Il terzo appuntamento di Quaresima a San Giusto è dedicato ai “Segni di speranza nell’ambito delle relazioni ecumeniche”. Sulla cattedra intervengono due testimoni del dialogo: il Card. Ladislav Nèmet, arcivescovo di Belgrado dal 2022, dal 2021 Vice presidente del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa (CCEE) e il pastore delle chiese valdesi e metodiste di Trieste Peter Ciaccio.
La serata si apre con il saluto del nostro Vescovo Enrico che ci invita subito a riflettere sulla necessità del dialogo in un mondo dove è molto facile litigare per la nostra fede.
“Un solo corpo e un solo Spirito, come una sola è la speranza a cui siamo chiamati”: don Sergio Frausin – moderatore dell’incontro – parte dalla Lettera agli Efesini (4,4-16) e ci ricorda che sono passati 1700 anni dalla celebrazione del primo grande Concilio ecumenico, quello di Nicea, e «vogliamo cogliere questa occasione per ravvivare questo desiderio di unità».
Il Card. Nèmet ci offre una testimonianza ricca, che parte dai problemi della terra dove ora è Pastore, per poi riflettere su come la speranza non delude: l’esperienza personale che Dio è con me è alla base di questa fiducia che punta lo sguardo verso il Cielo.
Il richiamo al punto 17 della bolla di indizione del Giubileo focalizza su un tema cruciale per l’ecumenismo: papa Francesco sta invitando a trovare una data comune almeno per la festa della Pasqua, che quest’anno felicemente coincide.
In risposta all’Enciclica Ut unum sint, l’attenzione è stata spostata al primato dell’amore e del servizio invece che a quello del dominio. Il Papa deve essere servitore dell’unità e deve cercare di superare le tensioni tra le diverse confessioni cristiane, in un primato del dialogo e della corresponsabilità, il primato dell’umano su quello del diritto divino. (Nuovo documento del Dicastero per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, “Primato e sinodalità nei dialoghi ecumenici”, 2024).
«Oggi il primato è orientato ecumenicamente a una maggiore cooperazione: si punta all’unità del dialogo e dell’azione comune», sottolinea il Card. Nèmet.
Il 27 aprile prossimo sarà firmata a Vilnius in Lituania la nuova versione della Cartha Oecumenica, che cerca di affrontare le sfide contemporanee: quella della pace, dei giovani, della crisi economica e della povertà.
«È essenziale vivere assieme ai fratelli ortodossi», sottolinea il cardinale e ci porta un bellissimo segno di speranza, dei piccoli passi verso la chiesa ortodossa serba, quando nel novembre dello scorso anno è stato invitato a salutare la nuova comunità di Londra. «Il dialogo tra cristiani cattolici e ortodossi non mira all’ uniformità, ma alla comunione nella carità: possiamo testimoniare Cristo risorto insieme», conclude il Card. Nèmet.
Il pastore Ciaccio interviene ricordando come lui stesso facesse parte dei 100 giovani presenti alla firma della Cartha Oecumenica nel 2001. E sottolinea l’importanza della nuova Charta, in quanto proposta di unità visibile, dispiacendosi che non sia stata firmata dalle chiese ortodosse russa e serba per motivi legati alla politica.
Ci offre poi la propria vita di testimone di speranza, raccontando dell’esperienza attuale che porta le comunità valdese e metodista dalla storica sede ad essere ospiti degli Avventisti in via Rigutti, in quanto la chiesa metodista è in fase di ristrutturazione. Ciò è possibile grazie al fatto che il Culto viene celebrato in giorni diversi: gli Avventisti il settimo giorno (il sabato) e i Metodisti la domenica.
Un altro grande segno di speranza per il pastore Ciaccio è stato la visita del Papa Francesco al tempio Valdese di Torino nel 2015: la richiesta di perdono del Papa per gli atteggiamenti e comportamenti non cristiani nella storia da parte dei cattolici verso i Valdesi ha espresso la chiara volontà di una storia di riconciliazione.
La speranza si esprime nell’accoglienza e voglia di ascoltarsi reciprocamente per vivere in pace: creare un humus, un terreno, senza proselitismi e “canne da pesca” …
Non ci rendiamo conto delle benedizioni che viviamo oggi: un albero che cade fa molto più rumore di una foresta che cresce. La nostra speranza è in Dio, che agisce nella storia, non nelle nazioni o nelle diverse chiese. Dio che agisce possiamo vederlo nella Sacra Scrittura e nella testimonianza delle persone che hanno davvero fede, quelle che hanno sperimentato nella loro vita che Dio interviene.
Al termine delle riflessioni Giulia Sudrio, studente del Conservatorio, ci propone un adagio di Mendelssohn per meditare le testimonianze appena raccolte.
La serata si chiude con un’acuta osservazione del Vescovo Enrico: ci fa notare l’armonia di bellezza nella diversità della nostra Cattedrale, frutto dell’unione di due chiese, per cui non ci sono colonne uguali a destra e a sinistra, né archi e altri dettagli. Per un istante cogliamo nella realtà che ci circonda un segno di speranza, animata dalla ricerca di Dio.
Dopo la preghiera conclusiva c’è un piccolo scambio di doni: un’icona ortodossa della Madonna a tre mani al nostro Vescovo da parte del Card Nèmet e un paio di copie dell’antico breviario aquileiese come segno di gratitudine agli ospiti intervenuti.
Sarà possibile riascoltare l’incontro sul canale YouTube della diocesi di Trieste o su quello di Telequattro.
Mercoledì 9 aprile alle 18.30 a San Silvestro ci sarà la preghiera ecumenica in preparazione alla Pasqua.
Manuela Giancristoforo