Curare è prima di tutto un verbo. Una parola, quindi, che indica un’azione e che può essere coniugato in modi e tempi diversi. Nella comunità ecclesiale e diocesana tali modi e tali tempi diversi hanno i colori, variegati e unici, dei carismi che caratterizzano associazioni e movimenti: un poliedrico insieme di persone e di realtà che quotidianamente si spendono testimoniando nella Chiesa e nella società la fede nel Signore Gesù, maestro di cura verso ciascuna donna e ciascun uomo. Quale miglior modo per conoscere la cura concreta agita nella comunità a favore delle persone, se non quello di farlo raccontare proprio ai responsabili di alcune associazioni e movimenti presenti in Diocesi? Sono le voci di chi, con gioia, esprime il volto umano della Chiesa e porta la presenza del Signore sulle strade della vita.
Forse alcuni non hanno fatto l’esperienza del sentirsi amati dal Signore, del sapersi nella sua cura, magari attraverso dei fratelli (che siamo noi) tanto imperfetti. Forse molti ragazzi e giovani non hanno ancora sperimentato l’accrescimento di umanità che c’è nel prendersi cura di qualcuno (oltre agli interrogativi e alle fatiche). Ma proprio questo mi sollecita a contagiare altri, a sollecitare altri, a coinvolgere altri in questo disegno di Dio su tutti noi, vulnerabili e protagonisti di cura.
+ Enrico Trevisi, vescovo di Trieste, (Lettera Pastorale Ha cura di voi)
Azione Cattolica
– Arturo Pucillo
La genesi dell’Azione Cattolica è improntata alla cura fin dai primordi risorgimentali. L’AC conosce il valore delle generazioni, dalle più mature alle più giovani, e offre a tutte una mano tesa anche attraverso piccoli segni: pensiamo all’attenzione ai più anziani, ad esempio attraverso la recente visita da parte della Presidenza diocesana alla casa della nostra aderente più “antica”, discepola del Beato don Bonifacio, alla quale abbiamo portato doni concreti e l’abbraccio virtuale di tutti i soci. La nostra cura è una mano ai più piccoli che, attraverso l’ACR, vivono il loro primo protagonismo ecclesiale: i loro educatori si prendono cura della loro infanzia rendendoli piccoli discepoli, ma anche piccoli apostoli nel quotidiano. L’AC si prende cura della democrazia, vivendola in prima persona nei propri organi statutari: ogni decisione passa attraverso il discernimento comunitario e intergenerazionale. L’AC si prende cura dei più poveri, abitando con perseveranza e nel silenzio tante iniziative di supporto e sostegno nella carità. L’AC si prende cura della Chiesa, offrendo partecipazione gioiosa e discreta dovunque sia richiesta, dalla parrocchia agli organismi diocesani.
Cammino Neocatecumenale
– Vittoria Cocever Pesce
Le comunità del Cammino Neocatecumenale nascono e traggono sostentamento dall’esperienza della cura che Dio ha per ciascuno di noi: essa si manifesta nell’essere raggiunti e salvati dall’annuncio del Suo Amore. Dopo aver accolto questo Annuncio, s’intraprende il percorso di riscoperta del Battesimo, per tappe graduali, inseriti in una comunità di fratelli.
Ecco che così si realizzano i “tanti volti della cura”: il “prendersi cura della propria vita spirituale” con l’ascolto settimanale della Parola di Dio, la preghiera personale e di coppia, la partecipazione a liturgie vive; il “prendersi cura della Chiesa” principalmente con l’evangelizzazione, ma anche con la partecipazione ai vari servizi nella parrocchia; la “cura della trasmissione della fede” ai figli, con la preghiera domenicale in famiglia, l’introduzione alle feste liturgiche, il post-Cresima; la “cura delle relazioni in famiglia”, con i tanti matrimoni ricostruiti e la “cura per il prossimo”, per i propri cari anziani o ammalati e per i fratelli di comunità in difficoltà. La “cura del mondo”, con la caratteristica tensione all’evangelizzazione in tutti i luoghi della Terra e, infine, “l’accompagnamento spirituale” da parte delle équipe di catechisti.
Comunità di Sant’Egidio
– Paolo Parisini
“Il termine cura evoca uno stile che siamo chiamati a riprendere nell’oggi”. Quanto è rivoluzionario e vero questo concetto! Nel mondo di oggi, profondamente segnato dall’individualismo, aver cura degli altri è il primo passo verso un cambiamento storico e sociale. Il vescovo Enrico giustamente connette memoria e cura, nel ricordo grato di chi ci ha amato: ciò mi porta alla mente la grave ferita legata alla difficoltà di assistere i propri cari nella malattia o nella vecchiaia. Tenere i propri cari in casa è diventato sempre più difficile: sembra non esserci più alcuna naturalezza in questa scelta, che rischia di diventare uno stress quotidiano insostenibile. Per i ritmi di vita, le situazioni familiari, i costi elevati, la mancanza di adeguato supporto: la cura dei propri genitori in età anziana non dovrebbe diventare mai un “atto eroico” o di abnegazione.
