Il dialogo come chiave per l’unità di tutti i cristiani

Ecumenismo: a Trieste la riflessione del cardinale Ladislav Nèmet, Arcivescovo di Belgrado
Quali segni vede per il cammino ecumenico?

Un segno positivo l’ho visto nel XVI Sinodo ordinario dei Vescovi, tenutosi nell’ottobre 2023 e ottobre 2024. Là erano presenti molte delegazioni ecumeniche. Sulla dimensione ecumenica del processo sinodale sulla sinodalità ha parlato il Kardinale Kurt Koch il 10 ottobre 2024, cito: “Uno degli aspetti più rilevanti di questo Sinodo è la sua dimensione ecumenica. Infatti, ‘la sinodalità è la condizione per proseguire il cammino ecumenico verso l’unità visibile di tutti i cristiani’ (§ 9).

Un altro segno di speranza è l’anniversario di Nicea!

Si tratta di una ricorrenza molto significativa per tutti i cristiani: 1700 anni dalla celebrazione del primo grande Concilio ecumenico. Fin dai tempi apostolici, i Pastori si riunirono in diverse occasioni in assemblee allo scopo di trattare tematiche dottrinali e questioni disciplinari. Nei primi secoli della fede i Sinodi si moltiplicarono sia nell’Oriente sia nell’Occidente cristiano, mostrando quanto fosse importante custodire l’unità del Popolo di Dio e l’annuncio fedele del Vangelo.

Il Concilio di Nicea ebbe il compito di preservare l’unità, seriamente minacciata dalla negazione della divinità di Gesù Cristo e della sua uguaglianza con il Padre. I Padri conciliari vollero iniziare quel Simbolo utilizzando per la prima volta l’espressione «Noi crediamo», a testimonianza che in quel “Noi” tutte le Chiese si ritrovavano in comunione e tutti i cristiani professavano la medesima fede.

Al Concilio di Nicea si trattò anche della datazione della Pasqua. A tale riguardo, vi sono ancora oggi posizioni differenti, che impediscono di celebrare nello stesso giorno l’evento fondante della fede. Per una provvidenziale circostanza, ciò avverrà proprio nell’Anno 2025. Possa essere questo un appello per tutti i cristiani d’Oriente e d’Occidente a compiere un passo deciso verso l’unità intorno a una data comune per la Pasqua.

Come procede l’ecumenismo nella Serbia di oggi?

Una delle preoccupazioni speciali per me è il dialogo con la Chiesa ortodossa. In Serbia, come minoranza cattolica, viviamo fianco a fianco con i nostri fratelli e sorelle ortodossi. Sono convinto che l’unità tra i cristiani non sia solo una questione teologica, ma anche una necessità spirituale. Il dialogo con la Chiesa ortodossa richiede pazienza, rispetto e umiltà. Non si tratta di negare le differenze o di trovare soluzioni rapide. Piuttosto, dobbiamo ascoltarci l’un l’altro e fare passi concreti l’uno verso l’altro.

La Chiesa ortodossa condivide molte delle nostre convinzioni, ma ci sono anche ferite storiche e incomprensioni che devono essere superate. Per me, vivere insieme ai cristiani ortodossi è un passo essenziale verso l’unità visibile del corpo di Cristo. Vedo molte opportunità per questa convivenza. Le nostre chiese affrontano sfide simili: insieme possiamo anche dare una potente testimonianza al mondo.

Una testimonianza di fraternità, quindi!

Per me è particolarmente importante che ci consideriamo partner, non concorrenti. Ogni chiesa porta in tavola i propri doni e i propri punti di forza. La Chiesa cattolica può imparare dalla profonda spiritualità e dalle ricche tradizioni liturgiche dell’Ortodossia. Allo stesso tempo, noi possiamo condividere le nostre esperienze in settori come l’insegnamento sociale o l’educazione.

Credo fermamente che il dialogo tra la Chiesa cattolica e quella ortodossa sia una chiave per l’unità del cristianesimo. Questa unità non si realizza attraverso l’uniformità, ma attraverso la comunione nella fede e nella carità. Se ci lasciamo guidare dallo Spirito Santo e abbiamo il coraggio di costruire ponti, possiamo testimoniare Cristo insieme – in Serbia, in Europa e in tutto il mondo.

Non dobbiamo perdere la speranza che si possono sempre fare piccoli passi.

A cura di
don Lorenzo Magarelli

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