Guardare al welfare di oggi per costruire, insieme, il domani

Il 23 maggio, la prima edizione degli “Stati Generali del Servizi Sociali del Comune di Trieste” su “Giovani e Famiglia” presso il Mib - School of Management

Incontrarsi, conoscersi, mettersi in ascolto. Per avere, insieme, una visione partecipata e condivisa di quanto già c’è, che va valorizzato nel presente e implementato nel futuro. Con questo intento, l’Assessorato alle Politiche Sociali del Comune di Trieste ha promosso – grazie all’organizzazione del Dipartimento Servizi e Politiche Sociali e la collaborazione dell’Istituto Regionale per gli Studi di Servizio Sociale (Irsses) – la prima edizione degli “Stati Generali del Servizi Sociali del Comune di Trieste” sul tema “Giovani e Famiglia” che ha avuto luogo venerdì 23 maggio, presso il Salone “Generali” del Mib – School of Management di Trieste. Un appuntamento molto partecipato – presenti, infatti, rappresentanti delle istituzioni, del mondo accademico, di enti del Terzo Settore, ma soprattutto un gran numero di Assistenti Sociali impegnati quotidianamente sul territorio comunale – con un ricco programma di interventi, moderati dalla giornalista Maddalena Lubini.

Ad aprire i lavori è stato l’Assessore alle Politiche Sociali del comune di Trieste, Massimo Tognolli, che ha spiegato le motivazioni alla base dell’incontro, ovvero, la necessità di incontrarsi con il criterio «di mettersi in ascolto delle eccellenze del territorio per valorizzarle e per poter avere una visione partecipata e condivisa del futuro del Servizio Sociale». A seguire, ecco l’intervento di Maria Pia Turinetti di Priero, direttrice del Servizio Coordinamento Politiche per la Famiglia della Regione Friuli Venezia Giulia, che ha illustrato, a partire dai dati disponibili, lo scenario che si prospetta per il prossimo decennio rispetto alla popolazione giovane, adulta e anziana – le prime due in netta diminuzione, la terza in aumento – sottolineando come l’evoluzione demografica regionale vada nella direzione di una compromissione dell’attuale sistema di welfare. Pertanto, vi è la necessità di mettere in campo delle azioni già da ora perché «gli investimenti di oggi diano frutto domani». Diversi gli ambiti sui quali puntare: natalità, base produttiva e produttività dei fattori, investimento nelle politiche per migliorare le possibilità di essere attivi e ben inseriti nel mondo del lavoro, rendere i territori e le comunità più attrattivi per favorire un’immigrazione di qualità e ben integrata. Tutte sfide che si collocano in una visione più sistemica del Welfare regionale che guardi a un orizzonte di lungo periodo e che metta al centro le politiche per la famiglia con un approccio di sistema e di rete. Perché, anche nella Pubblica Amministrazione, «nessuno può farcela da solo».

Di “Famiglia di famiglie” ha parlato monsignor Enrico Trevisi, Vescovo di Trieste, che ha sottolineato come nella realtà familiare che vive la complessità del mondo di oggi siano fondamentali la dimensione della generosità e quella dell’empatia e di come la dimensione della cultura debba stare a fianco dei servizi istituzionali. Alla luce dei fatti di cronaca che parlano di giovani fragili, aggressivi, che si armano di coltelli è stato forte l’accento posto sull’urgenza delle alleanze educative che permettano alle famiglie di essere supportate e di supportarsi nel difficile compito che è la crescita dei figli, ma anche della cura dei genitori o di altri familiari più anziani: non solo in una dimensione pratica e quotidiana, ma anche in una dimensione spirituale che permetta di «dire ai più giovani che la loro vita è benedetta anche se vivono nella fatica». Importante, per il Vescovo Trevisi, anche la cura del vicinato e la creazione di spazi nei quali le bambine e i bambini possano imparare a gestire i conflitti fin da piccoli. «Si può accedere anche ad una dimensione spirituale che allarga, che inizia ad una donazione di sé (come individuo, ma anche come coppia) che diventa linguaggio per comprendere il mistero divino. Il mistero di un amore e di una cura che non sono capiti, che non sono corrisposti e che tuttavia rimangono fedeli, fino al sacrificio di sé… in un’attesa che spalanca ad altri orizzonti» ha proseguito «Anche la criticità apre alla ricerca spirituale. Lo spandimento, l’allargamento di senso della propria identità di persona (e poi del proprio essere famiglia) nella relazione con altre persone (e con altre famiglie) nella forma di una reciprocità di arricchimento di senso e di una generosità che supera l’angusto calcolo utilitaristico costituiscono un tesoro prezioso. Sono la strada, l’esperienza da percorre per uscire dall’isolamento delle famiglie e dalla deresponsabilizzazione della cura».

