciato ai margini, che non eri visto, sei importante, Gesù vuole incontrarti!” Questa chiamata dà la forza di gettare via il mantello che era la sua unica sicurezza, la sua unica protezione fino a quel momento. Questa chiamata dà la forza a Bartimeo di balzare in piedi per camminare in modo nuovo nella vita, ascoltando Gesù.
Si sente rivolta la domanda che Gesù ha fatto ai discepoli Giacomo e Giovanni, nel Vangelo di domenica scorsa. «Che cosa vuoi che io faccia per te?»: è la domanda che ti fa chi ha a cuore ciò di cui tu hai desiderio e hai bisogno autentici. «Rabbunì, che io veda di nuovo!» (Mc 10,51): che io abbia uno sguardo nuovo, una luce nuova! Il desiderio più autentico a cui lo richiama Gesù, avendo trovato la disponibilità di Bartimeo, è non solo “tornare a vedere”, ma anche di “guardare in alto” (anablépein, in greco può significare entrambe le accezioni), cioè rialzare la testa. Bartimeo, ciascuno di noi, abbiamo bisogno e desiderio di ritrovare dignità, di ritrovare speranza.
Non c’è cecità tanto grave da cui il Signore non possa guarire chi si affida a lui, a cominciare dalla cecità dei suoi discepoli. Ciascuno di noi ha bisogno di essere liberato da qualche forma di buio che ci impedisce di vedere gli altri, i loro bisogni, di avere chiara la direzione da percorrere, come Israele nel deserto, di vedere con verità e lucidità, o dal buio in cui ci troviamo quando ci sentiamo senza speranza, persi, e perdiamo anche la fiducia.
Con Bartimeo ci lasciamo ridare uno sguardo nuovo da Gesù per vedere e scegliere la strada da percorrere ascoltando Lui.
don Sergio Frausin