Ho sempre considerato il meeting di Rimini un evento prettamente politico, istituzionale, una “passerella mediatica” per gente in giacca e cravatta alla ricerca di voti e visibilità… Questo era ciò che pensavo, o meglio questo era ciò che i media mi avevano voluto trasmettere e che la mia mente pigra aveva accettato con una comoda superficialità, perché in fondo la conoscenza, quella reale, implica uno sforzo, mentre il pregiudizio si lascia costruire senza grandi fatiche!
Ma tutto questo era “prima”. Prima di incontrare persone, amici, che hanno attirato istintivamente la mia attenzione per il modo in cui vivevano la loro fede in tutto ciò che facevano e da cui è arrivato, senza alcuna forzatura e con un rispetto della mia libertà mai sperimentato prima, un tranquillo “vieni e vedi”.
E così, dopo quattro anni dall’incontro con questa nuova compagnia, sono finalmente salita sul pullman verso il meeting: onestamente non ancora per una salda convinzione nella proposta in sé, ma per una grande fiducia nelle persone che me la stavano facendo… In fondo mi sembra di aver capito che il cristianesimo funziona così da duemila anni: di testimone in testimone, alla fine la tua strada verso Cristo la trovi attraverso il volto e la voce di qualcuno.
“Vieni e vedi” quindi: ma cosa ho visto?
Il titolo del meeting era “Nei luoghi deserti costruiremo con mattoni nuovi” e io ho potuto incontrarli questi mattoni, vivi, impegnati con la vita nella costruzione di un mondo più umano.
Nel convegno “Madri per la pace” ho assistito alla testimonianza di due mamme, una palestinese e una israeliana, accomunate dalla perdita di un figlio di diversa età, in diverse circostanze, ma sempre a causa della stessa assurda guerra; le ho viste stringersi la mano a vicenda per supportarsi nel difficile racconto di un dolore che nessuna madre vuole neanche immaginare… Ho ascoltato il loro graduale percorso verso la riconciliazione e contro la generalizzazione e l’identificazione di un popolo con i suoi governanti.
Nella mostra su Ermanno lo storpio ho ascoltato le storie di famiglie provate dalla disabilità di un figlio, che nella fede trovano non solo la forza, ma addirittura la gioia e la gratitudine per il dono di quella vita ricevuta: ancora mattoni che costruiscono invece di demolire, voci di vita nel deserto di un mondo che, al di fuori dei canoni di efficienza e produttività, propone solo la morte.
Infine la mostra “profezie per la pace”, creata e curata da giovanissimi studenti delle scuole superiori, con interviste e dati trasversali a diversi conflitti dimenticati dai telegiornali: persone, al di là dei numeri, che testimoniano una pace possibile che parte dal cambiamento del proprio cuore in relazione all’altro, piuttosto che dall’inerte attesa di un cambiamento “dall’alto”!
Questo è dunque quello che ho visto al Meeting di Rimini: testimonianze di una umanità possibile, concreta, reale, bella; una fede che abbraccia ogni singolo aspetto dell’esistenza; storie di speranza e di fiducia nell’essere umano…
Tutto ciò che i media non mi avevano mostrato, la parte più bella che il mio pregiudizio mi aveva tolto!
Samantha Brescia