“Nella relazione di cura” scrive il Vescovo “si attiva la mia relazione con Dio e non si rinchiude dunque in una tecnica psicologica e assistenziale”. Ecco l’unica chiave possibile: lasciare che si attivi la relazione con Dio, non dandola mai per scontata. Non dimenticare mai che nella cura dei propri cari non si è da soli, ma c’è il Signore che si prende cura di noi e di loro.
Comunione e Liberazione
– Federico Berti
La preoccupazione di don Giussani è sempre stata educativa e volta a renderci consapevoli del centro del nostro cuore e della risposta che l’incontro con Cristo è. Il capitolo VIII della Lettera Pastorale – “La scelta di prenderci cura dell’incontro personale con Cristo” – ci rimette davanti al significato di ciò che stiamo facendo quando proponiamo dei momenti educativi, come gli incontri settimanali che chiamiamo “Scuola di Comunità” e la proposta di gesti di carità. È per prenderci cura del nostro incontro con Cristo ed è per prenderci cura anche dell’incontro degli altri con Cristo – per offrire la possibilità che Cristo sia incontrato attraverso il nostro cammino – che siamo chiamati a questo lavoro insieme.
Ci colpisce la semplicità delle indicazioni della lettera che suggerisce azioni impegnative che, però, tutti possiamo compiere. Rispetto al “Prenderci cura del prossimo a cominciare dalle relazioni tra noi” vorremmo rispondere dicendoci di segnalare i bisogni di famiglie che conosciamo, in modo che chi di noi ne ha la possibilità, possa dare un aiuto (sostegno nello studio ai figli di coppie in difficoltà, sostegno alle necessità di anziani soli), con fedeltà. Nel finale, il Vescovo cita Papa Leone “Ogni comunità diventi una “casa della pace”, dove si impara a disinnescare l’ostilità attraverso il dialogo, dove si pratica la giustizia e si custodisce il perdono”. Chiediamo a Dio che la nostra comunità possa diventare questo, per tutti noi e tra tutti noi, in modo che possa poi diventare casa per tutti.
Rinnovamento nello Spirito
– Igor Cocevari
I due polmoni che contraddistinguono l’esperienza di fede in seno al Rinnovamento nello Spirito Santo sono la preghiera comunitaria carismatica e i seminari di vita nuova nello Spirito. La prima si sperimenta settimanalmente nella vita dei gruppi e delle comunità: è scuola di preghiera, di conoscenza e cura reciproca, di esperienza di Gesù vivo e operante, che mai smette di prendersi cura di noi. La preghiera comunitaria è un momento di estrema intimità con Dio e tra noi; ci dona la possibilità di accoglierci, di stare assieme e di affrontare con il Signore anche le battaglie più difficili. Ci dona la forza per “uscire” dal cenacolo e, attraverso i seminari di vita nuova, di portare le nostre esperienze di vita nella fede a chi è lontano, a chi ha bisogno di riscoprire Dio nella propria vita o a chi “per caso” giunge ai nostri incontri. Attraverso l’ascolto della Parola, la condivisione, le esperienze spirituali e le testimonianze, il Signore opera in tanti fratelli e sorelle che riscoprono la grazia battesimale e possono mettersi a servizio degli altri e farsi prossimi. E così la cura si fa pratica concreta nella vita di ciascuno.
Scout FSE
– Ketty Bolina di Mare
La cura nello scoutismo si declina su vari livelli: la cura di sé, che include il benessere fisico e mentale attraverso la responsabilità personale e l’educazione alla salute, la cura dell’ambiente, promuovendo un’educazione alla natura che ci circonda, come bene comune da rispettare, ponendo una maggiore attenzione alle implicazioni ambientali. La cura nello scoutismo è cura degli altri, che si esprime in primis nell’attenzione alla crescita dei ragazzi/e come uomini e donne maturi, che sappiano scegliere il bene, ed infine la cura degli altri in azioni concrete di servizio alla società e in attività solidali.
La cura dell’altro nello scoutismo è la base per un capo scout, che deve sempre pensare al singolo individuo affidatogli. Ecco la motivazione della scelta di non avere gruppi troppo numerosi, per non perdere di vista la persona.
La cura dell’altro nello scoutismo si insegna sin da piccoli, da coccinelle o da lupetti, dove si impara a rispettare l’altro nelle semplici cose. Nell’età esploratore/guida il compito di cura dell’altro si esprime nella squadriglia, piccola comunità di ragazzi, che devono riuscire a collaborare e accettarsi, perché non si sono scelti. La cura per l’altro, per il più piccolo si amplifica crescendo e divenendo rover/scolta. È in questa fascia d’età che si impara prendersi cura dell’altro con atteggiamento di maggiore amore: il servizio all’altro si trasforma da azione svolta per dovere a vero modo di essere interiore.
Da capo, infine, non fai servizio, sei sempre proteso ad esso. La cura dell’altro e delle sue esigenze è un tuo modo di vivere. Il servizio diventa spirituale: vedi nell’altro il volto di Dio.