Martedì 3 giugno, presso l’Aula Bachelet dell’Università di Trieste, si è tenuto l’incontro “Da Abu Dhabi a Trieste. Religioni in dialogo per la Fratellanza umana”. L’iniziativa, promossa dall’Ateneo e aperta alla cittadinanza, ha offerto uno spazio di riflessione sui temi centrali quali fratellanza universale, dignità umana, accoglienza e rifiuto di ogni forma di discriminazione.
L’incontro si è aperto con i saluti istituzionali del Magnifico Rettore Roberto Di Lenarda, che ha sottolineato come l’evento si inserisca nel solco di numerose iniziative promosse dall’Università negli ultimi anni. Tra queste, il corso di storia delle religioni condotto congiuntamente – fino allo scorso anno accademico, ndr – dai rappresentanti delle comunità ebraica, cattolica e musulmana, e le tavole rotonde sul dialogo interreligioso realizzate anche in collaborazione con altri atenei.
L’introduzione è stata affidata al professor Fulvio Longato, ordinario di Storia della filosofia, il quale ha articolato il suo contributo attorno a due direttrici: un excursus storico sull’elaborazione del “Documento sulla Fratellanza Umana per la pace mondiale e la convivenza comune” – sottoscritto il 4 febbraio 2019 ad Abu Dhabi da Papa Francesco e dall’Imam di al-Azhar Ahmad al-Tayyeb contestualmente al Viaggio Apostolico del Santo Padre negli Emirati Arabi Uniti – e una sintesi dei contenuti fondamentali del documento, in particolare con riferimento a fratellanza universale, libertà di religione, tutela giuridica dei luoghi di culto, condanna senza appello delle derive terroristiche: Dio non ha bisogno di essere difeso da nessuno.
Il Vescovo di Trieste, mons. Enrico Trevisi, ha aperto il proprio intervento con la lettura del Documento di Abu Dhabi, in cui si proclama – in nome di Dio, in nome degli innocenti, in nome dei poveri – la necessità di adottare la cultura del dialogo come via; la collaborazione comune come condotta; la conoscenza reciproca come metodo e criterio. Il vescovo ha poi richiamato le difficoltà pratiche e applicative di questo stile di dialogo: spesso chi si impegna nel confronto interreligioso viene percepito come buonista, ingenuo o relativista; non di rado ci si confronta con persone profondamente segnate dalla paura di ciò che è diverso da sé; infine, gli stessi ambienti cattolici non sono esenti dal rischio di forme di integralismo. In definitiva, dialogare significa innanzitutto mettersi nelle condizioni di “comprendere il dolore dell’altro”, chiunque l’altro sia. Una prospettiva che lega nella carità il dialogo interreligioso a un altro tema di forte attualità: la giustizia riparativa.
Nel suo intervento, il Presidente della Comunità Islamica di Trieste, Akram Omar, ha manifestato la propria stima per Papa Francesco, in particolare per la sua costante attenzione agli ultimi e agli “scartati” del mondo. Ha invitato tuttavia a superare la logica della “minoranza”, che porta con sé l’idea di separazione e marginalità, in favore di una piena cittadinanza inclusiva. Ha inoltre espresso dubbi circa la possibilità stessa del dialogo quando la controparte “nega sistematicamente la tua esistenza”. L’incontro è diventato quindi occasione per sensibilizzare gli uditori sulle aspre criticità della situazione umanitaria in Palestina, anche attraverso la lettura delle parole di Francesca Albanese, special Rapporteur delle Nazioni Unite per i diritti umani dei Palestinesi nei territori occupati da Israele. Entrambi gli esponenti religiosi hanno quindi convenuto sull’impossibilità di interpretare il conflitto israelo-palestinese come una mera “guerra di religione” e sul rischio della strumentalizzazione delle fedi a fini politici o economici. Il Rettore Di Lenarda ha infine ribadito il ruolo dell’università come luogo di conoscenza e di dialogo, sottolineando come la comprensione – anche delle opinioni e delle paure altrui – costituisca una delle forme più alte di servizio civile, necessaria per sviluppare uno spirito critico e aprirsi ad un dialogo autentico.
Nicola Brunelli
Foto Tedeschi