Il Servo di Dio mons. Jakob Ukmar

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jakob ukmar

Redigere un breve profilo di mons. Jakob Ukmar (Opicina 1878 – Servola 1971), presbitero della diocesi di Trieste, per il quale nel 2001 è stato avviato il processo di beatificazione, non è semplice.

Nella memoria storica degli sloveni di Trieste la sua figura è rimasta impressa soprattutto per la sua strenua difesa della lingua slovena in epoca fascista. Famosa la sua omelia del 31 maggio 1931, nel corso della quale elevò pubblicamente la sua ferma condanna di ogni politica di sopraffazione nazionale, decretandone la sua incompatibilità con il Vangelo. Le autorità fasciste non gradirono e diffidarono il sacerdote dal continuare la sua attività il quale, però, trovò nel vescovo Luigi Fogàr un strenuo difensore dei diritti dei fedeli sloveni.

Così, per tutta la durata del regime fascista ma anche nel secondo dopoguerra mons. Ukmar, pur osteggiato dalle autorità civili, rimase il punto di riferimento dei fedeli sloveni (e croati) di Trieste e dell’Istria, portatore delle loro istanze di fronte alle autorità religiose e civili.

Nel corso della sua vita, in apparenza tranquilla e lineare, non mancarono tuttavia episodi drammatici che avrebbero potuto compromettere non solo la sua serenità spirituale, ma persino la sua integrità fisica. Paradossalmente però, le peggiori violenze da lui subite non furono quelle infertagli dai fascisti, ma dai suoi connazionali e, cioè proprio da coloro per i quali più si era speso nel corso della sua vita. L’episodio più grave risale al 1947, quando, mentre cresimava in Istria, il 24 agosto, a Lanišće (Lanischie), fu vittima di una violenta aggressione nel corso della quale il suo accompagnatore, il giovane prete Miro Bulešić, fu ucciso, mentre lui rimase gravemente ferito.

Tralascio ulteriori particolari riguardanti tale aggressione, perché già esaurientemente riportati nelle biografie di don Bulešić. Mi limito ad osservare l’atteggiamento profondamente cristiano con il quale Ukmar si rapportava a quanto subito. In una lettera del 1955, indirizzata ad un suo confratello sloveno che gli contestava una sua presunta esagerata accondiscendenza verso gruppi “catto-comunisti” scrisse tra l’altro: “(…) ego enim stigmata a communistis accepta in corpore meo porto. Proprio oggi ricorrono otto anni dal giorno, nel quale rimasi riverso più ore privo di sensi in una pozza di sangue. Prego ogni giorno per quegli assassini e, se potessi, andrei da loro, terrei loro un discorso e mi siederei alla loro tavola.”

Nel 1968, Ukmar visitò i luoghi della tragica cresima istriana. Secodno la testimonianza di don Dušan Jakomin, a Lanišće entrò nella casa parrocchiale, vi rimase inginocchiato in raccoglimento sul posto dove venne ucciso don Bulešić, e poi nella stanza nella quale gli furono inferte le percosse e dove sul pavimento era ancora visibile la macchia di sangue. Subito dopo lasciò la casa. In ossequio alla sua estrema volontà venne tumulato nella veste talare insanguinata che indossò nel giorno della tragedia.

La statura di mons. Ukmar traspare già dai giudizi dei suoi contemporanei, sia sloveni che italiani, che gli riconoscono eccezionali doti umane e spirituali: integrità morale, austerità di vita, rettitudine, fedeltà ai principi, umiltà. Fedele al Magistero e alla gerarchia, egli dedicò tutta la sua vita alla Chiesa di Cristo. Le sue prese di posizione, le sue scelte rivelano quel sentire cum Ecclesia che fu il vero leitmotiv della sua vita. Ma tale atteggiamento non precluse né la sua autonomia di giudizio né lo spirito critico, esercitato però con le modalità previste dal diritto canonico e dalle consuetudini ecclesiastiche.

Il suo stile di vita fu ascetico e regolare. Fu un intellettuale poliedrico, uomo di profonda cultura, dottore di teologia all’università di Vienna, autore di saggi teologici e scientifici. Fu una guida spirituale e un confessore ricercato per la profondità delle sue indicazioni e per l’atteggiamento paterno con il quale affrontava la debolezza umana. La comunità ecclesiale e civile riconobbe in lui e nei suoi insegnamenti un maestro di vita e un modello da seguire sulla via della santità personale e comunitaria.

Tomaž Simčič


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