Un tempo di gratitudine e di condivisione, accompagnato da una palpabile leggerezza. Ecco quanto vissuto martedì 6 maggio nell’incontro organizzato dalla Caritas diocesana di Trieste per ricordare Papa Francesco, tenutosi nell’Auditorium del Seminario Vescovile. Un invito – pienamente accolto, vista la sala gremita di persone – a credenti e non credenti, a fedeli e cittadini per fare memoria, insieme, di quanto Papa Francesco ha lasciato nella vita e nel cuore di ciascuno. Per dire grazie e, a 24 ore dall’inizio del Conclave, guardare al futuro con speranza, ancora insieme.
Diverse le voci che si sono susseguite nel ricordo. Prima quelle più istituzionali, poi quelle più comuni, ma non meno preziose. La lettura di uno stralcio della Lettera Enciclica “Fratelli Tutti” e la proiezione di un video nel quale, insieme ad alcune frasi pronunciate dal compianto Pontefice, sono scorse le immagini della sua visita a Trieste, il 7 luglio 2024, in occasione della chiusura della 50a Settimana Sociale dei Cattolici in Italia, del suo bagno di folla in piazza dell’Unità, dove celebrò la Messa, ma dove, soprattutto, strinse mani, accarezzò volti, elargì sorrisi e benedisse storie e persone con la sua presenza.
«Sono qui con sentimenti di gratitudine e di gioia per Papa Francesco. Non era un tempo facile il momento in cui è stato eletto e nella sua elezione ho visto i segni della Provvidenza di Dio. È stato un uomo di Dio. Nonostante il ruolo che è stato chiamato a svolgere, è rimasto fedele a ciò che era. Credeva nelle relazioni e coltivava le relazioni. Nella forma più semplice e unica. Era attento alle persone, era gentile, era allegro. Un uomo capace di spendersi e che fino all’ultimo ha voluto essere tra le persone. Un uomo libero» ha detto padre Giovanni La Manna, direttore della Caritas diocesana che ha poi ricordato alcuni aneddoti legati alla presenza di Francesco al Centro Astalli, a Lampedusa, ma anche della sua concretezza nel provvedere alle persone che vivono sotto i portici di San Pietro e nel desiderare che fossero i poveri a distribuire in piazza le copie del Vangelo in formato tascabile che lui stesso aveva fatto stampare appositamente. «Ciò che mi porto nel cuore è il suo esempio, ma anche la consapevolezza che lui è vivo e cammina accanto a noi».
Dalla straordinaria giornata del 7 luglio e dalla possibilità di sedersi insieme a Papa Francesco sulla papamobile durante il giro in piazza – «si sporgeva, faceva fermare la macchina per dare una caramella ai bambini… ho visto come si fermava di fronte agli ammalati, alle diverse autorità religiose della nostra città, che è multireligiosa. Ecco, ricordo questa prossimità, questa vicinanza alle persone» – ha preso avvio il ricordo del Vescovo di Trieste, Enrico Trevisi che ha voluto sottolineare l’importanza di alcune sue espressioni: «Nel 2017 c’è stato l’anno santo della misericordia e lui ha scelto che terminasse con l’istituzione della Giornata mondiale dei poveri, che non è soltanto una giornata, ma è un impegno a essere vicini ai poveri e a tutti e a tutte le varie forme di povertà. Non amiamo, ma parole, ma con i fatti, era il titolo del suo primo messaggio in occasione di questa giornata» ha ricordato «e dove non ha mancato di ricordare l’esempio di San Francesco d’Assisi per dire che la prossimità diventa lo stile del credente, che affascina anche gli altri e a fare nostro questo impegno per avere un’ attenzione non ai problemi, ma alle persone. Non ai bisogni, ma alle persone. Non ai bisogni solo materiali, ma a quei cuori feriti che possono essere dei ragazzi o degli anziani, passando per tutte le generazioni. Ecco, questa vicinanza io penso sia la grande eredità che insieme al nuovo Papa saremo chiamati a portare avanti».
Poi la voce dei Circoli Laudato Si’, frutto dell’Enciclica, della quale quest’anno ricorre il decennale, ricordata da Giorgio Cecco in un suo intervento: «Papa Francesco, con questa Enciclica ha voluto dare un segnale molto molto forte. Da allora molte persone hanno parlato, discusso e anche sostenuto quella che viene chiamata l’ecologia integrale. Ma Papa Francesco ha fatto qualcosa in più. Ha colmato un vuoto che si era creato soprattutto da una parte del movimento ecologista e ha voluto evidenziare che la questione ecologica non si può assolutamente separare dalla questione sociale» ha detto «credo che la forza del suo messaggio stia nel fatto che ci abbia chiesto di portare avanti queste istanze insieme, di fare gruppo, di costruire reti per essere custodi del Creato e custodi della Casa Comune avendo grande attenzione per le persone che sono più ai margini»
E, prima di lasciare la parola ai presenti in sala, ecco le sottolineature offerte da don Sergio Frausin sul costante e instancabile impegno di Papa Francesco per la pace: «Partendo dal alcuni versetti del Salmo 85 – ”Amore e verità si incontreranno, giustizia e pace si baceranno, verità germoglierà dalla terra e giustizia si affaccerà dal cielo” penso non ci sia un passo della scrittura che possa sintetizzare meglio l’ispirazione che ha guidato Papa Francesco nel suo lavoro per pace. Un versetto citato più volte anche nell’anno della misericordia, quasi che queste componenti fossero inseparabili perché ci sia la vera pace. Come non ricordare, poi, il documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale firmato insieme ad Hamad al-Tayyeb, il grande Imam dell’università e moschea di Al-Azhar, Cairo» ha proseguito «Papa Francesco scriveva che la pace è artigianale. non la costruiscono solo i potenti con le loro scelte, ma la costruiamo anche noi, nelle nostre case, in famiglia, tra vicini di casa, nei luoghi dove lavoriamo e viviamo. Lui aveva chiaro come la giustizia, che è il rendere a Dio e al prossimo ciò che gli è dovuto, fosse legata a doppio filo con la pace, nel senso più autentico e proprio che non indica solo l’assenza di guerra, bensì la pienezza di vita e di prosperità. E nel suo ultimo messaggio, Urbi et Orbi, nella domenica di Pasqua di quest’anno, ha chiesto ancora agli uomini e alle donne di tornare a parlarsi e a far tacere le armi, per invocare quella pace che solo Dio può donare e solo a un cuore disarmato».
Il contributo al risveglio della gioia dell’essere cristiani, la lungimiranza nell’invitare a non occupare posti ma avviare processi, l’attenzione alle persone della comunità Lgbtq+, l’accoglienza verso le persone separate, divorziate o risposate, la cura per i comunicatori e i giornalisti, la consapevolezza che questo Papa sia stato un’occasione di rinascita per la Chiesa, ma anche un esempio per tutti, credenti e non credenti, che ha messo tutti davanti al nostro essere persone, che è stato Papa della gioia e profeta (non sconfitto), un Papa dei gesti – indimenticabile in suo pollice all’insù -, che non incuteva timore, ma ha fatto sorridere i bambini, che aveva uno sguardo vivo e gioioso per le persone anche quando era sofferente, che ha risvegliato la necessità della testimonianza dei nonni verso i nipoti, che ha invitato a osare e a uscire per andare incontro agli altri e accogliere: queste le testimonianze condivise dai presenti.
Senza dimenticare la sua costante preghiera per il “buon umore” che, a conclusione dell’incontro, ben condotto da Vera Pellegrino, è diventata un dono da portare a casa.
Luisa Pozzar



