Interessante lo spaccato offerto, quindi, dal professor Nicola Gigli, Vicedirettore della Scuola Superiore di Studi Avanzati (Sissa), che ha portato l’esempio del Welfare e dei relativi servizi offerti dalla Scuola ai propri studenti sul fronte del benessere, ma anche della questione di genere, che nel mondo scientifico è ancora molto sentita.

Di taglio antropologico l’intervento del professor Giovanni Grandi, ordinario di Filosofia Morale dell’Università degli Studi di Trieste, che ha ben illustrato i nodi, più o meno risolti, dell’incontro tra generazioni e di come sia possibile imparare dalle “cose antiche”, che però offrono delle costanti antropologiche nel tempo. Partendo dal concetto di habitus, Grandi ha ricordato la differenza esistente tra virtù – “buone abitudini” che si formano nel tempo – e vizi – “cattive abitudini” – che si formano con la ripetizione di gesti e di linguaggi. E di come mondo adulto e mondo dei giovani abbiano caratteristiche diverse: se da un lato la sostanza della vita adulta si concentra nel dialogo interiore tra abitudine e tentazione, la gioventù è un vero e proprio cantiere per la costruzione di abitudini. Ecco che nell’incontro tra generazioni, al contrario di quanto si immagina mediamente, è la parte adulta a essere la più fragile. E per favorire un’interazione fruttuosa, sono necessari tempo ed etica che permetta di fare prevenzione. Di più: serve una riflessione culturale e istituzionale sul tempo dedicato alle cose da fare. Perché la riflessione individuale non è sufficiente.

Interessante la visione del professor Giorgio Porcelli, docente di Sociologia della Famiglia all’Università di Trieste, a proposito della necessità di parlare di “compiti di sviluppo” (o “fasi di transizione”) della famiglia e non più di fasi di crisi, perché la famiglia per sua natura è una realtà in evoluzione. Se un tempo esisteva un modello culturale familiare condiviso – che dava sicurezza – anche nel passaggio tra generazioni, oggi la realtà è cambiata: in una società multiculturale la questione centrale è promuovere la condivisione dei modelli culturali nello spazio sociale. Un cambiamento culturale che porta con sé una certa disorganizzazione: per arrivare a una risoluzione è necessario cercare le risorse per superare il “vivere male” la situazione, puntando sul valore aggiunto della visione sistemica. Importante, per Porcelli, non chiudersi in rigide definizioni di famiglia, ma guardare a essa come all’insieme di tutto coloro che sono importanti in un certo gruppo sociale: più che ancorarsi a “dogmi”, è necessario offrire “chiavi di lettura”.

Nell’ultimo intervento della mattinata, il Direttore del Servizio Sociale Comunale del Comune di Trieste, Stefano Chicco, ha quindi offerto una panoramica su quelli che sono gli scenari possibili nell’evoluzione del Welfare locale. Tre i fattori impattanti: la dinamica demografica (con una concentrazione di persone tra i 45 e i 69 anni nel Comune di Trieste – dati Istati 2023), l’aumento dei diritti e dei Livelli Essenziali di Prestazioni Sociali (Leps) e la professionalizzazione delle attività di Welfare che determinano un aumento dei costi. Secondo Chicco, è necessario ripartire dalla prevenzione – potenziando, quindi, tra gli altri i Centri Famiglia e i Centri di Giustizia Riparativa – dallo sviluppo di comunità (nelle quali le reti tra pubblico e Enti del Terzo Settore, coordinate dal Comune, sono fondamentali per le persone) e dall’educazione (passando dall’intrattenimento al coinvolgimento). Il Welfare del futuro dovrà essere sempre più integrato, sfruttando la digitalizzazione per una condivisione più capillare delle informazioni presenti sui database dei vari enti coinvolti. Ma soprattutto è necessario intervenire per passare dall’“io” al “noi”, per rendere più adulta la società.

Appuntamento al prossimo anno, per la seconda edizione degli Stati Generali, sul tema “Le persone anziane”.

Luisa Pozzar

Foto Tedeschi

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