Hanno pregato assieme, in cinque lingue, a Sveta Gora-Monte Santo, l’arcivescovo di Gorizia, monsignor Carlo Roberto Maria Redaelli, Peter Štumpf, vescovo di Koper, monsignor Enrico Trevisi, vescovo di Trieste, e per conto del vescovo di Parenzo-Pola il vicario generale Rikardo Lekaj, nel Rosario organizzato per la pace domenica 12 ottobre.
Vari i pellegrini che hanno mantenuto la tradizione di raggiungere il santuario a piedi. Santuario ugualmente gremito di fedeli, soprattutto di lingua slovena. Tra i Cinque Misteri alcune letture hanno guidato nella riflessione sul tema comune della pace: da Benedetto XV, che ha definito la Prima Guerra Mondiale “inutile strage” nella sua lettera dell’agosto del 1917, fino a Leone XIV vari pontefici sono stati ricordati nel filo comune di un appello alla pace che prosegue con veemenza anche in questi giorni di trattative per porre fine alle violenze in Terra Santa, senza dimenticare i numerosi e continui, ulteriori, conflitti in atto in tutto il Mondo.
“Siamo venuti come un’unica famiglia alla Madre Maria sul Monte Santo per chiederle la pace nella preghiera. In questo modo, abbiamo risposto all’invito di Papa Leone XIV a pregare il Rosario per la pace nel mese di ottobre”, ha ribadito il vescovo di Capodistria, monsignor Peter Štumpf , nel proprio saluto iniziale.
“Siamo venuti da Slovenia, Italia e Croazia. Ognuno di noi, nella propria lingua, esprime umilmente e devotamente il proprio amore per Dio in preghiera davanti a Maria, Madre di tutte le nazioni, lingue e culture, nella fiducia che Egli non ci abbandonerà mai alle difficoltà e alla distruzione. Dio ha affidato il destino del mondo a Maria. Ne attende ancora la conversione. Ciò significa un ritorno al Padre, il cui regno è nei cieli e sulla terra. In cielo c’è una pace beata e benedetta, ma sulla terra non c’è pace”.
Una situazione di mancanza di pace per la quale “siamo tutti colpevoli e responsabili. Ci siamo tragicamente intrappolati nell’egoismo, nell’arroganza, nella presunzione, nell’autoindulgenza, nell’idolatria del potere e del denaro. Molte nazioni si sono allontanate da Dio. In questa distanza, le armi sono sempre più rumorose e minacciose”, ha proseguito il presule.
Monsignor Štumpf ha proseguito: “Il Cuore di Dio sta di nuovo sanguinando copiosamente; è trafitto dalla lancia dell’empietà e dell’indifferenza. Il crimine del Calvario si sta ripetendo. Proprio come un pugno di discepoli fu cosparso del Santissimo Sangue lì, insieme a Maria, la Madre di Gesù, noi tutti siamo cosparsi oggi del sangue di coloro che sono stati uccisi in guerre e altri conflitti. La colpa dei criminali è grande. Il sangue grida a Dio. Se non c’è pentimento, una delle imminenti albe annuncerà la fine di tutto ciò che esiste”.
“Pregando il Rosario, chiediamo a Madre Maria di ottenerci da Dio la grazia della conversione. Siamo degni di pace solo quando combattiamo contro il peccato. Grazie a tutti per il dono della preghiera. Per intercessione di Maria, possa il buon Dio benedirci e proteggerci da ogni male”.
Nel corso dei secoli Sveta Gora ha vissuto vicende di distruzione e ricostruzione: la basilica originale fu distrutta durante la Grande Guerra e poi ricostruita negli anni Venti con stile neobarocco. “Ferite” storiche che non riguardano solo edifici ma memorie collettive e confini che in certe epoche separarono comunità linguistiche, culturali e nazionali.
Il santuario, dunque, continua a essere uno spazio di riconciliazione, dove la memoria del passato non diventa motivo di divisione ma base per comprensione reciproca. Esso rimane e si conferma un emblema: una vetta che guarda verso il passato con consapevolezza, ma che offre al presente la speranza che il dialogo e la pace siano fondamentali per costruire comunità che accolgono le differenze e custodiscono la memoria. D’altronde è proprio dal santuario che i confini nel Goriziano spariscono, lasciando a chi guarda solamente la bellezza di un territorio unico.
Ivan Bianchi
Voce Isontina




