Il Consiglio dei ministri ha affrontato il problema della situazione delle carceri con una serie di provvedimenti mirati soprattutto a ridurre il sovraffollamento, che ha raggiunto livelli abnormi. Basti pensare che le persone attualmente detenute sono 62.986 a fronte di una capienza di 52mila posti, di cui solo 47mila effettivamente disponibili. L’obiettivo del piano del Governo, presentato in Consiglio dal commissario Marco Doglio, è di creare circa 15mila posti nel triennio (2025-2027). Naturalmente sarà tutta da verificare la tempistica, data la situazione di emergenza negli istituti di pena. Nell’anno in corso sono previsti meno di 1.500 posti aggiuntivi e secondo molti osservatori in questo caso sarebbe stato del tutto giustificato un decreto-legge.
Secondo il comunicato ufficiale di Palazzo Chigi, il Piano “prevede un insieme coordinato d’interventi, finalizzati al recupero di sezioni esistenti e alla realizzazione di nuovi posti detentivi”. Si tratta di “aumentare la capienza complessiva del sistema penitenziario, migliorando al contempo le condizioni strutturali degli istituti e contrastando in modo strutturale il fenomeno del sovraffollamento”. La nota riferisce di “un totale di 60 interventi strutturali, dei quali 3 sono già conclusi, 27 sono in corso e 30 sono prossimi all’avvio”. Si ricorrerà ad ampliamenti delle strutture esistenti, ma anche al recupero di posti attraverso ristrutturazioni e manutenzioni.
Il Consiglio dei ministri ha varato inoltre un disegno di legge che introduce un nuovo regime di detenzione domiciliare per condannati tossicodipendenti e alcoldipendenti.
Le nuove norme contenute nel ddl – che ora dovrà passare all’esame del Parlamento – consentono a soggetti tossicodipendenti o alcoldipendenti “nei cui confronti deve essere eseguita una condanna a pena detentiva, anche residua, non superiore a otto anni, o a quattro anni se concerne uno dei reati di maggiore pericolosità sociale, di chiedere in ogni momento di essere ammessi alla detenzione domiciliare presso una struttura autorizzata all’esercizio dell’attività sanitaria e socio-sanitaria, sulla base di uno specifico programma terapeutico socio-riabilitativo residenziale”. “Tale beneficio – precisa il comunicato di Palazzo Chigi – può essere concesso una sola volta” e attraverso una procedura che lo stesso comunicato si sofferma a illustrare nel dettaglio.
“Per ottenere il beneficio – si legge nella nota di Palazzo Chigi – il programma di riabilitazione sarà sottoposto a una Commissione di valutazione, che dovrà anche accertare l’effettiva e attuale condizione di dipendenza del soggetto e alla quale e dovrà essere fornita l’indicazione della correlazione tra la dipendenza stessa e la commissione del reato.
Inoltre, il responsabile della struttura terapeutica dovrà trasmettere al servizio pubblico per le dipendenze competente per territorio e all’ufficio locale di esecuzione penale esterna una relazione semestrale sull’esecuzione del programma, segnalando eventuali violazioni all’autorità giudiziaria. Al termine del programma, l’ufficio locale di esecuzione penale esterna trasmetterà all’autorità giudiziaria una relazione finale. Il tribunale di sorveglianza disporrà la revoca del regime di detenzione domiciliare qualora il programma terapeutico residenziale non sia positivamente concluso o se il comportamento del soggetto appaia incompatibile con la prosecuzione delle misure. Se il programma terapeutico residenziale risulta positivamente completato, il magistrato di sorveglianza dispone la detenzione domiciliare o l’affidamento in prova del soggetto ai fini del suo reinserimento sociale, a condizione che la pena residua non sia superiore ad otto anni, aumentata della metà, o a quattro anni, aumentata di un quarto, nei casi già citati di pericolosità sociale”.
Un terzo intervento nel pianeta-carceri viene realizzato dal Governo attraverso un provvedimento di attuazione della normativa in vigore che stabilisce “una procedura più rapida e più rigorosa per la concessione del beneficio della liberazione anticipata, già previsto nell’ordinamento penitenziario”. Con lo stesso provvedimento – da adottarsi con decreto del presidente della Repubblica – “si incrementa il numero dei colloqui telefonici settimanali e mensili dei detenuti con i propri familiari, al fine di garantirne la prosecuzione dei rapporti personali”.
Stefano De Martis (SIR)
Foto in evidenza: ANSA/SIR