“Noi, Pastori della Chiesa italiana, riuniti nella città di san Francesco, uomo di pace, auspichiamo che all’umanità siano risparmiati ulteriori lutti e tragedie e sia evitata la spaventosa ipotesi di una catastrofe dalle conseguenze incalcolabili”. Comincia così l’appello per la pace dei vescovi italiani durante i Vespri e la preghiera per la pace presieduti dal card. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, nella chiesa inferiore della basilica di San Francesco ad Assisi, a conclusione della terza giornata dell’81ma Assemblea generale. In attesa di Papa Leone XIV, che li incontrerà domani nella basilica di Santa Maria degli Angeli a conclusione dei lavori, dopo essersi recato in visita privata sulla tomba di San Francesco, nello stesso luogo gli oltre 200 vescovi si rivolgono “a quanti hanno in mano le sorti dei popoli”, sull’esempio del Santo di Assisi.

Conferenza Episcopale Italiana
Assemblea generale della Cei,
S.E. Matteo Zuppi, Vespri e preghiera per la pace
“Non gli uni contro gli altri, non più, non mai!”: nell’appello risuonano le parole pronunciate sessant’anni fa da San Paolo VI, quando parlando all’Onu ricordava che il fine di questa “nobile istituzione” è quello di agire “contro la guerra e per la pace”.
Perché si concretizzi il sogno della pace, “ieri come oggi, c’è bisogno di una conversione vera”, il richiamo: “È quanto oggi, sulla tomba del Santo, chiediamo umilmente a tutti e in primo luogo a noi stessi, vescovi delle Chiese in Italia”, la preghiera corale:
“Con voce accorata, in nome del principe della pace, supplichiamo quanti governano i popoli, perché – messe al bando le armi, a cominciare dalle testate atomiche – impieghino ogni loro sforzo a servizio della pace e i mezzi a loro disposizione per combattere la fame che è nel mondo. Allora, sì, il Dio della pace sarà noi”.
“La Chiesa è una madre e non sarà mai neutrale, perché sceglierà sempre la pace”, le parole del card. Zuppi nella sua meditazione. “Non pregherà per la vittoria, ma per la pace, che è l’unica vittoria”, ha proseguito il cardinale: “Questo grido è quello delle vittime delle guerre del passato che ci consegnano la memoria della loro sofferenza perché non sia più così. Dobbiamo essere doppiamente consapevoli, per il nostro presente e per il nostro passato prossimo. Molti di voi sono figli di questa generazione. Davanti a questi inferni non possiamo dire che non lo sapevamo. Non vogliamo che la pace sia una tregua”.
“Per la pace bisogna combattere la logica della forza con le armi dell’amore, le uniche capaci di sconfiggere il demone e i demoni che si impadroniscono del mondo e dei cuori delle persone”,
l’indicazione di rotta. Il cardinale ha poi citato il presidente Mattarella, e le sue parole pronunciate “con severa consapevolezza parlando al popolo tedesco”: “Quanti morti occorreranno ancora, prima che si cessi di guardare alla guerra come strumento per risolvere le controversie tra gli Stati, che se ne faccia uso per l’arbitrio di voler dominare altri popoli?”. “Il cristiano è artigiano di pace – ha spiegato Zuppi – perché pacifico e pacificatore, perché non può dire pazzo a suo fratello, perché ha messo la spada nel fodero, perché vince ogni seme di inimicizia”.
“Non vuole essere maquillage interno, ma sempre per la missione: vogliamo guardare il mondo intorno, le ricerche, i desideri, le gioie e le speranze degli uomini e delle donne”. Così il presidente della Cei ha sintetizzato lo spirito dell’assemblea di Assisi, durante la conferenza stampa con i giornalisti. Al centro dei lavori, il tema della sinodalità e della collegialità, a partire dal Documento di sintesi del Cammino sinodale, approvato il 25 ottobre e sul quale i presuli si sono confrontati in questi giorni per individuarne le “priorità”, da consegnare all’assemblea di maggio per delineare il cammino futuro. “Siamo consapevoli delle difficoltà che viviamo, ma le viviamo con molta collegialità”, il bilancio di Zuppi: “è stato un dibattito ricco, con tante diversità e sfumature, ma con una consapevolezza e determinazione per me consolante. Bisogna trovare come collegialità e sinodalità vanno insieme, ma direi che sono in buona salute tutti e due”. Tra le possibili priorità, il presidente della Cei ha elencato “la chiarezza di metodo, la costruzione della comunità in una Chiesa che cambia e si trasforma, il rapporto col territorio anche in tessuto sociale molto più isolato, dove c’è tanto individualismo, tanta sofferenza e patologie”.
“Ci preoccupa soprattutto l’autonomia differenziata sul suicidio assistito”,
il grido d’allarme in risposta alle domande dei giornalisti sulla morte delle gemelle Kessler . “Il dibattito in corso non è su un diritto, ma sulla depenalizzazione, sono cose molto diverse”, ha precisato riguardo al finora mancato pronunciamento della Corte costituzionale sul suicidio assistito: “L’insistenza sulle cure palliative, che non hanno trovato minimamente attuazione, è una preoccupazione che la Chiesa ha.
Le cure palliative devono essere garantite a tutti in modo efficace e uniforme, in tutte le regioni:
è un modo concreto per alleviare le sofferenze e assicurare dignità fino alla fine”. No, quindi, “alle polarizzazioni o al gioco al ribasso: non si tratta di accanimento, ma di non smarrire umanità”.
“Se c’è una sofferenza, in particolare sull’omoaffettività, dobbiamo studiare il modo, costituire un gruppo di lavoro per dare linee guida che aiutino a mettere assieme le varie preoccupazioni, spero senza malevolenza”,
l’annuncio riguardo alla questione delle coppie omosessuali.
“I vescovi attendono che l’equilibrio, il dialogo, il rispetto, qualcosa di più del fair play istituzionale siano sempre garantiti, tanto più in un momento come questo”,
l’auspicio dopo i recenti attacchi al presidente Mattarella. “Tutti quanti dobbiamo fare un grande sforzo per uscire da qualunque polarizzazione, per dare risposte e certezze, per un dialogo tra le istituzioni che sia all’altezza del momento”, l’appello del presidente della Cei.
M.Michela Nicolais (SIR)
Foto Siciliani-Gennari/SIR



