Il volontariato in Italia

Meno persone impegnate, ma tanto da fare per reggere la società: "La popolazione invecchia e i giovani sono meno che in passato. Sono cambiati anche gli stili di vita: serve una nuova organizzazione da parte degli enti".

Diminuisce il numero dei volontari, ma resta uno dei pilastri della società italiana. Il volontariato conserva un ruolo fondamentale per il Paese nella sua funzione di sussidiarietà, contribuendo in modo significativo al benessere collettivo e alla coesione comunitaria. Nel 2024, l’Istat ha diffuso dati aggiornati che offrono una panoramica dettagliata sullo stato del volontariato nel Paese, evidenziando tendenze, sfide e opportunità per il settore.

Meno volontari

Secondo i dati del Censimento permanente delle istituzioni non profit, al 31 dicembre 2021, l’Italia contava oltre 4,6 milioni di volontari attivi all’interno di circa 360.000 organizzazioni non profit. Questo rappresenta una diminuzione del 16,5% rispetto al 2015, quando i volontari erano oltre 5,5 milioni, segnando una perdita di circa 900.000 unità. Questo calo può essere attribuito a vari fattori, tra cui l’impatto della pandemia da Covid-19, che ha limitato le attività in presenza e ha influenzato la partecipazione dei volontari. “Registriamo importanti cambiamenti di carattere sociale in Italia – spiega Vanessa Pallucchi, portavoce del Forum del Terzo Settore -. La popolazione invecchia e i giovani sono meno che in passato. Sono cambiati anche gli stili di vita: prima si nasceva, lavorava e faceva volontariato nello stesso territorio”.

Adesso la vita delle persone è pluricentrica rispetto quelli che sono gli obiettivi di vita. Quindi, tende ad affermarsi una modalità di relazione che slega anziché connettere.

“Credo però che il desiderio e il bisogno di aderire a valori condivisi soprattutto nelle giovani generazioni sia sempre vivo. Dove ci sono i contesti favorevoli non ci si tira indietro”.

La risposta delle organizzazioni

In questo scenario, le organizzazioni del Terzo Settore sono chiamate a “ricostruire le condizioni adeguandole ai desideri e ai bisogni delle persone”. “Prima veniva più spontaneo incontrarsi, adesso ci si deve organizzare. Quindi gli enti del Terzo Settore devono fare una devono fare una mediazione in più”. Sebbene questa sia una sfida comune, cambia il quadro nei territori. Il Nord Italia mantiene una concentrazione più elevata di organizzazioni non profit. Regioni come la Sardegna e la Basilicata mostrano una percentuale di volontari in linea o superiore alla media nazionale del 7,8%. In termini di genere, il 58,3% dei volontari sono uomini e il 41,7% donne, una distribuzione che riflette una maggiore partecipazione maschile rispetto alla composizione demografica generale del Paese. Il volontariato in Italia abbraccia una vasta gamma di settori, tra cui assistenza sociale, cultura, sport e tutela dell’ambiente.

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Generazioni a confronto

Il coinvolgimento nel volontariato attraversa tutte le fasce d’età. La maggior parte dei volontari rientra nella fascia tra i 30 e i 54 anni (38%), seguita dai 55-64enni (24%) e dagli over 65 (22%). I giovani tra i 19 e i 26 anni rappresentano il 13% dei volontari, mentre gli under 18 costituiscono il 3%. Questi dati evidenziano come il volontariato sia un filo conduttore che unisce diverse generazioni, promuovendo la solidarietà intergenerazionale. Ma a chi si rivolge il volontariato? Si guarda certamente in primis a giovani e anziani. “Riflettiamo su come queste due fasce di popolazione siano quelle che hanno meno opportunità di politiche pubbliche adeguate a quelle che sono i loro bisogni. Per gli anziani, si pensa spesso ingiustamente che, finita la vita lavorativa, queste persone siano come ‘parcheggiate’. Invece c’è una fase in cui alcuni di loro possono e vogliono sentirsi utili alla collettività. Ma occorre fare di più in termini di politiche di risposta a questa fascia d’età. Le politiche pubbliche per i giovani invece sono assenti”.

Come Terzo Settore dove ci sono politiche pubbliche possiamo fare sussidiarietà. Altrimenti dobbiamo sostituirci al pubblico e non è questa la nostra funzione.

“I giovani hanno necessità di spazi collettivi. E il primo per loro è la scuola, che non ha più il ruolo emancipativo che aveva prima. Può costruire luoghi dove i giovani possono darci i codici per risolvere problemi che non abbiamo conosciuto come generazioni passate. Ad esempio, sui temi ambientali”.

Sfide e prospettive future

Nonostante la diminuzione nel numero di volontari, il settore non profit continua a svolgere un ruolo cruciale nella società italiana. La maggior parte degli enti è di piccole dimensioni economiche, con il 59,8% che non supera i 30.000 euro di entrate annue. Questa frammentazione pone sfide significative in termini di sostenibilità finanziaria e capacità organizzativa. Tuttavia, la riforma del Terzo Settore ha posto le basi per una gestione più professionale e trasparente, con l’83,6% degli enti che ha stipulato un’assicurazione per i volontari, garantendo maggiore tutela e valorizzazione del loro operato. Elemento chiave per il futuro del settore resta quello di migliorare la sostenibilità delle organizzazioni attraverso nuove forme di coinvolgimento e sostegno, assieme all’incentivazione della partecipazione dei giovani. “Se pensiamo solo alle aree interne, il Terzo Settore è uno dei pochi soggetti presenti, come nel caso delle pro loco. C’è una forma mentis dei cittadini di organizzarsi dal basso, di mettersi assieme attorno a un tema e fare qualcosa. Questa presenza diffusa nasce da relazioni di prossimità. Oggi la sfida del Terzo Settore è tirare fuori dalla solitudine tanti cittadini. Difficilmente in tanti partecipano a una vita collettiva. Coinvolgerli è l’obiettivo più grande. Guardiamo al futuro all’insegna delle cose che ci caratterizzano: prossimità e diffusione capillare nei territori come anche qualità delle relazioni e l’arte valoriale”.

Filippo Passantino (SIR)

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