Il tema del nuovo anno di Seminario «Abbondate nella speranza (Rm 15,13)», proposto in varie forme nella vita comunitaria, prende vita dal Giubileo 2025. Anche noi saremo guidati come «Pellegrini di Speranza» da questo grande evento, avendo la possibilità di viverlo a Roma con l’attraversamento della Porta Santa il 23 e 24 giugno 2025 insieme a molti altri seminari del mondo. Sarà certamente un momento molto forte, tanto personale quanto comunitario, carico di significati spirituali ed ecclesiali, con l’auspicio che ciascuno possa incontrare con ancora più intensità la presenza viva del Signore Gesù Cristo, «porta» di salvezza (Gv 10,7.9), da annunciare a tutti come «nostra speranza» (1Tm 1,1). Questa occasione speciale rappresenta anche un momento di discontinuità rispetto alle nostre attività consuete – che potremmo definire come “frattura dalla routine” – e per questo richiede di essere accompagnata e preparata con slancio quotidiano.
Vivere di speranza
Ma che cosa significa vivere di speranza e affidarsi ad essa? La speranza cristiana, innanzitutto, non rimanda semplicemente a un vago ottimismo: essa si identifica piuttosto con la presenza stessa della persona di Gesù, il Figlio di Dio fattosi uomo, morto e risorto per la nostra salvezza. Ecco perché, in realtà, “fede” e “speranza” sono intimamente unite (cfr. Benedetto XVI, Enc. Spe salvi, 2). Già le prime comunità cristiane avevano cercato di sintetizzare questo significato rileggendolo attraverso l’immagine simbolica dell’àncora: da sempre usata nella navigazione mediterranea per garantire una certa stabilità e sicurezza alle imbarcazioni contro le insidie del mare, l’àncora divenne presto un simbolo cristiano inneggiante la speranza, fino a farla diventare sintesi della fede nella vita eterna. La ritroviamo infatti raffigurata, tra il II e il III secolo, più di duecento volte nelle catacombe e in particolare nello splendido Graffito della Catacomba di Domitilla a Roma (II-III secolo): i cristiani sono rappresentati come dei pesciolini – seguaci del pesce che è Cristo (Ichthýs) – appesi all’àncora cruciforme, segnata dal cerchio simbolo di vittoria. L’immagine rimanda intuitivamente alla speranza terrena ed eterna insieme, che trovano nella Croce di Cristo morto e risorto per l’umanità intera, il loro culmine.
Àncora di salvezza anche oggi
Alla luce di questo e pensando ai primi cristiani perseguitati e martirizzati a causa della fede in Gesù, possiamo comprendere che il simbolo dell’àncora risulta ancora più evocativo. Non dobbiamo però immaginarlo come fissato e relegato a un passato lontano, perché in realtà continua ad essere riferimento anche per noi, qui e oggi: in un mondo complesso in veloce trasformazione, l’essere cristiani praticanti non sempre viene visto come plusvalore al di fuori del contesto ecclesiale. I giovani che intuiscono e riconoscono la vocazione a donare tutta la propria vita per amore di Cristo, della Chiesa e del suo Vangelo, suscitano spesso curiosità e simpatia, ma anche altrettante forme di chiusura, piccole o grandi, verso chi sceglie questa strada. Talvolta si percepiscono incomprensione, giudizio, fino ad arrivare persino alla calunnia o alla ridicolizzazione. Se poi ci caliamo nella vita personale, risollevarsi da momenti di sconforto o delusione, di tristezza o disistima non è mai facile, con il rischio talvolta di rimanere imbrigliati nei propri nodi interiori. Di fronte alle prove e alle burrasche che la vita umana ci pone dinnanzi – e quelle menzionate vogliono essere solo esemplificative – la speranza cristiana può davvero rivelarci qualcosa di importante!
Abbondare nella speranza
Ecco allora l’augurio per questo nuovo anno ai nostri cari seminaristi: ciascuno possa fare esperienza personale, con intensità sempre maggiore, del significato potente di questa virtù, nella certezza di sentirsi totalmente ancorato in una vita in Cristo, sicuri che Dio non ci lascia mai soli ed è fedele alla parola data. La vita del Seminario in fondo vuole far risuonare nel cammino di tutti i giorni queste stesse parole ricolme di fiducia, offrendo con abbondanza momenti carichi di questa speranza, per mezzo dello Spirito Santo (Rm 15,13), in vista del futuro ministero sacerdotale. Tutto nella vita comunitaria vuole andare in questa direzione: lo spirito di preghiera alimentato dall’ascolto quotidiano della Parola di Dio; la presenza sacramentale dell’Eucaristia, che plasma il cuore e fa vivere in comunione; lo studio della teologia, che dà ragione della speranza che c’è in noi; la vita fraterna, che diventa sincera condivisione di uno stesso cammino; le esperienze pastorali, che permettono di tastare il terreno dell’annuncio e della testimonianza cristiana.
In questa Giornata del Seminario, le preghiere e il sostegno concreto di ogni singola comunità della nostra Diocesi possono diventare un ulteriore segno prezioso di vicinanza a questi giovani che un giorno ritroveremo come nostri sacerdoti a servizio del Vangelo per il bene dei fratelli e delle sorelle che incontreranno giorno per giorno.
don Daniele Antonello
Rettore del Seminario Interdiocesano